17 giugno 2008

Il Papa: Brindisi, porta della speranza (Muolo)


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Il Papa: Brindisi, porta della speranza

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Benedetto XVI ha preso spunto dalla storia della città per guardare alle sfide della concordia fra i popoli ma anche all’annuncio della fede e alla difesa dei valori contro «le tempeste che li minacciano» Il Vangelo, ha affermato il Pontefice, «contiene una enorme potenzialità di rinnovamento», anche della vita sociale. All’Angelus un forte invito alle ragioni della riconciliazione fra le nazioni

DAL NOSTRO INVIATO A BRINDISI

MIMMO MUOLO

«Brindisi, che bel porto».
Fondendo paesaggio e metafora, Benedetto XVI rilancia non solo per la città, ma per l’Europa, il Medio Oriente e per tutti i popoli «che fanno corona a questo mare, antica culla di civiltà», il messaggio che ha caratterizzato il suo secondo viaggio in Puglia. Già vi aveva accennato sabato sera a Santa Maria di Leuca.
Nella domenica trascorsa nel capoluogo brindisino ribadisce la vocazione di una terra protesa verso est. Essere un ponte lanciato nel Mediterraneo. Da qui, dunque, possono partire concreti progetti di pace, di ecumenismo e di cooperazione internazionale, lasciando da parte l’indifferenza che «reca danno». Da qui inoltre può ripartire l’annuncio della fede e la difesa dei valori contro «le tempeste che li minacciano». Perché il Vangelo, sottolinea il Pontefice, «contiene un’enorme potenzialità di rinnovamento». Anche sotto il profilo sociale. La metafora del porto la ricorda innanzitutto l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni Rocco Talucci, nel suo saluto all’inizio della Messa. Furono proprio le parole di Benedetto XVI – «Brindisi, che bel porto» – ad accoglierlo nello studio privato del Pontefice, durante la visita ad limina. Ora che lo stesso Papa Ratzinger si trova praticamente al centro dello scalo marittimo brindisino, attorniato da 60-70mila fedeli, che hanno sfidato caldo e distanze (la banchina Sant’Apollinare, dove si celebra la Messa, si trova infatti a sei chilometri dal centro, gran parte dei quali coperti a piedi) è naturale che faccia ricorso alla metafora del porto, per chiarire il proprio pensiero. Al momento dell’Angelus, infatti, il Pontefice sottolinea: «Ogni porto parla di accoglienza, di riparo, di sicurezza. Ma parla anche di partenze, di progetti e aspirazioni, di futuro». Perciò dal porto di Brindisi, che ospita anche una base dell’Onu per gli aiuti umanitari, il Pontefice ribadisce ciò che già aveva detto durante la visita al Palazzo di Vetro. «L’azione della comunità internazionale non deve mai essere interpretata come un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità.
Al contrario, è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano danno reale».
Bisogna cercare, aggiunge Benedetto XVI, modi più efficaci «di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione».
Di qui anche il suo affidamento a Maria, «porto di salvezza per ogni uomo e per l’intera umanità». «La sua materna protezione difenda sempre questa vostra città e regione, l’Italia, l’Europa e il Mondo intero dalle tempeste che minacciano la fede e i veri valori; permetta alle nuove generazioni di prendere il largo senza paura per affrontare con cristiana speranza il viaggio della vita». Siamo in pratica al culmine della visita. I cui diversi momenti appaiono collegati come tessere di un unico mosaico. Benedetto XVI, prima di recarsi alla banchina Sant’Apollinare aveva incontrato in episcopio le monache di clausura Benedettine e Carmelitane. Poi, salito, sulla papamobile aveva costeggiato i canali del grande scalo commerciale per raggiungere il bianco palco dove era stato posto l’altare della Messa e aveva salutato la folla festante. Ad attenderlo c’era anche il metropolita Gennadios (in rappresentanza del patriarcato di Costantinopoli) e salutandolo il Papa aveva invitato a pregare per la piena unità di tutti i cristiani. Quindi nell’omelia (che Avvenire pubblica integralmente) aveva sottolineato la necessità di essere Chiesa in missione (l’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, infatti, sta celebrando il proprio Sinodo). «Santità e missionarietà costituiscono due facce della stessa medaglia». Ma non bisogna aspettare di diventare santi per essere missionari.
Anche «i dodici Apostoli – aveva rimarcato – non erano uomini perfetti». Gesù, dunque, «non li chiamò perché erano già santi, completi, perfetti, ma affinché lo diventassero». E la regola vale pure i cristiani di oggi. Piuttosto lo stile della missione deve essere la «compassione cristiana», che però «non ha niente a che vedere col pietismo, con l’assistenzialismo», ma «è sinonimo di solidarietà e di condivisione, ed è animata dalla speranza».
È un Benedetto XVI contento quello che rientra in episcopio per il pranzo con i vescovi della Conferenza episcopale pugliese guidati dal presidente, l’arcivescovo di Bari-Bitonto Francesco Cacucci. L’accoglienza ricevuta e l’affetto della gente lo hanno riempito di gioia. La benedizione che, sulla via per l’aeroporto, imparte nel pomeriggio al Seminario di Brindisi si estende idealmente a tutta la Puglia. Terra missionaria per vocazione.

© Copyright Avvenire, 17 giugno 2008

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