28 agosto 2008

Cortei pacifici in tutta l'India contro ogni violenza (Osservatore Romano)


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VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA: RACCOLTA DI ARTICOLI

Iniziativa dei vescovi che annunciano la chiusura per protesta delle scuole cattoliche del Paese il 29 agosto

Cortei pacifici in tutta l'India contro ogni violenza

Sfilare per la pace, in tutta l'India. È quanto chiedono i vescovi indiani in risposta ai gravissimi episodi di violenza ancora in corso in quel Paese asiatico. E, sempre per manifestare contro ogni sopraffazione, venerdì prossimo le scuole cattoliche rimarranno chiuse.
Il clima in India, in particolare nello Stato dell'Orissa, da dove continuano ad arrivare segnalazioni di atti violenti e intimidatori nei confronti dei cristiani, rimane teso. Le sole notizie positive giungono per il momento da Bargarh, dove era stato dato alle fiamme un orfanotrofio: i bambini che a seguito dell'attacco si erano rifugiati nella giungla, sono in salvo. Salvi, seppure feriti, sono anche i due missionari di cui ieri si era denunciato il rapimento. Secondo quanto riferito all'agenzia Misna da padre Joseph Topno, Superiore provinciale dei missionari verbiti per la provincia orientale dell'India, padre Simon Laksa, missionario verbita e direttore del centro giovanile di Duburi, e padre Xavier Tirkey, gesuita, sono stati picchiati dai loro assalitori. Non è ancora chiaro se in seguito siano stati rilasciati o se siano riusciti a fuggire.
L'iniziativa della chiusura delle scuole cattoliche di tutta l'India il 29 agosto è stata annunciata dal presidente della Catholic Bishop's Conference of India, il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi.
"La Chiesa - si legge in una nota diffusa dopo una conferenza stampa tenuta a New Delhi - osserverà il 7 settembre una giornata di preghiera e digiuno per i cristiani dell'Orissa. Il porporato ha chiamato, inoltre, tutte le organizzazioni cattoliche a dar vita a "cortei pacifici in tutto il Paese per esprimere una forte protesta contro i reiterati attacchi dei fondamentalisti".
Un appello a tutti gli abitanti dell'Orissa a lavorare insieme per la pace e la tolleranza "oltre le differenze di casta, credo e culture", è giunto anche dai vescovi della regione, tramite un intervento del presidente della locale conferenza episcopale. "La Chiesa dell'Orissa - scrive il vescovo Thomas Thiruthalil - condanna fortemente l'assassinio di Swami Lakshmananda Saraswati", seguito a "una serie di massacri di personalità religiose che negli ultimi anni ha lasciato lo Stato nell'angoscia, nella paura e nell'ansia". I vescovi confermano però fiducia "nella legislazione della nostra nazione democratica, che farà sì che la legge e l'ordine riprendano il loro corso".
Intanto, come si accennava, nonostante il coprifuoco imposto dalle autorità locali le violenze non si sono del tutto fermate, anche se appaiono diminuite d'intensità rispetto ai giorni scorsi. "Uomini armati - riferiscono i vescovi dell'Orissa - continuano a saccheggiare e incendiare chiese, conventi e seminari, nonché centri di cura e di assistenza". La principale responsabilità delle violenze continua a essere attribuita agli attivisti del gruppo di estrema destra Vishwa Hindu Parishad e ai suoi affiliati del Bajrang Dal.
Critiche al governo indiano, accusato di non aver saputo prevedere e prevenire l'esplosione della violenza dei fondamentalisti indù contro i cristiani sono giunte ieri dal cardinale Oswald Gracias, presidente della Conference of Catholic Bishops of India, e un appello alla presidente dell'India, Pratibha Patil è stato fatto anche dal presidente dell'All indian catholic union, la più numerosa associazione laicale cattolica del Paese.
Ha detto il cardinale Gracias all'agenzia AsiaNews: "Come è possibile che il governo non abbia previsto in tempo la situazione e preso tutte le misure per fermare questo caos ricorrente?". Per il porporato questi episodi sono "una macchia sull'immagine dell'India. La comunità internazionale - ha aggiunto - rischia di vederci come un Paese dove il Governo tarda a intervenire e dove la polizia è inefficace".
Il nunzio apostolico a New Delhi, il vescovo Pedro López Quintana, parlando alla Radio Vaticana, ha spiegato che la Chiesa indiana "è risoluta e, a dispetto dell'ondata di violenza, tornerà al più presto a fare il suo lavoro per il bene di tutti, e in particolare per i più poveri". Il vescovo si è detto comunque fiducioso riguardo al superamento di questa crisi: "Come è già successo a Natale, sempre nello Stato di Orissa, gli stessi membri delle altre comunità saranno i primi a dare una mano" a ricostruire. "Dietro questa violenza ci sono dei gruppi fondamentalisti - ha detto il nunzio - legati a ideologie di matrice nazista. Il loro scopo è creare e imporre uno Stato fondamentalista, e in certi Stati hanno trovato una situazione favorevole, ed è da lì che si diffonde la violenza". Da parte dei violenti, dunque, la religione viene utilizzata solo "come uno strumento di manipolazione" e di propaganda. Il nunzio ha riferito in proposito di aver ascoltato un leader fondamentalista dire in televisione di non aver incitato alla violenza, che tuttavia sarebbe ciò "un bene, perché i cristiani impediscono che altri lavorino". "Questa - ha commentato López Quintana - è una tesi allucinante, ma la gente semplice si lascia manipolare facilmente".
Tra le accuse più forti fatte dai fondamentalisti indù ai cristiani, quella di aver convertito persone e interi villaggi con la forza. Uno dei portavoce dei vescovi dell'Andhra Pradesh, padre Anand Mutungal, ha spiegato alla Radio Vaticana "che le conversioni forzate sono molto poche in India", e comunque non riconducibili ai cattolici.

(©L'Osservatore Romano - 28 agosto 2008)

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