26 marzo 2008

L'ambasciatore USA: "Vaticano e USA concordi nella difesa dei diritti umani e contro la strumentalizzazione politica della religione" (Radio Vaticana)


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L'ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon: Vaticano e USA concordi nella difesa dei diritti umani e contro la strumentalizzazione politica della religione

Per lunghi anni presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, dove la volle Giovanni Paolo II nel 1994, dal 5 novembre 2007 Mary Ann Glendon è il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede ed è stata ricevuta da Benedetto XVI per la consegna delle lettere credenziali lo scorso 28 febbraio. Originaria di Pittsfield, nel Massachussets, dove è nata 69 anni fa, Mary Ann Glendon vive con grande attesa la prossima tappa apostolica internazionale che porterà Benedetto XVI negli Stati Uniti, dal 15 al 21 aprile. Charles Collins, della redazione inglese della nostra emittente, ha domandato a Mary Ann Glendon quale influenza abbia avuto la sua precedente esperienza in Vaticano sul suo incarico attuale:

R. - Most of the work that I did for the Holy See over the past several years ...

La maggior parte del lavoro che ho svolto per la Santa Sede, nel corso degli ultimi anni, l’ho svolto in funzione accademica: le mie capacità di lavoro e di ricerca sono state concentrate in ambiti di importanza centrale negli interessi comuni di Stati Uniti e Santa Sede, in particolare nel campo dei diritti umani. Per me, dunque, il cambiamento sostanziale consiste nel passare da un lavoro prevalentemente accademico ad un ruolo più pubblico e politico.

D. - L’inizio del suo nuovo incarico è avvenuto “in corsa”, se si considera che il mese prossimo il Papa si recherà in visita negli Stati Uniti. A che punto sono i preparativi per questo viaggio apostolico?

R. - The planning for the visit is largely in the hands of the Holy See, on this end, …

La preparazione della visita è, in gran parte, nelle mani della Santa Sede - da questa parte dell’Oceano - mentre dall’altra parte è nelle mani della Conferenza episcopale statunitense. Per quanto mi è dato sapere, i preparativi sono a buon punto e l’attesa per la visita è forte, da entrambe le parti.

D. - A livello politico, Benedetto XVI incontrerà il presidente George W. Bush alla Casa Bianca. Ci può dire qualcosa di più su questo incontro?

R. - The announcement from the White House is interesting: it is a very short ...

L’annuncio dato dalla Casa Bianca è molto interessante: è molto breve, ma le parole usate sono significative. In esso si dice che il Papa e il presidente “continueranno il dialogo che avevano iniziato in merito al ruolo della fede e della ragione, in funzione degli scopi comuni che si sono prefissati di raggiungere”. Credo sia importante, perché la parola “continuare” fa riferimento al fatto che, evidentemente, l’ultima volta che si sono incontrati hanno avviato un rapporto personale. Dopo quel colloquio, entrambi hanno affermato di avere gradito la conversazione e la compagnia l’uno dell’altro e penso, quindi, che abbiano una base sulla quale poter proseguire. Ed è interessante anche il fatto che l’annuncio abbia ripreso il tema di “fede e ragione” che è un punto centrale di questo Pontificato. Inoltre - laddove l’annuncio continua accennando agli scopi in comune - sottolinea gli interessi comuni nella promozione della tolleranza e della comprensione tra culture e religioni, parla della promozione della pace in Medio Oriente e in altre aree di conflitto, parla del sostegno ai diritti umani, specialmente alla libertà religiosa.

D. - Abbiamo appena ricordato il quinto anniversario dell’invasione dell’Iraq, guidata dagli Stati Uniti. Il Santo Padre ha voluto richiamare l’attenzione sulle sofferenze dei cristiani e di altre comunità religiose minoritarie nel Paese. Il mese scorso è stato assassinato l’arcivescovo di Mosul, mons. Paul Faraj Rahho, e questo è stato l’ultimo di una serie di attacchi alla comunità cristiana nel Paese. Cosa stanno facendo gli Stati Uniti per tutelare le minoranze religiose in Iraq?

R. - As you know, both the president and the Holy Father issued statements ...

Come lei sa, sia il presidente degli Stati Uniti sia il Santo Padre hanno reso delle dichiarazioni dopo l’assassinio dell’arcivescovo: dichiarazioni che vanno fortemente nella stessa direzione, perché condannano la violenza, condannano il terrorismo e, in particolare, condannano la religione presa a pretesto per compiere atti di terrorismo. Ovviamente, sia per la Santa Sede sia per gli Stati Uniti, la sofferenza dei cristiani e delle altre minoranze in Iraq sono una preoccupazione centrale. Tutti e due sono impegnati a fare il possibile: ma la situazione è molto difficile quando ci sono elementi nella società determinati a vanificare questo impegno comune degli Stati Uniti e della Santa Sede. Ora, dopo un iniziale disaccordo, vi è l’impegno comune per costruire una società libera, democratica e stabile, nella quale le persone siano tutelate a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. Ritengo che si stia ottenendo qualche progresso, ma la situaizone resta molto molto difficile.

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