29 agosto 2008

Casini: «La Chiesa surroga la politica su etica e identità» (Marroni)


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Casini: «La Chiesa surroga la politica su etica e identità»

di Carlo Marroni

L'intervista al Sole-24 Ore del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini.

«La Chiesa è una protagonista forte e vera della società italiana, arricchisce la politica, talvolta la surroga, ma c'è chi la vorrebbe marginale, che diventasse una specie di Ong o una organizzazione caritatevole. Ma non è così».

Pier Ferdinando Casini raccoglie al volo i messaggi del cardinale Angelo Bagnasco, che nei giorni scorsi ha rivendicato alla Chiesa un ruolo chiaro nella politica per dar voce alla gente, rilanciando quanto disse mesi fa Benedetto XVI quando affermò che è giusto occuparsi della res publica senza per questo essere tacciati di essere un agente politico.

Il presidente della Cei dal Meeting di Rimini ha dato uno scossone al mondo politico a pochi giorni dalla ripresa e rimesso in gioco temi forti, a partire dal federalismo.

Casini, 52 anni, leader dell'Udc, ha raccolto alle elezioni il 5,7% e oltre il 10% dell'elettorato cattolico: è quindi uno dei punti-chiave dei riferimento di quel mondo, e noto fu il rapporto stretto con il cardinale Camillo Ruini.

«Con le sue parole Bagnasco ha smentito chi pensava che dopo il Family day la Cei, e in generale la Chiesa italiana, diventasse solo un puro elemento testimoniale e non disturbasse più sui temi eticamente sensibili. Ma la storia è un'altra e in linea con Ruini si conferma un ruolo centrale nella società».

Ingerenza?

«Ma come si può pensare che la Chiesa italiana, che è anche un punto di riferimento per tutta la Chiesa europea, non debba per esempio dire la sua su un'eventuale legislazione sulla fine della vita, specie dopo la vicenda di Eluana? Ogni suo contributo è una ricchezza, altro che ingerenza».

La questione del ruolo della Chiesa va quindi oltre le dichiarazioni che vengono rilasciate dalla Cei, dal Pontefice o dal Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, che per Casini troppo spesso vengono strumentalizzate «dall'isterismo della politica».

Il ruolo della Chiesa è centrale, per esempio, anche sui temi identitari, e in questo sostituisce la politica.
«La nostra identità cristiana si riconnette al modo di essere dell'occidente. E’ giusto essere pronti ad integrare le diversità: ma quale tipo di società avremmo se non rivendicassimo il nostro patrimonio? Ecco perché non è un segno di clericalismo parlare di radici cristiane dell'Europa».

Poi il federalismo, programma del governo di centro-destra che Bagnasco ha salutato come importante elemento per una maggiore attenzione ai bisogni della gente, ma solo in un'ottica unitaria del paese e del popolo.

«Qui la Chiesa parla come protagonista, visto che è un elemento di unità di un popolo. L'obiettivo è creare un federalismo solidale che non faccia prevalere i più forti. Così la pensava don Luigi Sturzo e tutti i cattolici popolari, che individuarono nelle autonomie locali un elemento di valorizzazione delle comunità e non di divisione. Ecco perché vedo con sospetto i partiti territoriali, non solo al Nord ma anche al Sud».

Insomma, dal Meeting la Cei mette in campo un'agenda chiara per la prossima stagione, e lancia l'allarme di un crescente fondamentalismo anticristiano che sta pian piano dilagando in Europa e in Italia.

«A parte che i cristiani sono davvero perseguitati e uccisi in molte parte del mondo, e i fatti di questi giorni in India ne sono la tragica conferma. Ma in Occidente la questione è naturalmente più sottile: si vuole che la Chiesa e i suoi seguaci siano messi ai margini sui temi più importanti, che le si permetta magari di condannare la guerra in Iraq, al massimo, ma che alla fine non si impicci».

C'entra qualcosa il caso estivo di Famiglia cristiana, che lo scorso anno criticò Prodi, le scorse settimane ha mazzolato Berlusconi e due giorni fa ha messo sotto torchio il Pd?

«Se è per questo ha più volte criticato anche me, ma credo che compia un atto di vera arroganza chi pensa che Famiglia cristiana debba tacere. E’ un elemento di ricchezza, e solo gli incolti fanno confusione tra quel giornale e il Papa».

In qualche modo il settimanale dei Paolini, che è stato al centro del dibattito per tutto agosto, ha messo sulla scena una realtà che spesso sfugge: la complessità del mondo cattolico. Che oltre alla Curia romana, ai vescovi e alle parrocchie conta le Congregazioni e soprattutto i movimenti laicali, tra i quali spicca Cl, che in questi giorni sta tenendo il Meeting dove affluiscono molti protagonisti della politica, dell'economia e della cultura.

Cl è la realtà più forte e radicata, da 35 anni è protagonista nel sociale e ha una visibilità e un'influenza superiore a tutti, sicuramente agli storici movimenti che hanno segnato la vita della Chiesa, a partire dall'Azione cattolica. Nuovi protagonisti sono emersi con forza, dai Neocatecumenali a Rinnovamento dello Spirito, ma è Cl che annovera tra le sue file una sfilza di cardinali e vescovi e ha un radicamento formidabile in buona parte del paese, a partire dalla Lombardia, anche grazie alla Compagnia delle Opere l'anima cattolica del centro destra che cerca di facilitare aggregazioni più ampie e sempre più influenti, pensando anche al partito di Casini, che da questi temi si tiene bene alla larga.

A Rimini c'è chi dice: con l'uscita (temporanea?) di Romano Prodi nel centro-sinistra - dove molte sono le anime dell'impegno, ma in buona parte di nicchia - c'è un vuoto. Era sì un cattolico “adulto” che fece arrabbiare le gerarchie con i Dico, ma sapeva parlare a quel mondo, come si vide per esempio a Stoccarda quando da premier andò al raduno mondiale dei Focolarini.

«La società è cambiata - si limita a commentare Casini- e anche la rappresentanza si è modificata. Ma un fatto a me pare certo: l'influenza complessiva della Chiesa, anche dopo la scomparsa della Dc, è cresciuta a dispetto della sottorappresentazione dei movimenti nella politica».

© Copyright Il Sole 24 Ore, 28 agosto 2008 consultabile online anche qui.

Prodi sapeva parlare al mondo cattolico? No...ad una parte, non a tutto!
Forse abbiamo dimenticato il consiglio del ministro Amato sul raffreddore diplomatico che avrebbe dovuto impedire al Papa di presentarsi alla Sapienza?
Abbiamo scordato la battutaccia sulle Guardie Svizzere alla vigilia del viaggio del Santo Padre in Turchia?

R.

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