29 ottobre 2008

Mary Ann Glendon: "Il laicismo fondamentalista minaccia l'America" (Osservatore Romano)


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Il laicismo fondamentalista minaccia l'America

di Mary Ann Glendon

Per affrontare i temi della religione e della libertà, non è possibile cominciare senza rendere omaggio a Tocqueville. Dopo la sua visita negli Stati Uniti nel 1831, ha lanciato due asserzioni sorprendenti nella prefazione de La democrazia in America. La prima asserzione - che la libertà sarebbe un bene per la religione - avrebbe sorpreso molto sua madre cattolica. La seconda - che la religione sarebbe un bene per la libertà - sarebbe sembrata assurda a quegli cettici illuminati dei suoi amici.
A loro Tocqueville diceva: "Tutti quelli che amano la libertà dovrebbero affrettarsi a chiamare la religione in loro aiuto. Poiché dovrebbero sapere che non si può stabilire il regno della libertà senza quello dei buoni costumi, né creare buoni costumi senza la fede".
Oggi è molto interessante notare che queste proposte di Tocqueville sono anche temi centrali nei recenti discorsi di Papa Benedetto XVI.
Come americana, confesso che ho sentito una certa fierezza la prima volta che ho ascoltato il Santo Padre lodare il modo americano di organizzare i rapporti tra lo Stato e la religione. Sua Santità ha detto che questo modello (che chiama "un concetto positivo di laicità") - non solamente permette la coesistenza pacifica tra molte religioni, ma permette loro anche di prosperare.
Durante il suo viaggio a Washington in aprile, il Papa ha trovato "affascinante" il fatto che i padri fondatori americani avessero volutamente creato uno stato laico - non perché erano ostili alla religione, ma "per amore della religione nella sua autenticità che può essere vissuta solo liberamente". Poi, il Pontefice ha sottolineato che gli americani non esitano "ad introdurre nei loro discorsi pubblici ragioni morali radicate nella fede biblica".
Pensiamo, per esempio, al discorso del presidente Bush all'arrivo del Pontefice alla Casa Bianca - un discorso pieno di sentimenti religiosi. O pensiamo allo straordinario colloquio dell'agosto scorso quando i due candidati americani alla presidenza hanno accettato di essere interrogati da un pastore evangelico davanti a milioni di telespettatori.
Mi sembra un po' difficile immaginare qualsiasi candidato inglese, francese o italiano che accetti di parlare di se stesso su questi argomenti; Tony Blair ha detto recentemente che un uomo politico in Inghilterra è considerato weird, strano, se parla della religione.
Il Papa ha descritto l'America come un paese "dove la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non soltanto tollerata, ma apprezzata come l'anima della nazione e come una garanzia fondamentale dei diritti e doveri umani".
Ma, come coloro che conoscono il pensiero di Papa Benedetto hanno già capito, queste parole cortesi erano accompagnate da altre parole, parole di avvertimento.

Il Papa è un osservatore troppo acuto per non aver notato che c'è una lotta tra coloro che si sforzano di mantenere il laicismo positivo e coloro che sperano di sostituirlo con il genere di laicità che egli ha lungamente deplorato.

Nel suo incontro con i vescovi americani, il Santo Padre ebbe modo di spiegare loro, mettendoli in guardia, che l'erosione della forma positiva della laicità ha implicazioni gravi anche per il sistema politico. "Il mantenimento della libertà", ha ricordato a loro, "richiede la coltivazione delle virtù, l'autodisciplina, i sacrifici per il bene comune, e un senso di responsabilità verso le persone meno fortunate. Richiede anche il coraggio di partecipare alla vita pubblica, e di contribuire con le nostre convinzioni (...) ai dibattiti pubblici. Insomma, la libertà è sempre nuova. È una sfida per ogni generazione, e deve essere conquistata costantemente per il bene comune".
Questa proposta del Papa sarà il punto di partenza per le mie riflessioni questa sera. Comincerò con una breve descrizione del "modello americano" come era al tempo della fondazione della repubblica. Poi, spiegherò come questo modello sia andato via via trasformandosi nel ventesimo secolo. E concluderò con qualche osservazione sulla attuale lotta tra modelli rivali, e sulle implicazioni che questo tema comporta per il mantenimento della libertà.
Riguardo al modello americano originale, potremo domandarci: Che cosa vide Tocqueville da convincerlo così decisamente a promuovere un'idea tanto opposta a tutte le opinioni dei suoi pur illuminati contemporanei?
In primo luogo, aveva visto una società dove la maggioranza della popolazione era dispersa tra molte forme di protestantesimo. Aveva osservato anche un sistema giuridico disegnato per affrontare questa diversità - e anche per affrontare il fatto che ciascuna delle tredici colonie aveva già il suo proprio sistema di rapporti tra le chiese e il governo. La decisione dei padri fondatori era di non cambiare il sistema creatosi, vietando al governo federale di ingerirsi negli schemi locali.
Ciò che deve essere messo in risalto è che questo sistema era destinato a proteggere la religione e le chiese dal Congresso nazionale - e non viceversa per proteggere il governo dalla religione o dalle chiese. In altre parole, il ramo anti-ecclesiastico dell'Illuminismo ebbe poco influsso sulla vita politica americana in quel tempo.
Tocqueville fu molto colpito da questo sistema tanto decentralizzato dove questioni di religione, di moralità, e di educazione erano lasciate al controllo locale. Insistette comunque, che il successo dell'esperimento democratico americano era meno dovuto alla costituzione, o alle leggi, che alle consuetudini dei popoli - che chiamava les moeurs. La religione, ha scritto, "è la salvaguardia dei costumi ed i costumi sono i garanti delle leggi ed il pegno per il mantenimento della sua stessa libertà".
Senza dubbio, voi avete già compreso che questo sistema decentralizzato non poteva continuare all'infinito; è rimasto così per 150 anni, con molte diversità regionali, e molti tipi di cooperazione tra chiese e Stati. Comunque, cominciando dagli anni '40, e continuando fino al tempo presente, il "modello americano" è stato trasformato da un succedersi di decisioni della Corte Suprema. All'inizio queste decisioni non hanno attirato molto l'attenzione del pubblico. Ma, nel 1962, la Corte vietò l'abitudine - abbastanza universale nelle scuole pubbliche - di fare precedere le lezioni con una preghiera. Questa decisione fu uno choc per molti protestanti tradizionalisti. Avevano, per la prima volta, realizzato che stavano affrontando una forma di laicità molto diversa da quella che avevano sempre conosciuto - una laicità che voleva eliminare quasi tutte le vestigia di religiosità dalle istituzioni pubbliche in America.
Va ricordato che, in quel tempo, negli anni Sessanta, gli Stati Uniti, come molti altri paesi, stavano entrando in un periodo di grandi cambiamenti sociali. Quindi, non sembra una coincidenza l'allora aumento degli atteggiamenti relativisti e ostili alle religioni. E non sembra nemmeno adesso una coincidenza che quel periodo di cosiddetta "liberazione" fosse accompagnato da molti cambiamenti legali - nei campi, per esempio, dall'aborto, dalla riproduzione assistita, o dal comportamento sessuale.
Per quanto riguarda i rapporti tra chiese e stato, la legittimità di ogni forma di cooperazione tra le chiese e gli stati è stata oggi posta in dubbio. Quindi gli ospedali, le scuole, ed i diversi servizi sociali che sono affiliati alle istituzioni religiose si trovano a dover affrontare scelte difficili. Nel Massachusetts, per esempio, nel 2006, Catholic Charities ha dovuto abbandonare il proprio impegno nel settore dell'adozione dopo che lo Stato ha ordinato loro di permettere l'adozione anche a persone omosessuali. Le pressioni sulle organizzazioni a sacrificare i propri principii evidentemente sono forti.
La migliore descrizione della situazione giuridica attuale è probabilmente quella del professore Philip Hamburger (autore di un libro magistrale sulla storia della libertà religiosa negli Stati Uniti): "Il primo emendamento, originalmente disegnato a limitare il governo, è stato interpretato dalla Corte in modo crescente a limitare la religione ed a confinarla nella sfera privata". Questa interpretazione - basata su un concetto molto individualistico della libertà - ha per effetto di limitare la libertà religiosa di molte persone - persone per le quali la comunità del culto è importante.
Naturalmente, ci sono eccezioni a queste tendenze. Ma non è un'esagerazione dire che, nella situazione attuale, il "modello positivo" di laicità sta lottando per la sua vita.
È forse adesso per voi più chiaro per quale motivo ho dovuto ri-esaminare la mia reazione iniziale alla lode che il Papa Benedetto ha benevolmente rivolto al "modello americano". È meglio, penso, vedere le sue parole di lode come elementi di una saggia strategia pastorale.

Il Papa ha provato a farci ricordare le cose migliori delle nostre tradizioni, ed incoraggiarci a ricuperare la nostra eredità. Quello che da prima sembrava essere una lode era in realtà un'esortazione!

Nessuno contesta, penso, che una società libera richieda cittadini che abbiano la capacità di regolare il loro amore della libertà per convivere al meglio nella società. Ma, nel tardo 20mo secolo, alcuni filosofi politici come John Rawls hanno fortemente contestato l'idea di Tocqueville che la libertà dipenda da alcune istituzioni pre-moderne - come la religione, sostenendo che l'esperienza di vivere nella società libera è sufficiente da sola a produrre le virtù repubblicane.
Ma riporre, come Rawls, così tanta fiducia nelle istituzioni come le scuole pubbliche è sottostimare quanto queste istituzioni dipendano a loro volta dal sostegno delle famiglie e dalla comunità circostante.
La preservazione della società libera può dipendere - paradossalmente - dalla protezione di certe istituzioni che non sono organizzate sui principi liberali, cioè, famiglie, scuole, chiese, e tutti gli altri corpi intermediari della società civile.

(©L'Osservatore Romano - 29 ottobre 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella,
di grandissimo interesse su www.chiesa:
Nelle "Opera omnia" di Ratzinger teologo, l'ouverture è tutta per la liturgia
Alessia