29 gennaio 2008

Secondo Orlando Franceschelli i laici soffrirebbero di un complesso di inferiorità rispetto ai Cattolici...


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Cari laici, basta con questo complesso di inferiorità

Orlando Franceschelli

Dei problemi di cui soffre la nostra democrazia, la carenza di laicità è da annoverare tra quelli più vicini all'epicentro della crisi. Come la stessa gerarchia cattolica ci ha ricordato anche in questi giorni successivi all'Angelus che ha raccolto folle di fedeli e di politici. Presentato come esibizione non di forza, ma di affetto per il Papa. E perciò anche come chiusura delle polemiche legate alla vicenda della Sapienza.
Ma di fatto subito utilizzato da Ruini e dal presidente della Cei Bagnasco per tornare ad attaccare le "affermazioni strampalate" e le "pressioni ideologiche" contro cui la chiesa si ergerebbe soltanto per difendere la verità e la dignità dell'uomo. Un attacco che ha suscitato sorpresa e disappunto persino in qualche prelato. Ma è stato prontamente rafforzato da quello sferrato proprio ieri dallo stesso Benedetto XVI contro i media "megafono del materialismo e del relativismo etico".
E rende ancora più allarmante quel "complesso di superiorità" che già Guido Calogero denunciava nella condotta pubblica di non pochi cattolici.
Calogero, maestro tra i più significativi del liberalsocialismo e della cultura del dialogo, faceva risalire un simile complesso alla pretesa che le ragioni dei cattolici poggino su un fondamento assoluto perché garantito dalla fede. Da qui quell'atteggiamento di superiorità assunto nei confronti di chi invece ritiene che il "principio fondamentale" di una società pluralista sia la laicità. E la "volontà di dialogo" che l'accompagna.
E tuttavia, anche i laici - o laicisti, come li chiamava Calogero - spesso favoriscono questo atteggiamento cattolico. Assumono nei suoi confronti una "posizione di modestia critica" che invece occorre "correggere radicalmente", giacché è proprio e solo il principio della laicità a possedere "quella compiuta universalità e assolutezza" che le fedi pretendono di ascrivere ognuna a se stessa.
Insomma, per dirlo nei termini oggi cari alla gerarchia: i veri valori non negoziabili delle nostre società plurali e liberali sono proprio la laicità e la capacità di confronto costruttivo. Perciò, concludeva Calogero, i laici che non sanno contrastare il complesso di superiorità dei cattolici, diminuiscono anche l'efficacia della propria battaglia ideale e politica. Assecondano un complesso che allontana dal coltivare quel senso del limite e della misura dal quale giustamente Calogero vedeva promossa e tutelata la libertà di ognuno.
Ebbene, Benedetto XVI, Ruini e Bagnasco sono intenzionati ad alimentare la versione più integralista di un simile complesso. Per loro, come anche il Papa ha ribadito proprio nel testo "densissimo e però molto chiaro" (Ruini) preparato per la Sapienza, una filosofia, un'etica e persino una scienza, insomma: una "cultura europea" che aspiri solo ad "autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni" e sia "preoccupata della sua laicità", non è una legittima protagonista delle nostre società. Un interlocutore portatore di ragioni e valori con cui anche i cattolici devono imparare laicamente a confrontarsi.
Al contrario: la cultura moderna criticamente emancipata dalla tradizione teologica, sarebbe frutto soltanto di mancanza di coraggio di fronte alla verità. E destinata a frantumarsi sugli scogli di un relativismo nichilistico e antiumano.
Una versione appunto minacciosamente neointegralista del complesso di superiorità cattolico, che così può assumere addirittura il volto di una solitaria difesa della dignità umana.
E perciò va contrastato apertamente proprio da chi è consapevole, come ha scritto Claudio Magris sul Corriere , che essere laici significa «credere fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, anch'essi rispettabili». Di quale rispetto culturale e civile, di quale ruolo pubblico veramente laico e costruttivo, sa essere protagonista questa gerarchia che - si badi - persino nelle argomentazioni degli altri vede un impoverimento della ragione e rivendica per le proprie - e per i misteri della fede - il monopolio della verità e dei valori?
Seppure timidamente, anche tra i cattolici affiora qualche riserva sulle tensioni alimentate da questo protagonismo politico della chiesa. Ma l'impegno dei laici autentici, tanto più di fronte alla crisi etico-politica in cui è coinvolta la nostra sfera pubblica, è uno solo: dismettere ogni "posizione di modestia critica". Anzi: rivendicare a schiena dritta che, come ammoniva Calogero, le ragioni della laicità «non sono meno robuste - anzi sono incomparabilmente più robuste - di quelle che sorreggono le fedi religiose dei suoi oppositori».
Rimanere al di qua di un simile impegno significa solo cedere a continui arretramenti della cultura e della cittadinanza del dialogo. E perciò anche della stessa democrazia e dei diritti civili che proprio della laicità sono i frutti più preziosi.

© Copyright Il Riformista, 26 gennaio 2008

Bah...bah..bah! Si accusa la Chiesa di integralismo e poi si chiamano i laici(sti) alla crociata?
Perche' questa paura del ritrovato entusiasmo dei Cattolici? Si pensa forse che la cultura laici(sta) sia superiore a quella cattolica? E perche'? Mi sembra che in uno Stato democratico tutte le voci abbiano il diritto di espimersi e, cari signori, e' inutile girarci tanto intorno e cercare giustificazioni: al Papa e' stato impedito di parlare alla Sapienza. Non solo: gli e' stato persino consigliato di inventarsi un raffreddore (questa non e' piu' un'ipotesi: finalmente oggi anche "La Stampa" ammette il retroscena di una se non due telefonate di Amato...)
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R.

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