28 agosto 2007

Aborto selettivo a Milano: una tragedia nella tragedia (i fatti)


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SPECIALE: IL MOTU PROPRIO "SUMMORUM PONTIFICUM"

Cari amici, come sicuramente sapete, in una clinica di Milano si e' consumata una vera e propria tragedia: una madre, saputo che una delle gemelle che portava in grembo era affetta da sindrome di Down (un'anomalia cromosomica assolutamente compatibile con la vita), ha deciso di accettare un aborto selettivo, ma, a causa di un errore medico, è stata soppressa la gemella sana. La madre ha poi deciso di abortire, comunque, anche la figlia malata.
Non giudico il comportamento dei genitori ma qui siamo di fronte ad un problema etico che occorre affrontare: e' lecito sopprimere una vita solo perche' malata? Non si rischia di cadere nell'eugenetica?
In questo post vengono descritti i fatti, nel prossimo leggeremo i commenti, quello dell'Osservatore Romano in primis
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Raffaella


L'intervento «sbagliato» e la morte del feto sano. L'ospedale: fatalità. Livia Turco: bisogna riflettere

Scontro sull'aborto selettivo di Milano

Fregonara Mangiarotti

MILANO — E' bufera sui medici dell'ospedale San Paolo di Milano dopo l'errore che, nel corso di un aborto terapeutico in una gravidanza gemellare, ha portato all'eliminazione del feto sano. I sanitari si difendono parlando di «fatalità»: forse dopo l'ecografia i due feti si sono scambiati di posizione. Ma la vicenda ha buttato olio sul fuoco della pluridecennale contesa tra i sostenitori della vita «senza se e senza ma» (che parlano di «eugenetica» e di «selezione di vite che non rispondono alle attese») e i difensori della legge 194, a cominciare dai radicali, sull'interruzione di gravidanza. «E' stato un errore gravissimo — dice il ministro Livia Turco —. La 194 è una legge saggia ma bisogna riflettere».

© Copyright Corriere della sera, 27 agosto 2007

Aborto selettivo: bufera sull'ospedale
Morto il feto sano, i medici si difendono: è stata una fatalità

Simona Ravizza

MILANO — «Una fatalità». I vertici dell'ospedale San Paolo di Milano escludono responsabilità mediche nel caso dell'aborto selettivo della donna incinta di due gemelle finito con la morte del feto sano invece di quello malato. Ma la notizia dell'errore nell'interruzione di gravidanza plurima, riportata ieri dal Corriere della Sera, scatena la rivolta del mondo cattolico. Sotto accusa, la legge 194 del '78: «L'aborto eugenetico apparentemente non è consentito, ma oramai viene accettata l'idea che ci possano essere discriminazioni tra esseri umani — denuncia Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita —. La selezione embrionale aggiunge ingiustizia a ingiustizia».

Coscienze in subbuglio. È bufera sul San Paolo. Il dramma umano della donna milanese di 38 anni, già madre di un bambino, sottoposta a un intervento per salvare solo la gemella senza la sindrome di Down, si trasforma in uno scontro di bioetica.
I difensori della 194 alzano gli scudi, preoccupati che venga messa in discussione la libertà di scelta delle donne conquistata quasi trent'anni fa con un referendum (il 70% dei cittadini si disse favorevole all'interruzione di gravidanza).
Dopo il terzo mese di gravidanza — come per la paziente milanese in questione — la legge del '78 prevede l'aborto terapeutico a tutela della salute psico-fisica della donna. Dal punto di vista legislativo la gravidanza viene considerata nel suo complesso, senza riferimenti specifici ai parti gemellari. «Al San Paolo vengono fatti dieci aborti selettivi l'anno sui 700 complessivi — sottolinea la direzione sanitaria del San Paolo —. Il tutto nel pieno rispetto delle normative ». Ma i cattolici insorgono. Monsignore Mauro Cozzoli, docente di teologia morale all'Università Lateranense di Roma, parla di approccio utilitaristico alla vita: «Il caso è inquietante non tanto per lo sbaglio compiuto, quanto per la mentalità e la prassi eugenetica che esso mette a nudo — sottolinea il teologo —. È sbagliato volere sopprimere mediante selezione vite che non rispondono alle attese».
Due le particolarità dell'interruzione di gravidanza plurigemellare di Milano, avvenuta alla metà di giugno, ma emersa solo adesso. Da un lato i feti erano morfologicamente identici (con la stessa lunghezza degli arti e il medesimo sviluppo osseo). Dall'altro, con ogni probabilità, si sono invertiti nella pancia, dopo gli esami per la diagnosi prenatale che avevano mostrato alterazioni cromosomiche per quello di sinistra. Di qui la morte della gemella sana. «L'indagine multidisciplinare attivata dalla commissione interna non ha portato, per ora, all'identificazione di nessuna responsabilità dei medici — si difende Alessandro Amorosi a nome della direzione sanitaria del San Paolo —. La documentazione è, comunque, a disposizione delle autorità competenti ». Sullo sfondo del dibattito, le percentuali di rischio che corre chi si sottopone alle interruzioni di gravidanza selettive attestate dalla letteratura scientifica. «Nel 3% dei casi, quando si decide di fermare la crescita di un feto gemellare, anche l'altro muore», dicono al San Paolo. Carlo Casini scuote la testa: «È necessario un ripensamento complessivo della normativa — ribadisce —. Bisogna eliminare l'equivocità delle sue parole». E, mentre Luca Volonté (Udc) chiede un'ispezione del ministero della Salute al San Paolo, i radicali gridano alla strumentalizzazione del caso contro una legge scomoda.

© Copyright Corriere della sera, 27 agosto 2007


La ginecologa che ha fatto l'interruzione di gravidanza

«Un fallimento, ma sono a posto con la mia coscienza»

Simona Ravizza

MILANO — «Negli ultimi due mesi mi sono fatta mille interrogativi, ripercorrendo passo dopo passo gli esami diagnostici eseguiti e l'intervento che ha portato alla morte del feto sano». Anna Maria Marconi, la ginecologa che ha eseguito l'aborto selettivo al San Paolo, è arrivata a una conclusione: «È stato un fallimento, ma l'errore era del tutto imprevedibile».
Medico esperta, braccio destro per anni di Giorgio Pardi, noto come uno dei migliori ostetrici a livello internazionale, a metà pomeriggio di ieri la Marconi è seduta alla sua scrivania. Davanti alla documentazione del caso. «La legge non vieta gli aborti selettivi — precisa subito —. L'interruzione di gravidanza della mia paziente è andata storta per un rischio non ponderabile».
L'amniocentesi è stata svolta alla quindicesima settimana, l'intervento alla diciottesima, dopo il risultato delle analisi cliniche. Impossibile prevedere lo spostamento dei feti nelle tre settimane di intermezzo? «Per saperlo, al momento, l'unica possibilità sarebbe stata quella di monitorare costantemente con una sonda la pancia della donna — spiega —. Una soluzione concretamente non percorribile». È stata lei, poi, insieme con una collega a comunicare alla paziente l'esito dell'aborto: «È stato un momento difficile», ammette la Marconi, convinta, però, della correttezza del percorso seguito. «Ho analizzato a ritroso ogni passaggio, è tutto documentato. Ma, purtroppo, le due gemelle morfologicamente erano identiche. Un caso rarissimo. Per evitare in futuro episodi simili bisogna studiare un sistema per "marchiare" il feto, per esempio, con un colorante». Vicino al computer, la ginecologa ha la foto dei quattro gemelli che ha fatto nascere nel 2000 nel famoso parto plurigemellare dell'ospedale Niguarda. «Purtroppo fanno più notizia i fallimenti — dice —. Ma con la mia coscienza sono a posto».

© Copyright Corriere della sera, 27 agosto 2007

Infatti ciascuno risponde della propria coscienza oltre che del proprio operato!
R.


«Così se ne salva almeno uno Ma restano i problemi etici»
Il ministro: errore gravissimo. «La legge funziona»

Gianna Fregonara

ROMA — «Un errore umano. Grave, gravissimo ».
Non il primo caso di interruzione di gravidanza con esito così tragico: ci fu l'episodio di Torino nel 2000, quello del falso positivo degli esami al Careggi di Firenze pochi mesi fa...
«Sono tutti episodi diversi tra di loro, che non ci possono far trarre conclusioni affrettate. Ma certo qualche riflessione sul tema dell'aborto la impongono».
Livia Turco, ministro della Salute, diessina e cattolica, è colpita dall'episodio del San Paolo di Milano, un fatto che «obbliga a riflettere »: «Penso al dramma di questa famiglia, di questi genitori, della loro scelta. Ho il massimo rispetto per la loro decisione, che immagino sofferta: si sono presi un grande rischio con i loro due gemelli ed è andata come è andata».

Ci potrebbe essere stata poca informazione sui rischi, qualche leggerezza?

«La loro scelta resta indiscutibile, riguarda la sfera della responsabilità e la libertà individuale e nessuno di noi può dire hanno fatto bene o hanno fatto male: i casi di aborto selettivo sono molto rari e complicati».

La legge li permette.

«La legge parla di aborto terapeutico. E non va certo cambiata. Sarebbe inaccettabile una legge che ti impedisce di scegliere sulla maternità. Io credo che la 194 sia al contrario una legge molto saggia, che ha permesso di trovare un equilibrio tra i valori molto avanzato, tanto che negli anni ha permesso di ridurre il numero degli aborti. Anzi, nei casi di aborto selettivo di un gemello, c'è la possibilità di abortire un solo feto, salvando almeno un'altra vita».

Aborto «selettivo», nella parola stessa c'è insito un concetto che fa pensare alla selezione, all'eugenetica?

«No, eugenetica non direi proprio. I casi di aborto in una gravidanza gemellare sono rarissimi in Italia e a chiamarli selettivi non è certo la legge che, ripeto, parla di aborto terapeutico ».

Di fatto, però, il gemello malato e quello sano finiscono per avere due sorti diverse... E quello malato ha la peggio.

«Questi casi pongono certamente un quesito etico. Una riflessione che non riguarda la legge ma i valori civili condivisi del nostro Paese ».

Su che cosa ci interroga?

«Partiamo dal fatto che la maternità non è soltanto un fatto biologico, ma è fatta anche di capacità di accoglienza, ha una dimensione psichica. Ma, se non possiamo mettere in discussione la scelta e il dramma di questa coppia, sono altrettanto convinta che non possiamo esimerci dal discutere pubblicamente sui nostri valori. Un problema etico esiste e dobbiamo parlarne senza ipocrisia. Io mi chiedo: il fatto di sapere che uno dei due gemelli sia malato, malformato, è sufficiente a decidere di sopprimerlo?».

E lei che risposta si dà?

«Io sono a disagio, penso che questo sia un punto limite che interroga le nostre convinzioni profonde. Così come ci deve porre delle domande il fatto che ormai si finisce per affidarsi al responso della diagnosi e degli esami come se fosse un verdetto infallibile senza avere più neppure il dubbio che ci possano essere margini di errore e che scelte come quella di abortire alla fine restano una decisione che impegna la nostra responsabilità personale, qualsiasi sia il referto del laboratorio di analisi».

Responsabilità individuale, scelta personale. Proprio la solitudine della donna o della coppia in questi momenti viene spesso individuata come una delle cause ultime di una parte degli aborti.

«È vero che si può fare di più per non lasciare abbandonate le donne in questi passaggi così delicati. Per questo come governo abbiamo già stanziato nella scorsa Finanziaria dei fondi per migliorare i servizi di assistenza psicologica non solo nei consultori ma anche negli ospedali. E stiamo studiando un ulteriore piano assieme al ministero della Famiglia».

È possibile che in un ospedale italiano si sbagli così un aborto?

«In questi casi di aborto in una gravidanza gemellare il rischio è sempre più alto. So che al San Paolo c'è un'inchiesta interna. Si accerteranno i fatti, ma ripeto: l'errore umano è purtroppo sempre possibile».

© Copyright Corriere della sera, 27 agosto 2007


PAOLA BINETTI

«Questa è eugenetica Arrivato il momento di rivedere la 194»

MILANO — Paola Binetti, cattolica, senatrice della Margherita e componente del comitato nazionale di bioetica, ha appena finito di leggere «sotto l'ombrellone» il libro di Kim Edwards
Figlia del silenzio: «Il libro racconta la storia di due gemelli, un maschietto sano e una femminuccia down che alla nascita viene abbandonata. Il primo cresce in famiglia senza gioia, la seconda allevata da un'infermiera regalando felicità e amore a tutti». Ecco, dice: «Io penso che la vita valga sempre la pena. Certo, la legge lo consente ma io sono profondamente contraria ad ogni tipo di interruzione di gravidanza. In questo caso, poi, aggiungerei subito come premessa che quello che è stato praticato al San Paolo non è un aborto terapeutico ma un aborto eugenetico. Sì, insomma, si è voluto appositamente uccidere il feto malato e salvare quello sano. Quello che non ha funzionato è proprio la selezione».
Paola Binetti dà una lettura tutta personale a quello che è successo: «Credo che questa brutta vicenda dimostri come l'uomo non può arrogarsi il diritto di decidere della vita». Quindi aggiunge: «La sofferenza che questa donna, che questa coppia, sta affrontando, è molto più grande di quella che avrebbe potuto portare la nascita di un bambino down. Purtroppo a volte, nel tentativo di evitare la sofferenza, ci si cade dentro con tutti e due i piedi. Cercando scorciatoie, si finisce poi in un precipizio ». La famiglia delle due gemelle ha denunciato i medici che le hanno praticato l'aborto. «Francamente non me la sento di prendermela con i medici — afferma la Binetti —. Questi sono errori prevedibili, perché non ci sono garanzie. I bimbi si sa che si muovono, bisognerebbe marcarli per avere certezze. E poi si effettuano così pochi aborti di questo tipo. No, io non parlerei proprio di un errore. La gravità è l'aborto in sé, la non accettazione di un bambino down. I numeri dicono molto di più delle parole».
I numeri sono quelli riferiti agli aborti e alle nascite del San Paolo: «Settecento aborti a fronte di 2.000 bambini messi al mondo: ogni due venuti alla luce, uno non è mai nato», afferma la senatrice. «Credo che, dopo quasi trent'anni, sia indispensabile la rivisitazione della legge 194. Alla luce dei progressi scientifici, diagnostici e terapeutici. Ma soprattutto penso che si debba dare voce a tutta quella parte della normativa che sta già sotto il titolo "tutela della maternità"». Vale a dire: «Prevedere personale qualificato che prima aiuti le donne a scegliere in piena libertà ma in modo consapevole, e che poi, ad esempio, affianchi le famiglie nella crescita di bimbi handicappati». Forse, aggiunge, «se la 194 fosse applicata nella sua interezza oggi non saremmo qui a parlare di questa tragica fatalità». Guai però a provare a dire che in questi casi anche le indagini preimpianto forse potrebbero aiutare. Perché quantomeno sorprende che in Italia una legge consenta l'aborto selettivo e un'altra vieti queste indagini. «L'incongruenza dovrebbe essere sottoposta agli abortisti — afferma —. Io sono contraria ad ogni tipo di aborto così come alle indagini preimpianto: non offrono garanzie assolute e possono causare a loro volta malformazioni e aborti. I bambini malati vanno curati, non cancellati. La vita vale sempre la pena».

© Copyright Corriere della sera, 27 agosto 2007

Consiglio a tutti la lettura del libro citato dalla senatrice Binetti: Edwards Kim "Figlia del silenzio", Garzanti 2007

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