26 gennaio 2008

"Spe Salvi": studenti e professori a confronto. Dibattito fra Mons. Fisichella ed il filosofo Botturi (Zenit)


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"Spe Salvi": studenti e professori a confronto

Dibattito tra monsignor Fisichella e il filosofo Botturi

Di Luca Marcolivio

ROMA, venerdì, 25 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Nuova tappa ieri al Teatro Argentina per il ciclo di incontri “Una cultura per la città”, promossi dai collegi universitari di Roma, in collaborazione con la Pastorale Universitaria. La serata ha avuto quale tema “La vita eterna: alienazione o speranza? Un percorso teologico-culturale per conoscere l’enciclica Spe Salvi di Benedetto XVI”.
Sulla scia delle riflessioni del Santo Padre, alcuni studenti hanno elaborato una serie domande sui motivi profondi dell’esistenza. Il dibattito ha coinvolto, in qualità di relatori, monsignor Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense e il filosofo Francesco Botturi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il primo tema sviluppato è stato ‘il desiderio di vivere’, inteso come aspirazione concreta e presente. Traendo spunto dall’Infinito di Giacomo Leopardi, recitato per l’occasione da una studentessa, i relatori hanno riflettuto insieme agli studenti sulla dualità tra le cose terrene (“il vento odo stormir tra queste piante”) e il desiderio di eterno (“mi sovvien l’eterno”) che emerge anche nei versi del poeta di Recanati.

“Non è vero che i giovani non si interroghino mai sulla vita eterna – ha esordito monsignor Fisichella -. Ciò avviene soprattutto di fronte drammi della vita, quali possono essere, ad esempio, la morte di una persona giovane in un incidente stradale”.

“Per un cristiano – ha proseguito Fisichella – la risposta a queste inquietudini è riassumibile nelle seguenti parole: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17/3)”. Se viviamo la nostra felicità terrena alla luce di un rapporto di amore, fedeltà e comunione con Cristo, allora soddisfiamo il nostro desiderio più autentico e profondo”.

“La speranza è vivere una esistenza desiderante – ha affermato il professor Botturi –. Non si pone solo il problema di quanto c’è dopo la vita, quanto ciò che è dentro la vita stessa. La modernità, in questo senso, ha sottratto terreno a questa domanda, riducendo la speranza a progettualità storica, ovvero traslando la speranza ad un piano esclusivamente collettivo”.

“L’uomo post-moderno porta quindi con sé le cicatrici delle delusioni e dei fallimenti delle ideologie che, negando una vita eterna, hanno concentrato tutta l’attenzione all’hic et nunc. Invece la vita si compone di entrambe le dimensioni: il presente e l’eterno. È importante, per dirla con Leopardi, sia ciò che è al di qua della siepe, che ciò che è al di là della stessa”, ha aggiunto.

Il secondo tema suggerito dagli studenti ha avuto come oggetto ‘amare la vita’. “La speranza – ha affermato in proposito Botturi – è necessaria perché rientra nelle strutture del vivere. E all’uomo, diceva Tommaso d’Aquino, non è concesso di realizzare la propria felicità da solo. Proprio per questo si può affermare che l’indispensabile non può essere opera delle nostre mani, può solo esserci donato: ebbene la modernità ha completamente perduto questa prospettiva”.
Nell’analizzare il rapporto tra le tre virtù teologali, Fisichella ha fatto riferimento al pensiero dello scrittore francese Charles Peguy. “Peguy affermava – ha detto il teologo – che la speranza è la sorella minore della fede e della carità. Essa nasce con la venuta al mondo di Gesù, quindi in totale ‘anonimato’. Eppure la speranza, prendendo per mano entrambe le sue sorelle maggiori, le trascina e le fa camminare con il suo entusiasmo”.
Parlando del rapporto tra amore e speranza Fisichella ha affermato: “La speranza dà certezza alla certezza dell’amore. E l’amore o è per sempre o non è. Esso deve vivere in una dimensione che vada oltre la morte. Se non amo non posso comprendere la verità su me stesso. Inoltre l’amore non può essere tale se non è gratuito. Tentare di comprarlo o venderlo, snatura la sua identità”.
L’ultimo argomento trattato è stato la ‘dotta ignoranza’. “Più che negare la fede – ha affermato in proposito Fisichella – l’uomo contemporaneo tende a non conoscerla. Conosce tuttavia la speranza che il cristiano ha il dovere di testimoniare come speranza di fede. Essa non toglie automaticamente il male dal mondo ma ci dice che esso può essere vinto”.

“Mi piace la metafora del bambino che gioca con il mondo e i suoi simboli – ha detto Botturi nell’intervento conclusivo –. Egli rappresenta la speranza fondamento del desiderio; con il gioco manifesta di volere essere amico del mondo e a monte di ciò c’è la figura della madre che asseconda il suo gioco-speranza. Questo triangolo bambino-mondo simbolico-madre è la metafora della condizione umana”, ha poi concluso.

Al termine della serata, caratterizzata anche da brevi monologhi e performance musicali, in armonia con i temi dibattuti, il Direttore della Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, monsignor Lorenzo Leuzzi, ha salutato il pubblico in sala dando appuntamento agli studenti a sabato 1 marzo, per la VI Giornata Europea degli Universitari.

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