30 gennaio 2008

Mons. Ranjith parla dell'abolizione degli inginocchiatoi e degli abusi legati alla prassi di ricevere la Comunione in mano


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L'Arcivescovo Ranjith invita a rinnovare la fede nell'Eucaristia

La riflessione del Segretario della Congregazione del Culto Divino

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 30 gennaio 2008 (ZENIT.org).- E' necessario “rinnovare una viva fede nella presenza reale di Cristo” nell'Eucaristia, afferma monsignor Malcolm Ranjith, Segretario della Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti.

E' quanto sostiene l'Arcivescovo nella prefazione al libro Dominus Est - Riflessioni di un Vescovo dell'Asia Centrale sulla sacra Comunione (Libreria Editrice Vaticana), scritto da monsignor Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Karaganda (Kazakistan).

Monsignor Ranjith critica l'abbandono di pratiche quali l'inginocchiarsi per ricevere la Comunione o la ricezione in mano, avvertendo che possono condurre a un indebolimento di quell'atteggiamento di rispetto che è invece necessario quando ci si accosta alle sacre specie.
Questa situazione, spiega l'Arcivescovo, porta non solo a riflettere sulla “grave perdita di fede”, ma anche “sugli oltraggi e offese al Signore che si degna di venirci incontro volendo renderci simili a lui, affinché rispecchi in noi la santità di Dio”.
In questo contesto, è necessario recuperare la giusta considerazione dell'Eucaristia, e per questo motivo è particolarmente apprezzabile il libro scritto da monsignor Athanasius Schneider, che “vuole dare un contributo alla discussione attuale sull'Eucaristia, presenza reale e sostanziale di Cristo nelle specie consacrate del Pane e del Vino”.

Nella Chiesa, ricorda monsignor Ranjith, “la convinzione profonda che nelle specie Eucaristiche il Signore è veramente e realmente presente e la crescente prassi di conservare la santa Comunione nei tabernacoli contribuì alla prassi di inginocchiarsi in atteggiamento di umile adorazione del Signore nell'Eucaristia”.

Questa, infatti, deve essere accolta “con stupore, massima riverenza e in atteggiamento di umile adorazione”, e “assumere gesti e atteggiamenti del corpo e dello spirito che facilitano il silenzio, il raccoglimento, l'umile accettazione della nostra povertà davanti all'infinita grandezza e santità di Colui che ci viene incontro nelle specie eucaristiche diventava coerente e indispensabile”.

In alcune chiese, osserva l'Arcivescovo, “tale prassi viene sempre meno e i responsabili non solo impongono ai fedeli di ricevere la Santissima Eucaristia in piedi, ma hanno persino eliminati tutti gli inginocchiatoi costringendo i loro fedeli a stare seduti, o in piedi, anche durante l'elevazione delle specie Eucaristiche presentate per l'adorazione”.

Quanto alla prassi di ricevere la Santa Comunione in mano, il presule ricorda che è stata “introdotta abusivamente e in fretta in alcuni ambienti della Chiesa subito dopo il Concilio”, divenendo poi “regolare per tutta la Chiesa”.
Anche se è vero che “se si riceve sulla lingua, si può ricevere anche sulla mano, essendo questo organo del corpo d'uguale dignità”, non si può ignorare ciò che succede a livello mondiale riguardo a questa prassi.
“Questo gesto contribuisce ad un graduale e crescente indebolimento dell'atteggiamento di riverenza verso le sacre specie Eucaristiche”, denuncia il presule, aggiungendo che sono subentrati “una allarmante mancanza di raccoglimento e uno spirito di generale disattenzione”.

“Si vedono ora dei comunicandi che spesso tornano ai loro posti come se nulla di straordinario fosse accaduto. Maggiormente distratti sono i bambini e gli adolescenti. In molti casi non si nota quel senso di serietà e silenzio interiore che devono segnalare la presenza di Dio nell'anima”.

Oltre a questo, si verificano gravi abusi perché c'è “chi porta via le sacre specie per tenerle come souvenir”, “chi le vende”, o peggio ancora “chi le porta via per profanare in riti satanici”.
“Persino nelle grandi concelebrazioni, anche a Roma, varie volte sono state trovate delle specie sacre buttate a terra”, ha avvertito.
Nel suo libro monsignor Schneider, partendo dalla sua esperienza personale collegata alla difficoltà di professare la fede nella piccola comunità cattolica del Kazakistan durante gli anni del dominio sovietico, presenta un excursus storico-teologico che chiarisce come la prassi di ricevere la Santa Comunione in bocca e in ginocchio sia stata accolta e praticata nella Chiesa per un lungo periodo di tempo.
“Credo che sia arrivato il momento di valutare bene la suddetta prassi, e di rivedere e se, necessario, abbandonare quella attuale che difatti non fu indicata né nella stessa Sacrosanctum Concilium né dai Padri Conciliari, ma fu accettata dopo una introduzione abusiva in alcuni Paesi”, constata l'Arcivescovo Ranjith.

“Ora, più che mai, è necessario aiutare i fedeli a rinnovare una viva fede nella presenza reale di Cristo nelle specie Eucaristiche allo scopo di rafforzare la vita stessa della Chiesa e di difenderla in mezzo alle pericolose distorsioni della fede che tale situazione continua a causare”, dichiara.

Le ragioni di questo gesto, conclude, “devono essere non tanto quelle accademiche ma quelle pastorali – spirituali come anche liturgiche –; in breve, ciò che edifica meglio la fede”.

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