27 maggio 2008

Nota della Commissione dottrinale dei vescovi di Francia sul dialogo fra cattolici e musulmani: "Credere in modo diverso ma riconoscersi in Dio" (OR)


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Nota della Commissione dottrinale dei vescovi di Francia sul dialogo fra cattolici e musulmani

Credere in modo diverso ma riconoscersi in Dio

Parigi, 26. "Come parlano di Dio cristiani e musulmani?": se lo chiede la Conferenza dei vescovi di Francia che ha pubblicato una nota della Commissione dottrinale con la quale si intende dar seguito al dibattito avviato nel novembre scorso a Lourdes, durante l'assemblea plenaria, con il dossier "Cattolici e musulmani nella Francia di oggi". La nota, dunque, come ulteriore punto d'appoggio per rafforzare il dialogo fra le due comunità. "Prima di tutto - si legge nel documento firmato dall'arcivescovo di Albi, Pierre-Marie Carré, presidente della Commissione dottrinale - un aspetto s'impone: il cristianesimo e l'islam sono religioni monoteistiche. Il credo cristiano comincia con le parole "Credo in un solo Dio" e i musulmani dicono "Nessun altro dio oltre a Dio" (Allah). E la dichiarazione del Concilio Vaticano ii sulle religioni non cristiane dichiara che "la Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini" (Nostra aetate, n. 3)".
È innanzitutto opportuno precisare da quale punto di vista parliamo di Dio. Se si tratta - dice Carré - "del Dio con il quale la creatura umana è in rapporto mediante l'atto di fede, la preghiera, il desiderio di compiere la sua volontà, di compiacerlo e di amarlo (il che è vero nella corrente mistica dell'islam), in quanto entità eterna, creatrice, benevola, allora il cristianesimo e l'islam possono riconoscersi senza troppa difficoltà. Parimenti, un approccio metafisico rivela numerose similitudini. Tuttavia - aggiunge l'arcivescovo - una convergenza così evidente, sottolineata dalla scelta dei qualificativi utilizzati dal Concilio, non può lasciare nell'ombra differenze e persino opposizioni radicali. Il modo in cui i cristiani e i musulmani parlano di Dio è molto diverso".
Ecco perché - sottolinea la nota - "conviene approfondire la questione individuando con cura i punti di forza per un vero dialogo".
Nella Lumen gentium si legge che "il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale" (n. 16). Questa frase del Concilio Vaticano ii, spiega la Commissione dottrinale, "utilizza l'espressione "adorano con noi", il che mostra un rapporto reale fra i credenti rivolti insieme verso il Dio Creatore. I punti comuni sono sottolineati in questa citazione anche quando indica una serie di caratteristiche nelle quali cristiani e musulmani possono ritrovarsi".
La percezione del mistero di Dio non è però la stessa. Per i cristiani l'incarnazione del Figlio di Dio ha trasformato la realtà: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Giovanni 1, 18). Secondo i vescovi francesi, "il dialogo teologico su Dio si costruisce in un clima dove ci si abbandona personalmente nella propria intimità. Richiede comprensione fra gli interlocutori, ma allo stesso tempo esige una reale chiarezza dell'identità della fede cristiana. Ciò che Cristo ci ha fatto conoscere di Dio è di un'eccezionale ricchezza - si legge nella nota - contemplare la Trinità e parlarne significa mostrare come essa sia la fonte della nostra vita spirituale e del nostro modo di comportarci".
Carré ricorda il discorso rivolto da Giovanni Paolo ii ai giovani musulmani, il 19 agosto 1985 a Casablanca: "Credo che noi, cristiani e musulmani, dobbiamo riconoscere con gioia i valori religiosi che abbiamo in comune e renderne grazie a Dio. Gli uni e gli altri crediamo in un Dio, il Dio unico, che è pienezza di giustizia e pienezza di misericordia; noi crediamo all'importanza della preghiera, del digiuno e dell'elemosina, della penitenza e del perdono; noi crediamo che Dio ci sarà giudice misericordioso alla fine dei tempi e noi speriamo che dopo la risurrezione egli sarà soddisfatto di noi e noi sappiamo che saremo soddisfatti di lui. La lealtà esige pure che riconosciamo e rispettiamo le nostre differenze, ... differenze importanti, che noi possiamo accettare con umiltà e rispetto, in una mutua tolleranza".
La nota si chiude ricordando che anche Benedetto xvi, nel suo recente viaggio apostolico in Turchia, è tornato sull'argomento citando Papa Gregorio vii, il quale "parlò della speciale carità che cristiani e musulmani si devono reciprocamente, poiché "noi crediamo e confessiamo un solo Dio, anche se in modo diverso, ogni giorno lo lodiamo e veneriamo come Creatore dei secoli e governatore di questo mondo"".

(©L'Osservatore Romano - 26-27 maggio 2008)

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