8 settembre 2008

Giuliano Ferrara sul Papa in Sardegna: "La forza delle parole tra fede e ragione"


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Aspettando l'omelia del Pontefice

La forza delle parole tra fede e ragione

di Giuliano Ferrara

Cagliari e la Sardegna fanno gran festa al Papa che arriva a dir messa e a celebrare l'Angelus per l'amata, venerata Madonna di Bonaria.
Benedetto XVI compirà almeno altri due gesti evangelici, la catechesi dei giovani in piazza e la benedizione delle carceri. Tutti si aspettano una grande giornata, e in tanti hanno lavorato con scrupolo per prepararla. E c'è come sempre grande attesa, non solo per il programma liturgico di questa domenica speciale, ma anche per il contenuto dell'omelia e degli altri discorsi.
Per l'autore della lezione magistrale di Ratisbona sulla fede e la sua alleanza con la ragione; per il teologo franco, amichevole, semplice e dotto che ha stupito il mondo parlando in absentia all'Università “La Sapienza” di Roma, e celebrando lì il posto della chiesa nel mondo, compreso il mondo moderno della ragione e della scienza: per una simile personalità pastorale e morale le parole contano moltissimo.
Il suo libro su Gesù di Nazaret può essere letto come l'introduzione personale a Cristo di uno studioso e di un Papa che non parla dalla sua cattedra, ma anche come una lunga e bellissima meditazione sul fondatore della chiesa, bimillenaria maestra di spiritualità e di umanità.
Il predecessore di Benedetto, Giovanni Paolo II, visitò e benedisse questa terra ventitré anni fa, dando voce a un ardente e oggi universalmente ricordato impeto profetico. Come accadeva a quella colossale figura di cristiano, e in più con la sua particolare vivezza teologica, il Papa associa alla forza dell'impulso spirituale e di fede una formidabile precisione dei concetti. E così in ogni sua omelia, nelle sue catechesi petrine sugli Apostoli e i Padri della cristianità, nelle sue encicliche straordinariamente ispirate sull'amore cristiano e sulla speranza “impossibile” (la speranza contro ogni speranza di San Paolo), nei suoi interventi pronunciati a diverso titolo, sempre con dignità e coraggio intellettuale, Benedetto interroga e risponde, ammaestra e guida con un linguaggio che comunica oltre i confini della comunione cattolica, parlando ai fedeli non meno che ai cittadini di ogni fede o senza fede, alle donne, ai vecchi, ai bambini e a tutti gli uomini di buona volontà.

Viviamo in tempi molto complicati e insidiosi. La vita umana, dal concepimento alla morte naturale, un tempo era una certezza, e ora è diventata un problema, quando non una variante secondaria e moralmente irrilevante dell'organizzazione sociale. Idee semplici come autorità, ragione, verità, libertà e amore sono rimesse in discussione dallo spirito moderno e postmoderno.

Il mondo ci cambia intorno alla velocità del fulmine, e non è così facile convivere degnamente nello spazio comune, accettare quel che va accettato e respingere quel che va respinto, né per gli adulti né per i ragazzi. Eppure tutti siamo convinti del fatto che la radice umana della persona libera e dei suoi diritti non negoziabili, così come la intende il cristianesimo, è un criterio decisivo per vivere una buona vita, per sperimentare l'allegria e il buonumore che le generazioni devono lasciarsi in eredità come il maggior lascito e il più ricco e prezioso. Siamo ottimisti nonostante tutto, e manteniamo la capacità di coltivare una laica speranza che è di tutta la comunità. E questo anche perché, come diceva Benedetto Croce, il filosofo dell'idealismo napoletano, noi «non possiamo non dirci cristiani».
Non c'è bisogno di essere in diretta e permanente comunione nella chiesa, come sono le migliaia di fedeli che oggi fanno festa al Papa e alla Madonna di Bonaria, per sapere che le Beatitudini pronunciate dalla Montagna, l'etica della solidarietà e i comandamenti dell'amore e del dovere sono per i cattolici che oggi affollano Cagliari la testimonianza dell'Incarnazione, alla quale la Madonna disse il suo decisivo “sì”, e per tutti il messaggio centrale della cultura e della spiritualità umana, il raccordo vitale che ci fa essere quel che siamo nel tempo e nella storia.

© Copyright L'Unione Sarda, 7 settembre 2008

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