6 settembre 2008

La visita di Benedetto XVI a Cagliari: "Nuova speranza per la Sardegna" (Osservatore Romano)


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Domenica la visita di Benedetto XVI

Nuova speranza per la Sardegna

di Mario Ponzi

Maria, Chiesa e unità. Sono i tre cardini attorno ai quali l'arcidiocesi cagliaritana ha concentrato in questi ultimi giorni la preparazione spirituale dei fedeli all'incontro con il Papa, domenica 7 settembre.
Il Papa trascorrerà a Cagliari poco più di una decina di ore. Il momento centrale sarà la celebrazione della messa sulla spianata del santuario per celebrare il centenario della proclamazione della Vergine di Bonaria a "Patrona massima della Sardegna".
Anche i preparativi logistici sono ormai conclusi. Tutto è stato curato nei minimi particolari per consentire lo straordinario afflusso di fedeli da ogni angolo della Sardegna. Le ferrovie hanno istituito sette treni speciali. Sono state anche allestite provvisorie linee di autobus per consentire l'arrivo di chi abita nei paesini più sperduti dell'isola. Ogni diocesi ha organizzato pullman speciali per i fedeli.
L'altare è stato allestito in cima alla scalinata di Bonaria. Concelebreranno tutti i vescovi della Sardegna e i sacerdoti isolani che ne hanno fatto richiesta. Dopo la messa il Papa si recherà nel seminario regionale per incontrare i seminaristi.
Nel pomeriggio, dopo un momento di preghiera nella cattedrale di Cagliari - dove incontrerà sacerdoti, religiosi e religiose dell'isola - si svolge l'atteso incontro con i giovani in Piazza Yenne, praticamente l'atto conclusivo della visita.
Un programma breve, dunque, ma intenso per un viaggio che può suggerire alcuni temi di riflessione. C'è innanzitutto la pietà mariana a unire il Papa al popolo sardo, fedele da secoli al suo santuario, anche quando le vicende di povertà che ne hanno caratterizzato la vita l'hanno costretto all'emigrazione in terre lontane. Valga per tutti l'esempio della capitale argentina il cui nome, Buenos Aires, deriva proprio dalla devozione esportata dai numerosissimi emigrati sardi verso la Madonna di Bonaria.
C'è poi da considerare che, sebbene il Papa si fermi soltanto poche ore a Cagliari, tuttavia ai piedi del santuario e, più tardi, in Piazza Yenne, ci saranno rappresentanti di tutte le altre province della Sardegna. Dunque l'incontro simbolicamente sarà con tutta la generosa gente sarda, un popolo rimasto fedele, nonostante le trasformazioni dell'era moderna, a un severo costume mai dismesso. Il che non gli ha impedito di mostrarsi sempre aperto e ospitale, mai schiavo del consumismo smodato.
Al Papa si presentano forti di un'anima forgiata attraverso secoli di lotte e di invasioni. La loro fede, come le loro stesse virtù umane, sono radicate nel sangue dei martiri che portarono nell'isola il primo annuncio del Vangelo. Virtù custodite nel seno di famiglie straordinariamente legate alle proprie origini, puntualmente tramandate alle generazioni successive.
Non c'è dunque da meravigliarsi se il dono più bello che si preparano a mostrare al Papa sarà proprio la fede, "la fede dei semplici, la fede degli umili" come dice l'arcivescovo Mani.
Sicuramente gli parleranno anche delle sfide che questa loro fede deve affrontare giorno dopo giorno. Soprattutto quelle provenienti dal versante sociale. Sfide certamente comuni a quelle sostenute da tante altre genti in Italia, come in Europa e nel resto del mondo. Ma qui sono vissute in maniera sostanzialmente diversa. In gioco c'è infatti l'irrompere della modernità industriale e post-industriale - con la sua proposta di un benessere tutt'altro che facile da raggiungere - nella quotidianità di un popolo coraggioso, aggrappato a una realtà che ha il sapore antico di un'economia ancorata alla pastorizia e alla pesca.
Bisogna poi fare i conti con una crisi generalizzata che pesa soprattutto sulle nuove generazioni. Anche il turismo, per il quale l'isola è famosa, non riesce ad assicurare quello di cui c'è realmente bisogno. Certo è una fonte di ricchezza. Ma i sardi sanno di dover pagare un prezzo molto alto in termini di squilibri, sempre più evidenti.
Sul fronte delle strutture di servizio sono stati fatti indubbiamente notevoli passi in avanti, ma la strada da percorrere è ancora lunga, se si continua a guardare al continente come soluzione privilegiata per piccoli e grandi problemi, anche se non mancano spinte isolazioniste.
Certamente alla visita di Benedetto XVI i sardi danno un significato molto importante per tutte le loro ansie, al di là del senso più strettamente religioso. Basta leggere quanto, da settimane, scrivono i maggiori quotidiani dell'isola e le riviste diocesane. Sanno che per loro si tratta di un nuovo appuntamento con la storia, da cogliere come opportunità per rinnovare la speranza in un domani migliore.
Quasi quarant'anni fa a Paolo VI, pellegrino nell'isola, si presentò l'immagine di una Sardegna poverissima, ferita dalla questione migratoria, minacciata dalla disgregazione culturale, in preda a una seria crisi. E purtroppo si registrarono anche episodi di intemperanza nei confronti del Papa.
Le aspettative erano però ottimistiche, tipiche dell'ultimo scorcio degli anni sessanta. A nutrirle c'erano gli insediamenti petrolchimici, la cui sola presenza sembrava aprire una pagina nuova. Quindici anni dopo, Giovanni Paolo II trovò una situazione per nulla diversa. Le attese erano andate deluse, ancora una volta. Si era consolidato lo spopolamento delle campagne, mentre il miraggio industriale si era rivelato inconsistente. Le canne fumarie del Sulcis, ormai definitivamente spente, sembravano monumenti all'illusione. Lo stesso mito del terziario aveva mostrato la corda.
Benedetto XVI giunge nel momento più difficile per le nuove generazioni. Nell'isola si registra il più alto tasso di disoccupazione e le prime vittime sono proprio loro, i giovani.
Solo nel primo semestre di quest'anno sono stati persi quattromila posti di lavoro e i disoccupati sono aumentati di ventimila unità. I dati dicono che, in termini di produttività, la regione sarda è il fanalino di coda dell'intero Paese. Il sistema scolastico è chiamato a una sfida cruciale per il futuro stesso della società.
Sul versante turistico si nota un'espansione sempre più disordinata. E tornano alla memoria le parole dei vescovi in una lettera pastorale di qualche anno fa, proprio a proposito del turismo: "Abbiamo scoperto che la vocazione nel nostro territorio è nell'accoglienza agli ospiti e ai forestieri. Ma abbiamo anche preso coscienza di non aver saputo offrire un'accoglienza e un lavoro ai nostri conterranei che continuano a dover scegliere la strada dell'emigrazione dall'isola".
Al Papa i sardi chiedono un nuovo slancio per un domani che deve essere diverso e migliore. Sino a oggi sono rimasti delusi persino dalla scarsa permeabilità del "continente", dal quale continuano a sentirsi in un certo senso esclusi. Dal Primate d'Italia attendono un messaggio certamente di speranza. Ma attendono anche che proprio la sua presenza nell'isola serva a gettare quel ponte di solidarietà che faccia finalmente sentire la Sardegna e i sardi parte viva dell'Italia e del suo popolo.
In tutto questo la Chiesa si mostra viva, partecipe, presente. Tutte le diocesi hanno iniziato un periodo di rinnovamento. La Chiesa in Cagliari in particolare, alla vigilia della Pentecoste di quest'anno, ha indetto il sinodo diocesano. La visita del Papa sarà sicuramente un ottimo viatico per un cammino che certamente non si annuncia facile.

(©L'Osservatore Romano - 7 settembre 2008)

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