13 settembre 2008

Cardia: "La «prediletta» torna al centro dell'Europa"


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CARLO CARDIA

Nella storia non ci sono sconfitte o in­comprensioni definitive, c’è un cam­mino sempre aperto al nuovo perché «Dio lavora, continua a lavorare nella e sulla sto­ria degli uomini».
Il messaggio che Bene­detto XVI ha voluto dare ieri alla Francia e al mondo si riassume nella vicinanza di Dio all’uomo, alla sua fatica e creatività, alla sua crescita materiale e spirituale.
Rivolte alla Francia, queste parole hanno un significato particolare, e benefico. Ci sono state incomprensioni e conflitti con la Chie­sa, ma il Papa evoca oggi tutto ciò che uni­sce i francesi al cristianesimo, con preziosi riconoscimenti. La Francia, tradizional­mente sensibile ai diritti dell’uomo, è un Paese attento alla riconciliazione dei popo­­li, e può svolgere una funzione importante per l’Europa, per far crescere la solidarietà internazionale. Anche i rapporti con la Chie­sa conoscono una stagione nuova, la diffi­denza del passato si è trasformata in un dia­logo sereno e positivo. Il dialogo è stato rafforzato dal riconoscimento da parte di Nicholas Sarkozy delle radici cristiane del­la Francia, della funzione insostituibile del­la religione per la formazione delle co­scienze e di un consenso etico della società. La Francia, insomma, è tornata al centro dell’Europa e resta nel cuore della Chiesa.
Rivolte al mondo, e all’uomo contempora­neo, le parole del Papa assumono un signi­ficato più grande, perché offrono una più ricca elaborazione del rapporto tra fede e ragione che, in Francia e in Europa, trae o­rigine da quel tessuto di cultura e di pen­siero che il monachesimo ha formato e dif­fuso nei primi secoli di cristianesimo. Per questo ha esaltato il legame tra fede, ragio­ne e storia, senza il quale la modernità non esisterebbe. Quando i primi monaci in Fran­cia, e nel mondo, costituirono il ponte tra la cultura classica e i nuovi orizzonti spiritua­li, essi elaborarono il nucleo essenziale di un’antropologia che aveva al centro lo stu­dio della Parola di Dio, e dalla parola passa­va alla sua interpretazione, all’approfondi­mento delle scienze profane, alla compren­sione ed elaborazione della musica, alla co­noscenza del mondo che li circondava, in­dirizzandosi verso mete più alte ed esigen­ti. L’aspirazione a Dio non attenuava, ma a­limentava la sete e il patrimonio di cono­scenza. Nella regola di Benedetto, di Ber­nardo di Chiaravalle, di altri esponenti del­la spiritualità europea, trovano posto lo stu­dio, la preghiera, il lavoro, come capisaldi di un umanesimo sviluppatosi nei secoli. Na­sce lì l’uomo che si unisce a Dio, che affer­ma la dignità del lavoro, che inizia un cam­mino di conoscenza che non avrà interru­zioni. Fede, ragione e storia, stanno insieme non per astrattezza concettuale ma perché insieme hanno determinato la svolta fon­damentale della storia dell’umanità.
Con il cristianesimo, l’uomo che usciva dal­la classicità ha costruito poco a poco la mo­dernità, si è arricchito di conoscenze, ha a­spirato a traguardi materiali e spirituali più ambiziosi. Nel grande affresco del cammi­no umano Benedetto XVI ha richiamato Paolo che parlò nell’Areopago agli ateniesi del 'dio ignoto', che essi veneravano pur senza conoscerlo. Ne sentivano il bisogno ma non sapevano chi era. Il Papa ha ricor­dato che anche oggi tanti uomini sentono struggente il bisogno di Dio che sia presen­te, li conforti, dia loro speranza per il futu­ro, ma non sanno dove sia e chi sia. Ingiu­stizie, guerre, egoismi nazionalistici, rifiuto dell’etica, nascondono Dio e rendono l’uo­mo più povero e insicuro. Quel Dio non è più ignoto perché l’avvento del cristianesimo ha introdotto nella storia umana la presenza viva e attiva del Dio per­sona che parla all’uomo, gli propone di cre­scere, capire, studiare e amare secondo re­gole scritte nella coscienza di ognuno. Con l’adesione alla fede l’uomo non perde nean­che un granello della propria cultura, anzi è spinto ad accrescere ogni forma di cono­scenza perché la sapienza viene trasfigura­ta dalla fede in un orizzonte più completo. Per queste ragioni, il Papa può essere nella Francia di oggi seminatore di carità e di spe­ranza, chiamando la ragione e la scienza a vivere e progredire non lontano ma accan­to alla fede che eleva e fa crescere la dignità della persona e la porta sempre più vicino al suo creatore.

© Copyright Avvenire, 13 settembre 2008

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