15 settembre 2008

Il «miracolo» nella patria del laicismo. Quel «rivoluzionario» di Benedetto XVI...


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Il «miracolo» nella patria del laicismo

E così, l’ultimo rivoluzionario del nostro tempo ha gettato giù anche l’ultimo muro.
Quello del laicismo nemico ad oltranza del dialogo fra fede e ragione.

Quello, per intendersi, dei 67 «cervelli» nostrani che nel gennaio scorso firmarono il famoso manifesto che per la prima volta nella storia impedì a un Papa di mettere piede in un’università.

Clamorosamente smentiti dall’incredibile entusiasmo popolare che ha accompagnato, fin dall’inizio, il viaggio di Benedetto XVI in Francia.
Una «missione impossibile», l’aveva definita il quotidiano della gauche «Liberation», trasformatasi invece in un’avanzata trionfale. Tutto ciò, nel cuore della nazione culla dell’Illuminismo e della Rivoluzione.
E, come tale, simbolo di una supposta inconciliabilità fra laici e credenti.
Miseramente franata già sotto le parole di Sarkozy all’atto di ricevere all’Eliseo il Pontefice di Roma: «Sarebbe una pazzia privarci della religione, un errore contro la cultura e contro il pensiero».

Come spiegare un simile capovolgimento di prospettiva?

Innanzitutto, con l’onda lunga di Ratisbona. Quanti dissero allora (e sostengono tuttora) che il discorso pronunciato il 12 settembre 2006 da Benedetto XVI non fu altro che un infortunio maldestro, devono oggi misurare l’effetto che col tempo esso ha saputo scavare nelle coscienze.
L’esortazione di Ratzinger, infatti, puntava dritto al cuore di uno dei nodi centrali della nostra epoca: il rapporto fra la fede (che non può essere diffusa e tanto meno imposta «con la spada») e la libertà di coscienza.
La lectio magistralis di Ratzinger rappresentava una condanna esplicita di qualsiasi pretesa passata, presente e futura di «imporre» il dominio della fede (di qualunque fede) con altri mezzi che non siano la ragione e la libera scelta.

Semmai, è stato proprio l’aver fatto di questo argomento la pietra angolare del suo pontificato a conferire a Benedetto XVI un’autorevolezza e un consenso senza precedenti. Sufficienti a suggellare, proprio nei giorni del secondo anniversario dello «scandalo» di Ratisbona, una «Santa alleanza» fra Chiesa e mondo laico in nome di quella «laicità positiva» più volte evocata come la bussola cui si deve ispirare lo Stato in materia religiosa da Sarkozy. Cioè, dal presidente della Francia regina dei lumi e ormai abitata per meno del 50 per cento da cattolici.
Se non suonasse vagamente offensivo del luogo in cui ieri sera Benedetto XVI si è raccolto in preghiera si potrebbe parlare di una specie di miracolo.
Mentre tutt’altro che stonato, nel caso di papa Ratzinger, suona invece l’aggettivo «rivoluzionario».
Basti pensare che uno dei filosofi d’Oltralpe oggi più attenti al ruolo della religione si chiama Regis Debray. Proprio lui: il compagno d’armi e d’avventura di Che Guevara.

© Copyright Brescia Oggi, 15 settembre 2008

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