31 maggio 2008

Il cardinale Bagnasco: «Laicità, valore anche per la Chiesa» (Muolo)


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I VESCOVI E IL PAESE

«Laicità, valore anche per la Chiesa»

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DA ROMA MIMMO MUOLO

Non c’è ingerenza quando la Chiesa e i vescovi intervengono su temi sociali e politici. Prima di tutto perché si tratta di «interventi sul piano dei principi». E poi perché «la laicità dello Stato è un valore anche per la Chiesa». Dunque «né l’altare deve mettersi a servizio del trono, né deve accadere il contrario». Il cardinale Angelo Bagnasco spiega così il senso dei pronunciamenti che anche in questi giorni hanno avuto largo risalto sui mass media. E durante la conferenza stampa che, come è consuetudine, segue la chiusura dei lavori dell’Assemblea generale dell’episcopato italiano, egli stesso non si sottrae alle domande. In tal modo il presidente della Cei tocca diversi aspetti dell’attualità: dall’immigrazione alla scuola cattolica, dalla presenza dei credenti in politica alle attese nei confronti del governo e del Parlamento, dall’otto per mille all’emergenza educativa. Sempre argomentando con pacatezza il contributo che la comunità ecclesiale intende portare al dibattito pubblico.
Sulla laicità dello Stato, per esempio, il porporato ricorda che «le parole di Gesù 'date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio' indicano chiaramente quale sia la prospettiva cui la Chiesa si deve ispirare. Si tratta di una visione di assoluta laicità – sottolinea –. E come Vescovi stiamo tutti sempre molto attenti ad intervenire sul piano dei principi, perché la Chiesa ha come suo compito fondamentale quello di essere 'sale' e 'lievito' della storia, e anche di essere 'luce' e 'città sul monte'». Alla domanda, poi, se non vi sia il rischio di trasformare la fede cristiana in una semplice «religione civile», il presidente della Cei risponde di no. «Nel nostro Paese non esiste il pericolo di un utilizzo strumentale della religione. La religiosità ha sempre una ricaduta sul piano sociale, ma questo non significa che l’altare debba mettersi al servizio del trono, o viceversa». Di qui anche un appello ai mass media a «dare una corretta informazione di quanto la Chiesa e i vescovi dicono.
Un’informazione serena, obiettiva, il più possibile completa». Diversi poi i quesiti sulla nuova stagione politica italiana. Bagnasco, che non ha per il momento in agenda un incontro con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (il quale il prossimo 6 giugno sarà ricevuto dal Papa), esprime innanzitutto un auspicio di carattere generale. «Se la presenza di umanesimi diversi nel dibattito pubblico, ad esempio un umanesimo personalista e relazionale accanto a uno più individualista, animano il dibattito culturale, noi ci auguriamo che il Parlamento si ispiri ai valori di solidarietà, fraternità e di un costruttivo spirito per affrontare i grandi problemi del Paese, al di sopra di interessi individuali o di parte». Ciò vale ad esempio in relazione a problemi specifici come quelli dell’immigrazione. «Piuttosto che di tolleranza preferisco parlare di rispetto, di accoglienza», sottolinea il presidente della Cei.
Un’accoglienza che va accompagnata, aggiunge il porporato, da «quello sforzo educativo, non disgiunto dalla legalità, che tutti dobbiamo compiere per creare una convivenza sempre più degna dell’uomo e, per noi cristiani, nel segno del Vangelo». In risposta a chi gli chiede un parere sull’eventuale reato di immigrazione clandestina, l’arcivescovo di Genova fa notare: «Tutti noi speriamo che qualunque provvedimento il Parlamento prenderà faccia salvo il duplice orientamento della giusta sicurezza dei cittadini e della tradizione di accoglienza che caratterizza non solo la comunità cristiana, ma la storia del nostro popolo». Infine, conclude sull’argomento, «ciò che dev’essere temporaneo (chiaro il riferimento ai Cpt, ndr) non diventi troppo prolungato, e tanto meno permanente». Il principio del personalismo, del resto, vale anche in rapporto alla scuola. «I ripetuti appelli del Papa e dei Vescovi per il sostegno della scuola cattolica – ricorda – fanno riferimento al valore della libertà educativa dei genitori, un dato che attiene al loro diritto naturale di dare ai propri figli l’educazione che reputano più adeguata». E questo è anche «l’auspicio che abbiamo formulato in questi giorni: cioè che i genitori possano avere questa libertà concreta, usufruendo di sostegni, anche istituzionali, rivolti alle scuole non statali». Tali scuole, infatti, «appartengono a pieno titolo alla scuola pubblica, che è fatta di scuole statali da un lato e di scuole parificate dall’altro». Secondo Bagnasco «occorre sempre ricordare che le scuole paritarie così come quelle statali svolgono un servizio, appunto, di tipo pubblico e pertanto parlare di scuole private non è una dizione corretta». «Su questo e altri temi di tipo sociale – rileva poi il cardinale, rispondendo a una domanda specifica – la Chiesa non fa ingerenza, ma semplicemente propone un richiamo ai valori di fondo in temi di fede e di etica». Qualcuno chiede anche al presidente della Cei, se non giudichi troppo esigua, e comunque notevolmente ridotta rispetto al passato, la presenza dei cattolici nel governo. «I cattolici in Italia – risponde il porporato – non sono soltanto quelli espressi da organizzazioni religiose, parrocchie, associazioni e movimenti. E quindi non necessariamente, nel campo politico, bisogna considerare come cattolici quelli che militano all’interno di organizzazioni etichettate». Perciò, «come vescovi noi siamo chiamati a guardare anche alla presenza dei credenti in quanto singoli nelle più diverse realtà e situazioni. Nello specifico del campo politico guardiamo i frutti, auspicando che quelli buoni vengano da qualsiasi parte e non soltanto da parte cattolica». Intanto i vescovi italiani sono contenti «sia per la partecipazione al voto, sia per il nuovo clima di dialogo tra le forze politiche instauratosi dopo le elezioni».
Non manca infine una domanda sullo scandalo delle mense a Genova. «Il millantato credito esiste da sempre e purtroppo esisterà sempre – è il commento dell’arcivescovo di Genova –. Bisogna stare attenti a quel che si dice, o a quel che si scrive perché si può far male alle persone».

© Copyright Avvenire, 31 maggio 2008

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