29 gennaio 2008

Laicità, religione e quel patrimonio irrinunciabile di valori condivisi (Mons. Fisichella)


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Laicità, religione e quel patrimonio irrinunciabile di valori condivisi

di RINO FISICHELLA

Non credo che “laicità” sia uno dei mali fuggito dal vaso che imprudentemente Pandora aprì per la sua curiosità. Altrettanto, non credo che sia la panacea a tutti i nostri mali nel conflitto che spesso si apre tra laici e cattolici. Laicità è ben altro. Ritornare su questo tema, in ogni caso, è sempre utile ed efficace purché nessuno pretenda di averne il monopolio interpretativo. Il fatto che si apra un dibattito sulle nuove forme di “laicità” non fa che confermare quanto il concetto sia aperto alla trasformazione e richieda l’apporto complementare per una sua corretta identificazione nella prassi. Laicità non è solo un modo di riflettere, di cui anch’io vado fiero pur essendo cattolico e vescovo, è anche una delle espressioni in cui si esprime la democrazia.
Riprendere tra le mani un sano concetto di laicità, comunque, non può che far bene; soprattutto se nella prassi si riesce a esprimerlo con coerenza e senza forzature. In un dibattito aperto, come quello che si è iniziato, alcune riflessioni si impongono. Prendo lo spunto da quanto Massimo D’Alema, ospite all’Università Lateranense nei giorni scorsi, ha detto: «I cattolici in questo Paese hanno garantito la laicità dello Stato più di tanti laici, spero che continueranno a farlo». L’osservazione rispondeva a una mia domanda circa il posto che l’etica occupa nell’agire del legislatore. Ritengo, infatti, che lo Stato democratico non possa prescindere da una concezione etica da porre alla base della sua legislazione e del rapporto tra i cittadini e le istituzioni. L’istanza etica, comunque, prima ancora di essere un patrimonio del cristianesimo è una conquista della ragione, che come tale non ha bisogno di particolari qualificazioni. Molti elementi del diritto romano sono stati riconosciuti dal cristianesimo come una verità che andava non solo conservata, ma sviluppata e adattata al mutare dei tempi senza mai venir meno al loro principio originario.

I cattolici, quando richiamano il legislatore a non andare mai in deroga dell’istanza etica non fanno altro che invitarlo a conservare quel patrimonio condiviso di storia, cultura e tradizione che va bel oltre il cristianesimo. Affonda, infatti, le sue radici in una conquista della ragione che, libera nella sua ricerca di verità, ha individuato una legge impressa nella natura da cui nessuno dovrebbe prescindere.

La laicità a cui ci si richiama non dovrebbe essere altro che il richiamo e la fedeltà a questa istanza che non può essere umiliata dalla pretesa di una parte del parlamento di comporre una legge con la prerogativa di essere “perfetta”, e, quindi, immutabile. È vero e lo condivido: in uno Stato liberale non si possono imporre “convinzioni assolute” da parte di nessuno. I cattolici ne sono ben coscienti. Ciò non significa, tuttavia, che sono obbligati a sottoscrivere e votare leggi che hanno altrettanta convinzione assoluta per il richiamo all’ideologia. In uno Stato democratico ritengo che i cattolici impegnati in politica siano chiamati a cercare il maggior consenso possibile per formulare una legge condivisa. Non ritengo che in nome della laicità dello Stato, comunque, possano venire meno a un obbligo di coscienza di cui il concetto di laicità si nutre ed è sostenuto. Se la laicità diventasse il criterio per assopire la coscienza o crearle sempre più situazioni di conflitto, sarebbe arduo pensare allo sopravvivenza dello Stato democratico.
La Costituzione di un Paese, d’altronde, non sorge dal nulla ma dalla condivisione di principi condivisi che formano l’alfabeto per declinare pacificamente la vita dei cittadini. Esiste, deve esistere un substrato culturale partecipato di cui lo Stato non solo fa sintesi, ma se ne fa interprete autorevole per la feconda convivenza civile. In questo senso, i valori prima di essere patrimonio del cristianesimo sono conquista dell’umanità. Nella dinamica storica, comunque, ci sono valori che sono stati ispirati dal cristianesimo e questi fanno parte di un patrimonio irrinunciabile. Lo stesso concetto di laicità, di democrazia, come tante altre espressioni del vivere civile anche se non sono state formulate da cattolici trovano, comunque, nel Vangelo il loro ambiente vitale. Non mi sfiora neppure lontanamente l’idea che i laici non abbiano valori. Non so chi si sia espresso in questo modo, ma ritengo l’idea falsa e offensiva; così come lo è altrettanto quella che ritiene di emarginare i valori cristiani perché frutto della fede. La laicità non è astensione di giudizio per un vago senso di tolleranza, ma capacità di decidere liberamente in forza della verità che una retta ragione persegue. Personalmente, non amo il concetto di tolleranza e preferisco quella più impegnativa di “rispetto”. Dalla Epistula de tolerantia di Locke alla Dignitatis humanae del Vaticano II molta acqua è passata sotto i ponti. Se lo Stato si fa tollerante dinanzi alle religioni le offende perché le giudica tutte uguali. Certo, lo Stato non può essere arbitro dell’istanza veritativa che le religioni portano con sé; tuttavia, per il suo essere democratico e liberale è tenuto alla salvaguardia della tradizione religiosa maggioritaria del Paese come pure ad essere garante per quella della minoranza. Ritengo che il mondo cattolico abbia consapevolezza della distinzione e della reciproca autonomia e indipendenza tra la comunità politica e quella cristiana, ma è altrettanto chiaro che ambedue sono tenute a collaborare per il raggiungimento del bene comune. Nella misura in cui cresce questa coscienza aumenta anche il rispetto per l’impegno reciproco che, fino a prova del contrario, dovrebbe essere sempre considerato come un sostegno per la società e non come una pervicace ingerenza.
Da ultimo, mi sorge spontanea una domanda ingenua: non sarebbe utile non inflazionare il rimando alla laicità e convincersi che viviamo in una democrazia liberale? D’altronde in cosa differiscono i due termini? Certo, una democrazia liberale si distingue per il riconoscimento e la promozione dei diritti individuali, ma non solo. Alla base di ogni società democratica si devono porre, in primo luogo, il diritto alla vita, la libertà di pensiero, di religione, di stampa... tutte espressioni che devono coniugare diritto individuale e convivenza sociale. Una libertà questa non solo teorica, ma concretamente realizzabile e da rispettare. Scriveva il De Toqueville: «Lasciate allo spirito umano di seguire le sue tendenze, ed esso regolerà in modo uniforme la società politica e la città divina; cercherà, oserei dire, di armonizzare la terra e il cielo». La cosa mi convince; conviene rafforzare la ragione; la fede non potrà che rallegrarsene.

© Copyright Il Messaggero, 29 gennaio 2008 consultabile online anche qui

1 commento:

Anonimo ha detto...

Qualche cosa di interessante....

http://blogdome.wordpress.com/2008/01/28/azione-cattolica-coraggio/

Marco.