30 maggio 2008

Nomine in predicato. Ma l’ultima parola è sempre del Papa (Magister)


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Nomine in predicato. Ma l’ultima parola è sempre del papa

Dando udienza ai vescovi italiani riuniti a Roma in assemblea plenaria, giovedì 29 maggio Benedetto XVI ha tributato un plauso convinto al nuovo assetto politico uscito dalle elezioni del 13-14 aprile, a suo giudizio “più fiducioso e più costruttivo” rispetto al quadro precedente:

“Cari fratelli vescovi italiani, nella propria situazione complessiva l’Italia ha bisogno di uscire da un periodo difficile, nel quale è sembrato affievolirsi il dinamismo economico e sociale, è diminuita la fiducia nel futuro ed è cresciuto invece il senso di insicurezza per le condizioni di povertà di tante famiglie, con la conseguente tendenza di ciascuno a rinchiudersi nel proprio particolare. È proprio per la consapevolezza di questo contesto che avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della nazione. E ciò che conforta è che tale percezione sembra allargarsi al sentire popolare, al territorio e alle categorie sociali. È diffuso infatti il desiderio di riprendere il cammino, di affrontare e risolvere insieme almeno i problemi più urgenti e più gravi, di dare avvio a una nuova stagione di crescita economica ma anche civile e morale. Evidentemente questo clima ha bisogno di consolidarsi e potrebbe presto svanire, se non trovasse riscontro in qualche risultato concreto. Rappresenta però già di per sé una risorsa preziosa, che è compito di ciascuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, salvaguardare e rafforzare”.

Intanto, su “L’espresso” n. 22 del 2008, in edicola da stamane, è uscito il seguente articolo, sulle nomine che si profilano nella CEI e in Vaticano:

*

A 77 anni compiuti il cardinale Camillo Ruini lascia, ma non troppo. Nella conferenza episcopale italiana non è più il presidente supremo, ma manterrà per cinque anni un’altra presidenza non da poco, creata su misura per lui: quella del comitato per il progetto culturale. Quanto alla carica di vicario del papa per la diocesi di Roma, entro la fine di giugno il trasloco sarà cosa fatta. Ruini si ritirerà all’ultimo piano del seminario romano minore, sulla cima del Colle Vaticano, con vista mozzafiato sulla cupola di San Pietro. Non indugerà un giorno a liberare cattedra, casa e ufficio nel Laterano, per il suo successore. E così si dedicherà per intero a ciò che gli è sempre piaciuto. A studiare non per sé ma per tutti. A scrivere libri, a tenere conferenze e lezioni. Da maestro riconosciuto – e temuto – di teologia, di filosofia, di arte politica.

Come vicario del papa, è candidato a succedergli un cardinale di nessuna notorietà, Agostino Vallini, 68 anni, da quattro anni in Vaticano come prefetto del supremo tribunale della segnatura apostolica, qualcosa di simile a una corte di cassazione e a un consiglio di Stato.

Vallini è di famiglia modesta come quasi tutti gli alti dirigenti della Chiesa cattolica, figlio di un maresciallo dei carabinieri toscano mandato in missione a Napoli nel turbolento quartiere di Barra. È dottore “in utroque iure” ed è stato per anni professore di diritto canonico. Ma non si è mai rinchiuso tra codici e scartoffie. Nel 1989 divenne vescovo ausiliare di Napoli. Fu lui ad organizzare un memorabile tour di Giovanni Paolo II, con tappa trionfale nella malfamata Scampia. “È lì che ho imparato a fare il vescovo”, dice. Nel 1999 papa Karol Wojtyla lo promosse ad Albano, una diocesi di mezzo milione di abitanti, con territorio esteso dai Castelli Romani al mare. Nella conferenza episcopale italiana lo misero alla guida del comitato per gli enti e i beni ecclesiastici. Poi arrivò la chiamata in Vaticano.
E la porpora. Nell’ultima delle sue rarissime interviste, due anni fa, disse che la sua visione del Concilio Vaticano II e della Chiesa coincide in tutto con quella di Benedetto XVI: “non discontinuità e rottura” tra prima e dopo il Concilio, “ma ermeneutica della riforma”, cioè innovazione nella continuità.

Come vicario farà l’una e l’altra cosa. Obbedientissimo a Joseph Ratzinger, il papa della Grande Tradizione. E nello stesso tempo innovatore.

Non replicherà il modello rappresentato da Ruini. Non sarà un leader nazionale, ma un pastore che semplicemente si prenderà cura del gregge a lui affidato, il popolo di Roma e basta. A Ruini Giovanni Paolo II delegò la cura dell’Italia intera. Benedetto XVI preferisce tenere per sé questo compito, nelle grandi linee. Per il lavoro più pratico e materiale c’è poi il suo segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone.

Bertone ritiene un suo successo la nomina di Vallini a vicario. Con uno così al posto di Ruini, il segretario di Stato non avrà più a Roma un concorrente che gli faccia ombra. La guida della Chiesa italiana nell’arena politica sarà – spera – solo sua, come s’era ripromesso di ottenere due inverni fa al momento del cambio al vertice della CEI: e l’aveva messo nero su bianco, in una lettera ai vescovi.

Nella conferenza episcopale italiana resta ancora al suo posto il segretario generale, il vescovo Giuseppe Betori, ruiniano di ferro. Ma anche qui Bertone conta di fare piazza pulita. Per Betori è pronta la promozione a una sede importante, di quelle cardinalizie: non più Roma, naturalmente, su cui qualche speranza era stata riposta, subito stroncata da Bertone, ma probabilmente Firenze, da cui l’attuale titolare, il cardinale Ennio Antonelli, dovrebbe migrare in Vaticano, come presidente del pontificio consiglio per la famiglia, al posto del defunto cardinale Alfonso Lopez Trujillo.

Alla CEI, come nuovo segretario generale, Bertone vedrebbe volentieri l’attuale vescovo di Ivrea, Arrigo Miglio, suo sodale e conterraneo, nato come lui nel Canavese. [Di questa candidatura le quotazioni sono in calo, mentre salgono quelle di Franco Giulio Brambilla, già preside della facoltà teologica di Milano e vescovo ausiliare dell’arcidiocesi lombarda]. Ma non è per nulla scontato che i vescovi italiani intendano sottomettersi al segretario di Stato vaticano. Angelo Bagnasco, il cardinale presidente che ha preso il posto di Ruini, qualche delusione a Bertone l’ha già data. Le sue trimestrali prolusioni alla CEI dettano la linea, in materia politica, molto più che le battute episodiche del segretario di Stato.

L’ultima prolusione di Bagnasco, lunedì 26 maggio, ha tra l’altro colpito per il suo silenzio, senza rimpianti, sulla scomparsa di una presenza organica dei cattolici nel parlamento italiano. Ad alcuni vescovi e al cardinale Bertone, in effetti, dispiace parecchio che nel PD i cattolici e gli ex democristiani siano nell’angolo, e che a destra Silvio Berlusconi si sia sbarazzato in malo modo dell’UDC. Quest’ultima mossa, in campagna elettorale, aveva fatto correre in soccorso del partito di Pierferdinando Casini nientemeno che il direttore di “Avvenire”, Dino Boffo. Poi però era giunta una prolusione di Bagnasco a ripristinare l’equidistanza e a tirar fuori la Chiesa dalla mischia. Il premio è arrivato senza colpo ferire.

Il giorno delle elezioni, la maggior parte degli elettori cattolici ha dato il suo voto al PDL, con uno spostamento a destra molto più marcato che in passato.

E nel nuovo governo i cattolici abbondano, a dispetto delle apparenze. Sono cattolici anonimi, senza le bandiere delle associazioni confessionali, ma la sostanza è che sui temi dirimenti, famiglia, aborto, eutanasia, i propositi del nuovo governo non allarmano ma tranquillizzano la Chiesa.

Berlusconi ha definitivamente laicizzato la politica italiana, mentre sul versante progressista, senza più Romano Prodi, ai cattolici doc e agli ex democristiani non resta che fare gli indipendenti di sinistra. È questa la diagnosi di una fonte non sospetta: il quindicinale bolognese “Il Regno”, vicinissimo a Prodi e più ancora ad Arturo Parisi, ex ministro della difesa ma anche, da professore di sociologia, acuto analista del cattolicesimo politico italiano.

La CEI, insomma, non è facile terra di conquista per il cardinale segretario di Stato. Ruini è sempre lì e Betori non è affatto in declino, specie ora che ha condotto in porto l’impresa collettiva di una nuova traduzione italiana della Bibbia che ambisce a entrare nella storia come la migliore di sempre.

Più che con l’Italia, Bertone si trova a suo agio col resto del mondo. Negli ultimi dodici mesi ha inanellato otto viaggi, per complessivi quaranta giorni, in paesi come Cuba e il Perù, l’Azerbaigian e l’Armenia, l’Argentina e l’Ucraina. Incontrando capi di stato e vescovi, imam e rabbini. Con decine e decine di discorsi. Come un papa. Di ritorno da Cuba ha detto a “L’Osservatore Romano”: “Era impressionante e commovente vedere le file di gente, di bambini, di adulti, di famiglie sulle strade dove passava il corteo con il segretario di stato. Salutavano e battevano le mani. Gridavano: Viva il papa”.

La “longa manus” di Bertone agisce anche nelle nomine. È salesiano, e da quando è divenuto segretario di stato le promozioni dei salesiani hanno avuto un’impennata in tutto il mondo. In Vaticano, un salesiano che si appresta a salire di grado è l’attuale numero due della congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo Angelo Amato. Anche Bertone viene da lì. Per anni, prima lui e poi Amato hanno lavorato fianco a fianco con l’allora prefetto della congregazione, Joseph Ratzinger. Ora Amato è in predicato per divenire prefetto della congregazione per il culto divino, al posto del cardinale nigeriano Francis Arinze che lascia per età.

E chi prenderà il posto di Amato alla dottrina della fede? Il vescovo Rino Fisichella, attuale rettore della Pontificia Università del Laterano. Bertone non l’ha voluto come nuovo vicario di Roma, ma ora se lo ritrova in casa. E sa che è tipo di polso, tutt’altro che remissivo. Fisichella è stato il confidente spirituale dell’ultima Oriana Fallaci e ha condotto al battesimo Magdi Allam. Non ama cedere il passo. Proprio come l’esuberante segretario di Stato.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Non impazzisco per l'esuberante (e mondano) segretario di stato :-)
Alessia