30 agosto 2007

Chiesa e tasse: lo speciale di Avvenire sulla malafede di politici e media


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L’INUTILE POLEMICA

Il segretario Cei Betori: è significativo il fatto che, pur in presenza di una denuncia, la Ue non abbia aperto un procedimento, ma abbia intenzione di chiedere chiarimenti al governo italiano

«Ma quali privilegi? La Chiesa aiuta tutti»

Bagnasco: le nostre risorse a disposizione della povera gente

Da Genova Antonio Giorgi

Accuse assurde sulla base di sospetti che non hanno ragione di essere formulati. Iniziative pretestuose, frutto di carenza di informazione se non addirittura di malafede o di pregiudizio ideologico. E comunque nessun privilegio, nessun favoritismo, nessun trattamento di benevolenza da parte del fisco nei riguardi della Chiesa italiana. La quale, anzi, nelle iniziative a favore delle fasce maggiormente penalizzate della società «mette del suo e continuerà a farlo». È il presidente della Cei, l’arcivescovo Angelo Bagnasco, a reagire con argomentazioni pacate, ma con fermezza, al polverone sollevato dalla richiesta della Commissione Ue di avere lumi sulle presunte agevolazioni fiscali di cui godrebbe la Chiesa nel nostro Paese. Un occhio di riguardo in materia di tassazione che si concretizzerebbe - sembra sospettare Bruxelles - in forme di aiuti di Stato illegali. «Un intervento pretestuoso per finalità che mi sfuggono; comunque un provvedimento che mi sembra strano», la pronta replica del presidente della Conferenza episcopale. Pacatezza anche nelle sottolineature del segretario generale Cei, il vescovo Giuseppe Betori, che a sua volta è tornato ieri brevemente sull’argomento, per spiegare che la Ue, in presenza di una denuncia, si è mossa finora con cautela.
Anche Bagnasco, arcivescovo di Genova, era già intervenuto sul tema martedì sera, al termine della solenne processione al santuario della Madonna della Guardia, sulle alture a ridosso della città. Interpellato da alcuni cronisti il presule aveva negato l’esistenza di trattamenti di favore, denunciando il malcostume di presentare sempre e con insistenza le agevolazioni riconosciute dalla legge come «privilegi alla Chiesa», quando invece «non di privilegi si tratta perché la Chiesa, grazie anche a queste forme di agevolazioni, ha sempre fatto e sempre farà opera di beneficienza non solo per i cattolici ma per la società intera».
Ieri mattina una puntualizzazione ulteriore ancora al santuario della Guardia, dove l’arcivescovo ha presieduto il pontificale nell’anniversario dell’apparizione della Vergine. Nuovamente pressato dai rappresentanti dei media nella sua veste di presidente della Cei, Bagnasco non è sceso sul terreno della polemica fine a se stessa e ha preferito sottolineare l’impegno costante della Chiesa per le popolazioni dell’Italia e dell’Europa, una realtà - ha aggiunto - «da considerare con molta attenzione per non cadere poi in posizioni pregiudiziali di tipo ideologico». Privilegio, comunque, «è parola totalmente sbagliata, e a questo proposito c’è l’affermazione del cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano, molto chiara, molto evidente, molto netta».
Più tardi monsignor Bagnasco, parlando con Avvenire, ha modo di porre l’accento sulla missione evangelizzatrice e di carità per la quale la Chiesa italiana ha sempre impiegato in maniera generosa «tutte le risorse a sua disposizione», destinandole alla povera gente, all’educazione, ai disagiati, agli ultimi. «La nostra Chiesa è in prima linea con le sue risorse umane, economiche e culturali. Privilegi è una parola insensata di fronte ad una presenza attiva che determina innegabili ricadute positive per la società civile e quindi per lo Stato».

«Accusarci di godere di privilegi – ha concluso – significa misconoscere una azione insostituibile a favore dei più poveri e dimenticati, dei quali la Chiesa sa e condivide bisogni ai quali si impegna ad offrire risposte adeguate alle sue possibilità. Riesce a farlo perché vive vicino alla gente, vive con la gente. Questo dato di fatto come può disturbare qualcuno? C’è da stare attenti, perché strangolare la Chiesa, in molti casi vorrebbe dire strangolare i poveri».

Da parte sua, come detto, il segretario generale monsignor Betori, ieri a Spoleto per la «Settimana liturgica nazionale, si è limitato a sottolineare il fatto che, pur in presenza di una denuncia, la Ue non abbia aperto direttamente un procedimento, ma abbia soltanto annunciato l’intenzione di chie dere chiarimenti al governo.

© Copyright Avvenire, 30 agosto 2007


La legge sull'Ici esenta anche attività sindacali e politiche, circoli culturali o ricreativi laici

Da Milano Massimo Calvi

Perché alcuni immobili della Chiesa cattolica sono esenti dal pagamento dell'Ici? E da quando questa agevolazione è riconosciuta?
Se chi ha scritto o parlato di «privilegi» concessi alla Chiesa si fosse posto queste due semplici domande e avesse anche tentato di darsi una risposta documentata, probabilmente il dibattito di questi giorni avrebbe preso una piega un po' diversa. Si sarebbe scoperto infatti che le esenzioni dall'imposta comunale sugli immobili non sono una concessione ad hoc, e non nascono né l'anno scorso né con il governo Berlusconi (si veda box in alto), ma risalgono al 1992, quando il governo Amato istituì l'Ici. Ma, soprattutto, si sarebbe appreso che la Chiesa è soltanto uno dei moltissimi soggetti risparmiati dall'Imposta, e che l'esenzione vale solo in alcuni casi e molto circoscritti.
Confidando nella buona fede e nell'onestà intellettuale di coloro che stanno discettando su Ici e dintorni, proviamo allora a colmare questo vuoto informativo. Quando infatti venne "inventata" l'imposta comunale sugli immobili (decreto 504/1992), si stabilì in parlamento di escludere alcuni tipi di fabbricati. Ad essere esenti sono così da sempre gli edifici che appartengono allo Stato o agli altri enti pubblici come i comuni, le province, le regioni, le Asl, gli ospedali, le scuole, le camere di commercio. Gli immobili di proprietà degli Stati esteri e delle organizzazioni internazionali. Tutti i terreni agricoli montani anche se di proprietà di privati. Gli edifici di biblioteche o musei. I fabbricati destinati all'esercizio del culto, ovviamente non solo della Chiesa cattolica.
A questa lista già di per sé abbastanza significativa, il legislatore ritenne - probabilmente nell'ottica di valorizzare il principio di sussidiarietà e di agevolare il grande universo del privato sociale italiano, del volontariato e del non profit - di aggiungere una categoria speciale di soggetti: gli enti non commerciali, ma solo se negli immobili in questione si svolgono in maniera esclusiva otto attività considerate meritevoli. Eccole: attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.
In buona sostanza, la legge del 1992 scontava l'Ici a tutte quelle realtà che operano senza scopo di lucro, cioè senza ridistribuire i profitti ai soci, e attive in questi otto settori. Niente di più e niente di meno. L'assenza di un privilegio mirato dovrebbe risultare abbastanza evidente. E a chi conosce un poco la società italiana, non sfuggirà che la legge finisce per "agevolare" la Chiesa cattolica, oltre al caso dei luoghi di culto, solo quando questa svolge, come moltissime altre organizzazioni, quelle attività previste nella lista. Ma queste e non altre.
Per essere più chiari si possono fare degli esempi, che non riguardano solo la Chiesa cattolica, ma tutto il mondo del non profit. Cioè associazioni, grandi Fondazioni, sindacati, movimenti politici, partiti e non solo.
Così, attività di «assistenza» sono le mense per i poveri, le comunità di accoglienza, le case di riposo, le strutture per il sostegno alle persone del Terzo Mondo. Le attività «sanitarie» sono ospedali o case di cura rigorosamente non profit convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Le opere «didattiche» sono ovviamente le scuole, dalle materne in su, se chi le gestisce non si divide gli utili. Per «ricettive» si intendono invece tutte le strutture sociali che accolgono i lavoratori fuori sede, gli studenti, le case per ferie - delle parrocchie come dei sindacati - se autorizzate dalle regioni; ma non certo gli alberghi, che l'Ici la pagano anche se sono di proprietà di qualche ente religioso.
Continuando, si arriva alle attività «culturali», come i tanti centri di cultura, laici, politici, e certamente non solo cattolici, presenti in Italia. Alla voce attività «ricreative» si pensi invece ai circoli Arci o Acli. Per finire con tutte le attività «sportive» senza finalità di lucro, promosse da laici, da religiosi, o anche da organizzazioni locali ispirate dai partiti.
Compreso questo, una domanda dovrebbe sorgere spontanea. È ancora possibile parlare di «privilegi» concessi solo alla Chiesa cattolica?

© Copyright Avvenire, 30 agosto 2007


da sapere

La mappa delle esenzioni

Le ipotesi di esenzioni dall'Ici contemplate dal decreto legislativo numero 504/1992, varato dal governo Amato, sono ampie e differenziate. Sono esenti, ad esempio, gli immobili in cui si svolgono le attività istituzionali dello Stato e quelli degli altri enti pubblici come le sedi dei comuni, delle province, delle regioni, le unità sanitarie locali, gli ospedali, le scuole; tutti i fabbricati della categoria catastale E, cioè gli immobili speciali come stazioni, ponti, fari; i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'articolo 5-bis del Dpr 601/1973, ossia i musei, le biblioteche, gli archivi aperti al pubblico; i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali; i fabbricati inagibili a condizione che siano recuperati e destinati alle attività assistenziali in favore dei portatori di handicap; i terreni agricoli montani; i fabbricati destinati all'esercizio del culto; gli immobili utilizzati da enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgiment o delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive e culturali, ricreative e sportive.

© Copyright Avvenire, 30 agosto 2007


Una norma nata per garantire l'esenzione alle mense dei poveri e non agli hotel di lusso

Da Milano Paolo Viana

La confusione può annidarsi anche in un avverbio. È il caso di "esclusivamente", che compare all'articolo 39 del DL 223/06 e si riferisce all'esenzione dall'Ici di cui godono gli immobili degli enti non commerciali, tra cui quelli ecclesiastici, purché vi si esercitino attività «non esclusivamente commerciali».
Una norma nata per bilanciare un pronunciamento della Cassazione del 2004, che riferendosi a un caso singolo, aveva negato l'esenzione - agli immobili di enti non profit destinati ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive - nel caso di attività che, pur essendo realizzate da un ente non commerciale, sono "commerciali" ai fini fiscali, perché rese in cambio di un corrispettivo (cioè a pagamento) o perché godono di sovvenzioni da parte di soggetti pubblici. È ciò che avviene, tanto per fare un esempio, quando una mensa o un ostello per i poveri riceve un contributo dal Comune: non per questo produce lucro o perde il proprio valore sociale. Il decreto Bersani ha previsto che gli immobili in cui si svolgono tali attività, definite «non esclusivamente commerciali», continuino a essere esenti dall'Ici, come avviene sin dal '92, anno di introduzione della legge.

Capita, però, che tale norma sia fraintesa dalla stampa.

Lo si capisce leggendo la tabella apparsa ieri sul «Sole 24Ore»: «Da quest'anno - recita - è prevista l'esenzione per gli immobili adibiti a scopi commerciali per la Chiesa, basta che sia mantenuta una piccola struttura destinata ad attività religiose». Se ciò fosse vero, un albergo di proprietà di un ente ecclesiastico, purché provvisto di una cappellina, sarebbe esente dall'Ici. In realtà, capita esattamente il contrario: non solo gli alberghi pagano (è esente, infatti, la sola ricettività complementare, cioè le case per ferie, gli ostelli della gioventù e le case per esercizi spirituali) ma quando un immobile - poniamo un seminario o una casa religiosa - è parzialmente destinato a uso commerciale, magari perché un piano è dato in affitto alla Provincia per farci una scuola pubblica, perde il diritto all'esenzione dall'Ici. L'unica soluzione, in questi casi, è procedere al frazionamento catastale, mantenendo l'esenzione sulla parte utilizzata per finalità religiose o sociali e pagando sul resto dell'edificio.

© Copyright Avvenire, 30 agosto 2007


La Commissione Ue: atto dovuto

Da Milano Paolo Viana

La Commissione europea mette le mani avanti. Il suo interessamento alle esenzioni fiscali concesse alla Chiesa e agli enti non profit è un atto dovuto e Bruxelles non ce l'ha con i cattolici. L'ha spiegato ieri il suo portavoce Johannes Laitenberger. Non solo, come ha ribadito l'Antitrust europeo, non è in corso alcuna inchiesta su presunti aiuti di Stato illegali, ma la stessa «accusa secondo cui c'è una mancanza di rispetto da parte della Commissione europea per la Chiesa - ha precisato - è assolutamente senza fondamento». Rassicurazione ribadita da Pier Virgilio Dastoli, direttore della rappresentanza in Italia della Commissione europea, per il quale «non c'è intento vessatorio nei confronti della Chiesa; queste norme riguardano tutta una serie di attività delle chiese in generale, non soltanto la Chiesa cattolica, e altre attività di tipo non-profit.

Bisogna evitare confusione, una confusione che la stampa ha alimentato».

Non avrebbe nulla di decisivo, pertanto, la richiesta di informazioni inviata quest'estate a palazzo Chigi, cui ne seguirà una seconda, annunciata martedì: «Quando la Commissione riceve esposti che non sono completamente campati in aria, ha l'obbligo di verificare se c'è un problema di rispetto della legge comunitaria o meno» ha detto Laitenberger, facendo riferimento a una denuncia che alcuni riconducono agli ambienti del Partito radicale e al ministro Bonino. La quale ieri, però, ha smentito: «è grottesco pensare che, da Ministro per le Politiche Europee, io stia aiutando la Commissione a vigilare sul rispetto della normativa comunitaria». Il ministro ha confermato che «come Rosa nel Pugno, su iniziativa di Maurizio Turco, abbiamo sostenuto l'esposto, presentato alla Commissione da alcuni imprenditori, in merito alla possibile violazione delle norme comunitarie a causa di agevolazioni fiscali che possono risultare selettive e distorcere la concorrenza». Ed è entrata nel merito: «la richiesta di maggiori informazioni della Commissione trova fondamento laddove, lungi dall'applicarsi solo a quei beni che abbiano un nesso immediato e diretto con i fini di religione e di culto, le esenzioni fiscali e le altre agevolazioni riguardino attività prettamente commerciali».
Ieri la Commissione è tornata a precisare che «al momento non esiste affatto un'inchiesta - ha detto Jonathan Todd, portavoce del commissario europeo alla concorrenza Neelie Kroes - e ogni possibile inchiesta sarà puramente ed esclusivamente limitata alle attività commerciali della Chiesa. Le regole sugli aiuti di Stato possono essere applicate solo alle attività commerciali in corso con possibili distorsioni della concorrenza.».
Paletti subito travolti dalle polemiche, rinfocolate dal presidente della Camera Fausto Bertinotti: «Come cittadino dico che alcuni beni ecclesiastici vanno totalmente esentati, come quelli destinati al culto; altri, che danno rendite, vanno accortamente tassati». Immediata la replica dell'opposizione - è il «solito Codice Da Vinci della sinistra radicale», ha commentato il presidente dei senatori di Forza Italia Renato Schifani - ma anche la maggioranza è tutt'altro che compatta, visto che il ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro adombra una «strumentalizzazione» e Rosy Bindi, ministro della famiglia, parla di «accanimento» e paventa «una crociata al contrario».
È tornato infine a proporre «un tavolo bilaterale Stato italiano-Vaticano come previsto dal Concordato» il sottosegretario verde all'Economia Paolo Cento, ma ambienti della Cei, interpellati dall'agenzia Adnkronos, hanno replicato che un tavolo bilaterale sulla legge relativa alle esenzioni fiscali in materia di Ici «non solo già esiste ma è stato istituto presso il suo stesso ministero» aggiungendo che «è stato promosso nell'autunno scorso dal ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa».

© Copyright Avvenire, 30 agosto 2007

Povera stampa...ora capisco perche' qualcuno pensa che i giornali scompariranno dalla faccia del territorio italiano, a vantaggio di internet, entro il 2011!
R.

1 commento:

mariateresa ha detto...

cara, scusa se vado fuori argomento. Guarda questo link

http://www.elpais.com/articulo/revista/agosto/Papa/presumido/elpepugen/20070830elpepirdv_23/Tes

Già, è in spagnolo, ma credo che si capisca piuttosto bene. A parte la sezione (cretina) dedicata a come il Papa si veste (veramente tutto il mondo è paese) nelle ultime righe vedi la notizia che ci interssa di più e cioè che il libro in edizione spagnola su Gesù, in poche ore, è andato esaurito.
E credo che la cosa alla redazione del Pais stia decisamente sull'anima. Però l'hanno riportata. Aspetto che lo dicano anche in Italia.