2 settembre 2008

La Betancourt al Papa: «Laggiù le sue parole mi hanno dato coraggio» (Giansoldati)


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La Betancourt al Papa: «Laggiù le sue parole mi hanno dato coraggio»

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO

A guardare quel bel viso ovale, incorniciato da una massa di capelli neri raccolti dietro, è difficile credere che una donna tanto esile possa essere sopravvissuta in catene per così tanto tempo. Sei anni di violenze fisiche e psicologiche, con le catene ai piedi, marce forzate nella giungla, soprusi, umiliazioni, sevizie; gli aguzzini delle Farc non le hanno mai risparmiato niente. Ieri quando Ingrid Betancourt davanti alle telecamere manifestava gioia per essere riuscita a coronare un sogno che le pareva semplicemente impossibile fino a qualche mese fa - «desideravo incontrare il Papa» -, si è capito che a sostenerla in tanta disperazione ci ha pensato la fede. «Dio mi ha salvata». «Pregavo tanto». Forse è per questo che venire a Roma era un po’ come sciogliere un voto. Ingrid, ha raccontato, che voleva ringraziare il pontefice di persona per quel giorno che accendendo la radio, al termine di una massacrante marcia durata dall’alba al tramonto nella giungla, riuscì per caso a captare la sua voce su Radio Cattolica.
Fu uno squarcio di luce nel buio, un balsamo per la sua anima a pezzi. «Sentirlo che pronunciava il mio nome mi ha infuso speranza». A decine di migliaia di chilometri di distanza, quella domenica all’Angelus, il pontefice chiedeva la liberazione della Betancourt, mentre lei, nella selva amazzonica, piagata e prossima al crollo, ascoltava in diretta l’appello. «In quel momento non mi sono sentita più sola, ho colto quel raggio di luce; mi dava la forza di tirare avanti. Era una mano santa, una iniezione di speranza».
Così quando ieri mattina a Castel Gandolfo si è trovata di fronte Benedetto XVI l’ex deputata colombiana non ha esitato un secondo a mandare all’aria tutte le regole del protocollo vaticano e l’ha abbracciato forte. «Abbiamo abbiamo pregato assieme affinchè il Signore possa toccare il cuore duro dei capi della guerriglia, perchè li guarisca dalla situazione in cui vivono che è simile all'autismo: io li conosco bene, e so che non capiscono altre parole che non siano le loro». La voce della giovane donna non ha mai tradito rabbia, non ha mai parlato di vendetta ma solo di evangelico perdono. Poi lancia un messaggio ai suoi ex aguzzini. «Vorrei dire alle Farc: il mondo vi sta guardando e vi chiede di aprire il cuore, di fare spazio ai sentimenti di amore al di là della convenienza, dell'odio e della vendetta. Non date corso solo al crimine, alle armi. Date voce a tutti i colombiani, quelli che la pensano come voi e quelli che non la pensano come voi. Conosco i vostri obiettivi e le vostre strategie. E vi riconosco il diritto di essere diversi. Voi dovete riconoscere agli altri la libertà di non pensarla come voi». Sopravvivere in quelle condizioni non è stato semplice. Ad aiutare a non mollare, sussurra la Betancourt, è stata una fede incrollabile e la lettura costante della Bibbia, un libro che ha scoperto per profondità e bellezza. «Nel cuore della selva, nel momento peggiore per me, ho chiesto a Gesù di aiutarmi a portare la croce perchè non ce la facevo più. Se farai questo miracolo, io sarò tua. E lui mi ha ascoltato». Un segno celeste. Un «miracolo» anche per Benedetto XVI: «Dio ti ha ascoltato perchè hai saputo chiedere nel modo giusto».

© Copyright Il Messaggero, 2 settembre 2008 consultabile online anche qui.

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