8 giugno 2008

Intervista con il cardinale Antonelli nominato dal Papa nuovo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia (Radio Vaticana)


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Intervista con il cardinale Antonelli nominato dal Papa nuovo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

Il Papa ha nominato oggi nuovo presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia il cardinale Ennio Antonelli, finora arcivescovo di Firenze. Il porporato succede al cardinale Alfonso López Trujillo, scomparso il 19 aprile scorso. Il cardinale Antonelli è nato a Todi, in provincia di Perugia, 71 anni fa. Laureato in lettere classiche ha insegnato al Liceo per alcuni anni Lettere e Storia dell'arte. E’ stato assistente ecclesiastico dell'Associazione Maestri Cattolici, del Movimento Maestri di Azione Cattolica e del Gruppo Laureati di Azione Cattolica. Prima di arrivare a Firenze ha guidato le diocesi di Gubbio e Perugia ed è stato segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Nel 2003 Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale. Ma come ha accolto questa nomina? Ascoltiamo il cardinale Ennio Antonelli al microfono di Sergio Centofanti:

R. – Innanzitutto, con un atteggiamento di gratitudine verso il Santo Padre per la fiducia che mi ha accordato; poi, con senso di grande responsabilità per l’importanza decisiva che la famiglia ha per la Chiesa e per la società civile. La famiglia, oggi, è una realtà altamente apprezzata come ideale, anche dai giovani, in Europa, vedevo in recenti indagini. Ma anche, però – tutti ce ne rendiamo conto – è gravemente minacciata e in crisi. Quindi, indubbiamente, mi fa sentire una grande responsabilità, e mi affido alla benevolenza del Santo Padre ma soprattutto alla grazia del Signore per poter svolgere bene questo servizio alla famiglia e alla Chiesa.

D. – La famiglia appare talora sotto attacco. Quali le sfide principali?

R. – Direi l’unità, la stabilità del matrimonio e anche la stessa fecondità della coppia. Noi sappiamo come il calo demografico in alcuni Paesi, soprattutto in Europa, metta a rischio il futuro, l’avvenire stesso dei nostri popoli, a cominciare anche dal popolo italiano.

D. – Perché si fa così difficoltà, in concreto, a riconoscere l’importanza della famiglia?

R. – Perché l’amore vero, l’amore inteso come dono di sé, come accoglienza dell’altro nella propria vita, l’amore inteso quindi come unità profonda, richiede anche una vittoria su se stessi, una vittoria sulle proprie inclinazioni spontanee. Bisogna imparare a dominare le proprie inclinazioni e la ricerca dell’interesse, dell’utile, del piacere immediato. E questo è difficile. Già, quindi, c’è una debolezza interiore, una fragilità nelle persone e poi, nella società, nell’ambiente c’è una cultura non favorevole alla famiglia e ci sono anche degli interessi che remano contro la famiglia. La stessa organizzazione di molti aspetti della società non favorisce certo la famiglia. C’è però anche una presa di coscienza dell’importanza della famiglia: è molto forte in molti ambiti culturali anche non direttamente cattolici. Mi pare che convivono, queste due realtà, queste due impostazioni: da una parte si riconosce che se la famiglia va in crisi rischia grosso anche la società, la compattezza, la solidità della società, anche i grandi valori umani, e dall’altra però ci sono anche degli interessi, delle forme culturali e anche dinamiche economiche e sociali che non sono favorevoli alla famiglia.

D. – La Chiesa dice tanti “sì” sulla famiglia, sulla vita ma a volte sono interpretati come “no”, come divieti: perché?

R. – Sì: ecco, qui direi che bisogna insistere molto anche nel linguaggio e presentare la proposta evangelica positiva sulla famiglia, i grandi valori, la bellezza della famiglia cristiana e anche autenticamente umana.

Bisogna far risaltare soprattutto il positivo. Poi, è chiaro che questo positivo richiede delle scelte e le scelte comportano anche dei “no”. Ma dietro, prima e più dei “no”, conta il “sì”, il grande “sì” alla vita, il grande “sì” alla dignità della persona, il grande “sì” alla comunione tra le persone che trova nella famiglia una sua attuazione basilare e, direi, emblematica.

D. – Lei succede al cardinale Trujillo. Un ricordo del porporato colombiano:

R. – Io ho conosciuto il cardinale Trujillo anche da vicino: ho visto in lui una grande passione per la famiglia e ho visto in lui anche un grande impegno concreto, attivo a favore della famiglia. E il coraggio, anche: il coraggio di non temere l’impopolarità con certe prese di posizione.

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