15 settembre 2008

L'autentico "spirito ratzingeriano" a Parigi e Lourdes: "L'opportunità di una vera liberazione spirituale"


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L'opportunità di una vera liberazione spirituale

Un invito a lavorare per "una vera liberazione spirituale", nella consapevolezza che i tempi sono favorevoli per "un ritorno a Dio". Papa Ratzinger ha lasciato la Francia dopo quattro giorni di incontri e celebrazioni con un incoraggiante messaggio di speranza. Perché - ha confessato lunedì mattina prima di imbarcarsi sull'aereo che lo riporta a Roma - a Parigi e a Lourdes ha trovato "un popolo vivo", col quale è possibile sperimentare concretamente nuove opportunità di incontro e di dialogo tra fede e ragione.
Nella certezza - come aveva ricordato poco prima nella messa celebrata con i malati sul sagrato del santuario mariano - che dalla "gratuità dell'amore" di Dio l'uomo può sempre attingere "una speranza invincibile" per costruire il futuro.
Dopo le giornate parigine di venerdì e sabato - segnate dal confronto aperto e senza pregiudizi con il mondo politico, sociale e culturale d'oltralpe - quelle conclusive di Lourdes sono state vissute soprattutto all'insegna della spiritualità. Il Papa ha parlato al cuore di un popolo che da sempre rappresenta la riserva naturale del cristianesimo francese.
Lo ha fatto senza tuttavia sminuire l'universalità del suo messaggio, rivolto a ogni uomo e a ogni donna disposti a dare credito a un Dio - ha ricordato all'episcopato del Paese - che "non è nemico" ma "Creatore pieno di bontà".
Del resto, tra Parigi e Lourdes non c'è stata soluzione di continuità.
Il Pontefice stesso, ripercorrendo brevemente le tappe del viaggio nell'ultimo discorso durante la cerimonia di congedo, ha parlato di due "pannelli" che hanno composto un unico "dittico". Caratterizzato dal filo conduttore della ricerca di punti d'incontro, di occasioni di "dialogo autentico e cordiale" col mondo.

Profondo conoscitore ed estimatore della cultura francese, Ratzinger non ha scelto di salire in cattedra ma di mettersi in cammino da semplice pellegrino. L'immagine del Papa che ripercorre i luoghi spogli e umili della vita di Bernadette ha sintetizzato ancor più delle parole questo atteggiamento pastorale di fondo.

E così anche nei momenti più intimi di preghiera - come nella toccante processione aux flambeaux di sabato sera - lo sguardo del Pontefice non si è mai staccato dall'evidenza del male che percorre la storia. Cosicché il suo pensiero è andato costantemente ai deboli e agli ultimi: alle vittime di violenze, di guerre, di carestie, a coloro che subiscono ingiustizie e oppressioni, a chi vive sulla propria pelle condizioni di disoccupazione, malattia, emarginazione, sradicamento dalla propria terra e dai propri affetti.
Anche nel discorso rivolto ai vescovi - dove più chiare sono emerse luci e ombre della situazione religiosa della Francia - le preoccupazioni del Papa sono state rivolte soprattutto all'incoraggiamento, all'accoglienza, alla "pacificazione degli spiriti".
Da parte di Benedetto XVI, nessuna ritrosia nel mettere sul tappeto le questioni pastorali più urgenti: dalla crisi delle vocazioni alla tutela della famiglia e del matrimonio, dalla valorizzazione della catechesi alla promozione del dialogo ecumenico e interreligioso, dalla corretta applicazione del recente motu proprio sulla liturgia alla "sana collaborazione" tra comunità politica e Chiesa. Ma, ancora una volta, attenzione sincera alle opportunità che "la società globalizzata, pluriculturale e plurireligiosa" offre alla Chiesa per "proclamare la verità e esercitare l'amore".
Nell'intento - sintesi efficace dell'autentico spirito ratzingeriano - di "raggiungere ogni essere umano senza distinzione, anche al di là dei limiti della Chiesa visibile".

(©L'Osservatore Romano - 15-16 settembre 2008)

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