5 settembre 2008

Card. Barragan: "Sulla morte celebrale non cambiamo linea" (Buzzanca)


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"Sulla morte celebrale non cambiamo linea"

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SILVIO BUZZANCA

ROMA

La linea della Chiesa non cambia: quando l´elettroencefalogramma è piatto allora c´è la morte cerebrale. E donare gli organi, «quando non c´è pericolo di morte per il donatore, o un danno sproporzionato, è un atto di grande carità verso il prossimo».
Il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale della salute, prende ufficialmente le distanze da Lucetta Scaraffia che sull´Osservatore romano ha messo in discussione gli attuali i criteri per stabilire la fine della vita. «Non c´è nessun mutamento.
Noi abbiamo sempre sostenuto che la morte è avvenuta di fronte alla completa assenza di segni encefalografici, del cervello, del midollo, del tronco celebrale, per un periodo di almeno sei ore. E´ quello che le ricerche scientifiche attuali ci dicono», spiega Barragan.
Il cardinale non può sconfessare il quotidiano della Santa Sede e fa notare che l´articolo «dice solo che bisogna essere attenti agli sviluppi della scienza.
Prima si pensava che per stabilire l´avvenuta morte bastasse l´arresto circolatorio o respiratorio, oggi sappiamo che non è così». Secondo Barragan però «la scienza va evolvendo, può scoprire altre cose e noi dobbiamo essere aperti ai segni.
In futuro potrebbe cambiare, ma per ora non è così».
Al momento, «il criterio delle sei ore di encefalogramma piatto, riportato anche nei manuali di bioetica cattolica, non va superato». Sul tema in effetti non c´è una posizione ufficiale della Chiesa.
E il ministro della Salute del Vaticano lo ricorda. «La Chiesa non si è solennemente pronunciata su questo. Questa è la dottrina che seguiamo. Si spera che la Congregazione della dottrina della fede, quando lo ritenga opportuno, pubblichi un documento in materia. Sarebbe un contributo molto utile».
In attesa di una direttiva il mondo cattolico si divide. L´Osservatore romano sottolinea che quello della Scaraffia era solo un contributo per aprire una discussione. Ma le osservazioni della professoressa, membro del Comitato nazionale di bioetica, vicepresidente dell´Associazione Scienza e vita, sono bocciate dalla stessa organizzazione che dirige. «Il mio parere è che su questo argomento, così fortemente conteso a livello scientifico e che ha dato un´apertura al trapianto - spiega il genetista Bruno Dallapiccola - darei per acquisito quanto stabilito. Il problema non andrebbe riaperto». Una posizione condivisa anche dal Movimento per la vita di Carlo Casini, dalla teodem Paola Binetti, dal Centro di Ateneo di Bioetica dell´Università Cattolica.
Una parte del mondo cattolico però non è d´accordo. Roberto De Mattei, storico vicino ai Legionari di Cristo, spiega che, «all´interno della Pontificia Accademia per la Vita si è spesso discusso del criterio della morte cerebrale e c´è una netta divisione in due ali: da una parte i medici e anestesisti, favorevoli al "rapporto di Harvard", dall´altra, composta prevalentemente da filosofi e giuristi, contrari».
Fra i giuristi si pronuncia Antonio Baldassarre. Secondo il presidente emerito della Consulta, «quella dell´Osservatore Romano è stata un´obiezione calzante dal punto di vista giuridico».

© Copyright Repubblica, 4 settembre 2008

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