15 giugno 2008

Santità, bentornato in Puglia (analisi di Leo Lestingi)


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BENTORNATO

di LEO LESTINGI

Benedetto XVI torna in Puglia, dopo la fugace visita compiuta a Bari, a un mese dalla sua elezione, in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale. E ritorna con un già notevole bagaglio di esperienza maturato in questi brevi anni, durante i quali si è imposto, con umile risolutezza, all'attenzione di tanti, sbaragliando gli stereotipi troppo pigri che, al tempo della sua elezione, lo iscrivevano senz'altro nelle file degli agenti della «restaurazione ».
Le sue opzioni principali, così come sono emerse in questa prima fase del suo pontificato, e che saranno confermate dalle parole che egli pronuncerà in Puglia, mi sembrano fondamentalmente tre.

Innanzitutto, la ricerca del primato dello spirituale nella vita della Chiesa, col recupero intelligente e storicamente sorvegliato della spinta del Vaticano II, e il rifiuto della politicizzazione della fede. Poi il richiamo ai movimenti, usciti con eccessi di potere dall'era wojtyliana, a integrarsi nella disciplina del «sistema» Chiesa, e il rifiuto del relativismo religioso, riflesso di certo individualismo anche nel mondo del sacro contemporaneo; infine, l'acquisizione del dialogo interreligioso come scelta irreversibile della Chiesa, specialmente in una stagione gravida di rischi per la pace mondiale.

Pur convalidando il legame di continuità con Giovanni Paolo II, infatti, Benedetto XVI si è impegnato in una missione di approfondimento, ma anche di esplorazione e di riflessione intorno alla complessa eredità ricevuta, impedendone la dissipazione nostalgica. Dopo lo «smisurato» Wojtyla, insomma, è arrivata sul soglio la misura. Ratzinger sta tenendo fede alla promessa del suo primo discorso ai cardinali, ai quali disse che compito del Papa è di «far risplendere la luce di Cristo, non la propria luce».
E non si tratta di estetica, ma di visione ecclesiologica, perché il ridimensionamento della figura del pontefice è un passaggio decisivo sia per la riforma collegiale del papato che per i progressi in campo ecumenico.
A Benedetto XVI, insomma, non sembrano interessare le masse, ma le coscienze: rieducare alla fede i nuovi analfabeti ex-cristiani, gli indifferenti non meno che i fanatici; additare l'esperienza cristiana come figura del vivere capace di offrire una nuova sintesi alla molteplice dispersione della temporalità post-moderna; e per questa missione, egli insiste sulla necessità ineludibile del dialogo fra fede e ragione moderna. Nelle sue visite pastorali, ad esempio, Benedetto XVI non ha mai giocato la carta del seduttore, ma del pudore quasi monastico, scartando le improvvisazioni, le mimiche, il bacio della terra; il suo linguaggio si è affidato alle parole e al rigore delle argomentazioni teologiche, bibliche e patristiche.

© Copyright Corriere del Mezzogiorno, 14 giugno 2008

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