11 giugno 2008

Küng: "D’accordo con Ratzinger: fiducia e ragione. Il Concilio ha integrato nella cattolicità il paradigma della riforma protestante".Nulla di nuovo...


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Su segnalazione di Mariateresa ed Eufemia leggiamo:

INTERVISTA CON HANS KÜNG Il teologo a tutto campo sulla sua idea di Chiesa

«D’accordo con Ratzinger: fiducia e ragione»

È impegnato per diffondere una “nuova etica mondiale” e da poco ha pubblicato in Italia l’autobiografi a dei suoi primi quarant’anni

ALDO MARIA VALLI

TUBINGA

Ha da poco compiuto ottant’anni, ma il suo sguardo è sempre quello del forte ragazzo svizzero. Figlio di un calzolaio di Sursee, nel cantone di Lucerna, ordinato sacerdote nel 1954, docente di teologia per trentasei anni a Tubinga, ora è in pensione ma non si è affatto ritirato. Continua a tenere conferenze, per diffondere quella che definisce una nuova etica mondiale, e continua a scrivere. La mia battaglia per la libertà (edizioni Diabasis) è l’ultima opera: i suoi primi quarant’anni di vita raccontati col solito piglio baldanzoso e conditi con giudizi mai compromissori, perché tutto si può dire del professore di Tubinga ma non che gli manchi il coraggio.
Contestatore storico del centralismo curiale romano, testimone del Vaticano II, demolitore del dogma dell’infallibilità papale, nel 1967 è proprio lui a chiamare sulla cattedra di teologia dogmatica di Tubinga il suo collega e amico Joseph Ratzinger.
L’avventura di Ratzinger nell’antica città universitaria dura tre anni, poi il futuro papa, scioccato dalle contestazioni studentesche del ’68, cambia strada. Nel 1979, Küng a causa delle sue posizioni si vede revocare dal Vaticano la missio canonica per l’insegnamento. Continua a insegnare grazie alla separazione del suo istituto dalla facoltà cattolica, ma il fossato che lo divide da Roma è sempre più largo. Negli anni del pontificato di Wojtyla tenta inutilmente un contatto con il papa. Nel 2005 invece Benedetto XVI lo riceve a Castelgandolfo.

Professore, all’inizio della sua autobiografia lei dice di essere contento che la sua vita sia andata com’è andata. Nessun rimpianto? Mai commesso errori?

Certamente ne ho fatti. Non sono infallibile, io. Il più grande nel 1979, quando mi illusi che la curia romana avrebbe almeno osservato le proprie leggi. Non è andata così, ma lasciamo perdere.

Lei dice che la sua vita è stata una battaglia per la libertà, anche dentro la Chiesa. Una battaglia vinta o persa?

Credo che in generale sia stata vinta. Però se parliamo del contrasto tra la mia concezione della Chiesa e quella di Roma, direi che il risultato è ancora incerto.

A lei piace molto nuotare e una volta ha paragonato anche la fede al buttarsi in acqua. Non lo si può fare in teoria, bisogna provare…

Sì, il nuoto mi sembra una buona metafora della fede. La fede è una questione di fiducia, e quando ti butti ti accorgi che l’acqua ti sostiene. Ma sono d’accordo con Benedetto XVI quando dice che occorre una fiducia ragionevole. Bisogna osservare anche le leggi fisiche: se non ti muovi, vai a fondo. Ci vuole la fiducia e ci vuole la ragione.

Più di quarant’anni dopo, che cosa ha rappresentato veramente il Concilio Vaticano II per la Chiesa cattolica?

La fine del medioevo e l’inizio di un’epoca nuova. Adesso a Roma qualcuno tenta di tornare al medioevo, ma non penso che sarà possibile. Il Concilio è riuscito a introdurre e integrare nella cattolicità il paradigma della riforma protestante e quello illuminista della modernità.
Il cammino è rimasto a metà, ma non si torna indietro.

Perché il cammino è rimasto a metà?

Il Vaticano II è stato un grande compromesso tra la maggioranza progressista dell’episcopato mondiale e dei teologi e il nucleo duro della curia romana che aveva concentrato nelle sue mani tutto il potere gestionale. Molti documenti conciliari risentono di questo compromesso e questa è anche la ragione delle tante difficoltà incontrare nell’applicazione del Concilio, perché molti problemi sono stati solamente accennati ma non risolti.

Secondo lei qual è il documento conciliare che rappresenta meglio lo spirito del Vaticano II?

La Gaudium et spes, la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo approvata nel 1965. Lì si vede lo sforzo di trovare veramente una via per la Chiesa di oggi. Importante è stato anche il decreto sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio. Nella costituzione dogmatica Lumen gentium vediamo invece il compromesso in opera: c’è un contrasto evidente tra le parti sul popolo di Dio e quelle sulla gerarchia ecclesiastica e l’infallibilità papale.

Che cosa l’ha fatta soffrire di più durante il Concilio, al quale lei partecipò come teologo assieme, fra gli altri, a Joseph Ratzinger?

Mi fece soffrire il continuo contrasto tra la maggioranza progressista e la curia romana e poi l’esito della Lumen gentium. Pensai: questa per la Chiesa sarà una tragedia.

Che cosa invece le diede gioia?

La grande speranza di quegli anni, che avvertimmo già nel discorso di apertura di Giovanni XXIII, l’11 ottobre 1962. Quel giorno mi sembrò davvero possibile il ritorno all’unità dei cristiani passando attraverso una riforma della Chiesa.

Lei ha più volte espresso giudizi severi nei confronti di Giovanni Paolo II. Non pensa di essere stato troppo duro?

In realtà ho messo in luce anche gli aspetti positivi. Però, per esempio, nei confronti dei protestanti ci sono state solo parole e niente è stato fatto per il riconoscimento dei ministri e per la celebrazione eucaristica comune. Imputo poi a papa Wojtyla di non aver fatto nulla per la riforma della curia e del papato e di aver praticamente reintrodotto l’inquisizione.

Lei parla di inquisizione, ma all’ex Sant’Uffizio per tanti anni c’è stato il suo amico Ratzinger. Dunque deve decidere: amico o inquisitore?

Joseph Ratzinger è stato un mio caro collega, ma dopo il Sessantotto le nostre strade si sono separate. Lui ha incominciato a salire la scala gerarchica ed è arrivato fino alla congregazione per la dottrina della fede, che ha cambiato nome ma è sempre inquisizione. Teologi e filosofi non allineati non vengono più messi al rogo come ai tempi di Giordano Bruno, ma le persone possono essere “bruciate” psicologicamente.

Che cosa resta oggi del Concilio?

Molto. Soprattutto la liturgia in lingua volgare, anche se adesso qualcuno vuol tornare al latino. Io non ho nulla contro il latino, ma penso che allontani i fedeli. Poi abbiamo altre cose importanti: l’affermazione della libertà religiosa, il nuovo atteggiamento verso i protestanti e gli ebrei, la condanna dell’antisemitismo, la valorizzazione dell’Islam e delle altre religioni.
Però quei compromessi di cui parlavo hanno impedito uno sviluppo più deciso e coraggioso.

E invece che cosa è andato perduto del Concilio?

È andata perduta la gioia di essere cattolici e la grande libertà d’espressione che c’era in quegli anni.

Come vede la Chiesa cattolica di oggi?

Una splendida facciata, tenuta in piedi da tanti eventi, dietro la quale l’edificio sta però crollando. Chiese vuote, parrocchie senza pastori, giovani sempre più lontani.

Lei è per l’abolizione del celibato dei preti e il sacerdozio femminile. Ma nel mondo protestante queste soluzioni non hanno portato grandi vantaggi.

Non ho mai detto che l’abolizione del celibato sarebbe una soluzione per tutti i problemi. Penso che sarebbe un simbolo contro il clericalismo, allevierebbe il dramma della mancanza di pastori e renderebbe possibile ordinare tanti teologi che hanno un’ottima formazione ma ora restano ai margini. Quanto alle donne, vedo che nelle parrocchie spesso sono proprio loro a tenere in piedi le strutture, e allora perché non riconoscerlo? I protestanti hanno problemi diversi dai nostri. La questione vera è come fare in modo che cattolici e protestanti, insieme, si conformino al Vangelo.

Potrebbe darci un aggettivo per ogni papa da lei conosciuto da Giovanni XXIII in poi?

Giovanni XXIII è stato il più grande papa del ventesimo secolo. Paolo VI mi era simpatico ma lo giudico ambivalente. Giovanni Paolo I se fosse vissuto sarebbe stato in linea con Roncalli. Giovanni Paolo II è stato il rappresentante di un cattolicesimo polacco vicino a Pio XII e lontano dallo spirito conciliare. Quanto a Benedetto XVI preferisco non trovare ancora un aggettivo perché c’è tempo. Il fatto che mi abbia ricevuto a Castelgandolfo dimostra che è capace di passi coraggiosi.

C’è stato un abbraccio fra lei e papa Benedetto quando vi siete incontrati?

C’è stato un saluto molto cordiale, seguito da quattro ore di dialogo amichevole e aperto. Abbiamo parlato di scienza e fede, del dialogo interreligioso e del mio impegno per un’etica mondiale condivisa.

Un’ultima domanda. Come giudica le encicliche di papa Benedetto?

È bello che abbia dedicato la sua prima enciclica all’amore. Purtroppo però sono solo parole. Come si può parlare d’amore e non vedere il dramma dei divorziati tenuti lontani dall’eucaristia, delle donne che non possono prendere la pillola, dei sacerdoti che hanno relazioni con una donna, dei matrimoni misti? La vera carità si esprime con i fatti.

© Copyright Europa, 10 giugno 2008 consultabile online anche qui.

Vabbe'...e' sempre il solito Küng: niente di nuovo sotto il sole.
Per la verita' e' piu' apprezzabile il suo atteggiamento, schietto e coerente, di quello di altri teologi ed ecclesiastici che contestano piu' o meno apertamente, piu' o meno cripticamente, il Magistero della Chiesa, pur mantenendo i privilegi "maturati" negli anni
.
Le soluzioni che propone Küng sono sempre le stesse e sappiamo che non porterebbero alcun giovamento alla Chiesa.

Leggo: "Il Concilio è riuscito a introdurre e integrare nella cattolicità il paradigma della riforma protestante e quello illuminista della modernità".

Ecco! Questa e' la grande tragedia della Chiesa degli ultimi decenni!
La protestantizzazione della cattolicita' ha prodotto e produce i "frutti" che vediamo sotto i nostri occhi.
La modernita'? E che cos'e'? Parafrasando Benedetto XVI: "Cio' che oggi e' modernissimo, domani sara' passatissimo".
La categoria della modernita' non ha senso nella fede che diffonde il Vangelo di Cristo
.

Per concludere, non sono d'accordo con il giudizio di Küng sui Pontefici, ma questa e' una mia opinione personale...
R.

7 commenti:

mariateresa ha detto...

Hai ragione : sono sempre le solite cose.Mai capirò perchè Kung non si è fatto protestante visto che ci sono tutti gli elementi necessari.
Non è solo sulla curia romana che Kung la pensa come loro. Ricordo Von Balthasar che di Kung diceva che ormai pensava che Gesù fosse solo un rabbino molto dotato.
Ma dall'intervista non si capisce.
I protestanti, Kung dice, hanno altri problemi. Sarei molto curiosa si dicesse quali, visto che solo la Chiesa cattolica secondo certi commentatori ne ha.
Ma forse conviene restarci dentro a questa chiesa, come teologo trasgressivo coccolato dai media, piuttosto che diventare un'oscuro pastore protestante.
Sapete che spesso sbaglio la dose di limone e dopo divento acida.

mariateresa ha detto...

ho scritto" un oscuro " con l'apostrofo. Che vergogna. Mi sto rimbambendo.

Anonimo ha detto...

Kung non è più un faro, ma ha lasciato i cocci.Si vantava di controllare la quasi totalità dei professori di teologia e giornalisti e ancora si vede. Spulciando i media tedeschi, ogni settimana Der Spiegel (che fa le veci del Vangelo) attacca il papa. Riporta il libro di Maltese come oro colato, resoconta del Katholikentag solo la protesta per la preghiera del venerdì santo e afferma che Ratzinger è guidato dal diavolo. Purtroppo i vescovi tedeschi, sempre in borghese, gli reggono il moccolo, ma i lettori ci cascano di meno. Politi sembra Disneyland in confronto. Saluti, Eufemia

Raffaella ha detto...

Grazie, Eufemia.
A volte resto senza parole di fronte al lassismo di una parte dei vescovi...

mariateresa ha detto...

ma perchè, Eufemia, Der Spiegel crede nel diavolo?(che influenzerebbe il papa).

Anonimo ha detto...

Veramente Schwabe, il giornalista dello Spiegel, riporta lo sconcerto degli iperprogressisti organizzatori del Katholikentag, che appunto credono il papa posseduto dal diavolo, come diceva anche Lutero. Comunque mi sembra sia più facile credere nell'astrologia e nel diavolo che in Dio, vedi questa notizia Ansa
SETTE SATANICHE: VIGNA, FENOMENO IN AMPIA ESPANSIONE

(ANSA) - FIRENZE, 11 GIU - ''Quello delle sette e' un
fenomeno in ampia espansione, non solo in Italia, ma anche in
altri Paesi, come l'America''. Lo ha detto Piero Luigi Vigna, ex
procuratore antimafia, rispondendo ai cronisti a margine della
presentazione a Firenze, nella sede della Regione Toscana,
dell'edizione 2008 dei campi di lavoro contro la mafia in
Sicilia, Calabria e Puglia.
''E' un fenomeno da tenere sotto la massima attenzione - ha
aggiunto Vigna -. L'espansione e' probabilmente causata dal
fatto che e' venuta meno la fede in certe entita' fisse e si
cerca quindi di supplirla con il ricorso a queste forme di
stregoneria. Nel nostro Paese, basta ricordare il caso di Monza,
ne abbiamo avuto una prova consistente con omicidi commessi da
questi giovanotti''.
''Nella mia vita - ha concluso Vigna - ne ho viste tante: di
sette sataniche se ne parlo' anche nelle indagini del Mostro, ma
non erano sette sataniche''. (ANSA).
Saluti, Eufemia

Anonimo ha detto...

Hai ragione, Raffaella, Kung non si sposta di un millimetro dalle sue convinzioni. Ma meno male che riconosce invece a Papa Benedetto capacità di grandi aperture. Sono d'accordo inoltre sull'inconsistenza del concetto di "modernità", sbandierando il quale, dopo il Concilio, sono stati minati i fondamenti della Chiesa. Sulla frase di KUNG a proposito della CDF che "brucia psicologicamente " i dissidenti mi viene solo da sorridere...Ciao