30 giugno 2007

Rassegna stampa del 30 giugno 2007


Vedi anche:

Discorso del Santo Padre a Verona

Mons. Bagnasco: "Vogliamo evangelizzare l´Italia ma la Chiesa non cerca egemonie"

Qualche indiscrezione sulla lettera ai Cattolici cinesi

SPECIALE: IL MOTU PROPRIO CHE LIBERALIZZA LA MESSA IN LATINO

Un esemplare articolo di Filippo Di Giacomo per "La Stampa" [Messa tridentina]

Nota pastorale dell'Episcopato italiano "dopo Verona" (per la lettura occorre scaricare il documento allegato).

Cattolici in Cina: intervista al cardinale Zen Ze-kiun

(nella foto il Papa impone il pallio a Mons. Bagnasco)

Cari amici, buon sabato :-)
Anche oggi la rassegna stampa e' molto nutrita. Metteremo in luce i commenti alla Nota pastorale dell'Episcopato italiano "dopo Verona", parleremo delle indiscrezioni sulla lettera del Papa ai Cattolici cinesi (lettera che sara' resa nota oggi) e continueremo l'approfondimento e la discussione sul motu proprio che liberalizzera' la Messa tridentina
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Raffaella


I vescovi: “L’Italia rischia l'analfabetismo affettivo"

CITTA’ DEL VATICANO

«L’analfabetismo affettivo si sta diffondendo e il tessuto della convivenza civile mostra segni di lacerazione». L’allarme è lanciato dalla nota pastorale della Cei, pubblicata ieri e ispirata al quarto Convegno ecclesiale nazionale svoltosi a Verona nell’ottobre scorso. Il documento dei vescovi italiani affronta a tutto campo quelli che considera i principali problemi del Paese e, se non provenisse dal Vaticano, potrebbe quasi essere scambiato per un programma politico. In realtà è una sorta di «decalogo» rivolto ai cattolici (e in particolare ai politici cattolici) chiamati a «fronteggiare con determinazione e chiarezza di intenti il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano».
La nota affronta i temi «caldi» dell’immigrazione, della disoccupazione, della questione giovanile, di quella demografica, della precarietà del lavoro, dell’Europa e della crescita dell’illegalità. Per la Cei «occorre chiedere che l’organizzazione del lavoro sia attenta ai tempi della famiglia e che accompagni le persone nelle fatiche quotidiane, consapevoli delle sfide che derivano dalla precarietà del lavoro, soprattutto giovanile, dalla disoccupazione, dalla difficoltà del reinserimento lavorativo in età adulta, dallo sfruttamento della manodopera dei minori, delle donne, degli immigrati. Anche se cambiano le modalità con le quali si esprime il lavoro - aggiunge la nota - occorre fare attenzione alla crescita indiscriminata del lavoro festivo». Sugli immigrati, il documento raccomanda in particolar modo la capacità di accoglienza, anche in vista di una eventuale evangelizzazione: «Molti di quelli che si accostano da adulti al fonte battesimale - spiega la nota - sono infatti di origine straniera». Sull’Europa, per far sì che «il processo di integrazione avviato sia veramente fecondo, occorre che non siano rinnegate le radici cristiane, dando così spazio a quei principi etici che costituiscono parte integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale».
Conscia che il suo documento potrebbe dare adito ad accuse di interferenza, la Cei precisa infine che la «sollecitudine per il bene della società umana fa sì che la Chiesa, senza rischiare sconfinamenti di campo, parli e agisca non per preservare un “interesse cattolico”, bensì per offrire il suo peculiare contributo per costruire il futuro della comunità sociale ».

© Copyright La Stampa, 30 giugno 2007


SE I VESCOVI ORA PARLANO PIU’ PIANO

Franco Garelli

Da qualche mese sembra essersi attenuata la voce dei vertici della Chiesa italiana sui temi di rilevanza pubblica. Non mancano ovviamente i richiami di fondo, come sulla centralità della famiglia o sulla questione - che si profila all’orizzonte - del testamento biologico, ma essi vengono formulati con maggior cautela rispetto al recente passato, quando la Chiesa non perdeva occasione per affermare con forza le proprie posizioni, quasi a porsi come un nuovo soggetto «cultural-politico nella società italiana.
Questo mutamento di strategia può avere molte spiegazioni. Le più contingenti chiamano in causa le numerose e scomposte reazioni che si sono innescate nella società a seguito del nuovo protagonismo della Chiesa cattolica, che avrebbero indotto i vescovi ad agire con maggior prudenza nel farsi portavoce dei valori cattolici e del bene comune sulla scena pubblica. Il riferimento in questo caso non è soltanto alla campagna d’intimidazioni che ha colpito monsignor Bagnasco all’inizio del mandato da capo dei vescovi italiani; ma anche alla recente prova di muscoli che si è consumata nella piazza più famosa d’Italia, quando una folla mai vista ai Gay Pride ha invaso S. Giovanni a Roma proprio per contrapporsi al Family Day cattolico celebrato nello stesso luogo pochi giorni prima; o ancora, al montare dell’anticlericalismo di cui emergono vari segni sia nella produzione di pamphlet che scalano le classifiche dei libri più venduti sia in trasmissioni televisive (come quella di Santoro sulla pedofilia dei preti) che vanno a fare le pulci in casa ecclesiale.
Altri motivi sembrano indurre i vescovi italiani a un atteggiamento di maggior prudenza pubblica. La Chiesa sta vivendo una nuova fase, dopo il cambio di chi la dirige. Monsignor Bagnasco non ha una linea diversa da quella del cardinal Ruini, ma l’interpreta più in termini pastorali che con l’idea d’incidere sugli equilibri del Paese. Oltre a ciò, il cattolicesimo più impegnato è alle prese con tensioni e riflessioni interne, per il peso di alcune scelte ecclesiali maturate nel tempo.
Negli ultimi anni la Chiesa ha promosso una serie di grandi eventi pubblici, sia per meglio far sentire le sue proposte nella società della comunicazione, sia per far emergere il consenso sociale attorno ai valori che promuove. In parallelo, sui temi caldi del dibattito pubblico sono sorti vari Comitati (Forum delle famiglie, delle associazioni, Scienza e vita, ecc.), con lo scopo di rappresentare un punto di riferimento organizzativo e culturale per la battaglia sui valori. Queste nuove formule organizzative hanno creato non pochi problemi alla vita delle grandi associazioni cattoliche da tempo radicate nel Paese. Realtà come Azione cattolica, Acli, Cl, scout, movimenti spirituali, Comunità di Sant’Egidio sono state chiamate a mobilitarsi su campagne particolari e temi emergenti, a farsi carico di compiti impropri o non previsti, ad aderire a iniziative che non rientravano nei loro progetti; tutti aspetti che hanno creato disagio nel mondo della militanza cattolica, che si è sentita esposta alla dispersione dell’impegno e fors’anche a un ruolo di cinghia di trasmissione di progetti pensati altrove. Inoltre, i forum e le strutture nati dai grandi eventi ecclesiali, o per sostenere le diverse battaglie sui valori promosse dalla Chiesa, possono entrare in concorrenza con i movimenti e le associazioni che da sempre rappresentano l’asse portante del cattolicesimo impegnato. Talvolta, infine, i grandi eventi consacrano leader (come nel caso di Savino Pezzotta per il Family Day) che possono sentirsi investiti di un ruolo pubblico che scompagina gli equilibri già precari che si riscontrano nell’associazionismo cattolico organizzato.
Non mancano dunque le ragioni interne al mondo cattolico che orientano i piani alti della Chiesa a una presenza più cauta nella società italiana. Il cattolicesimo impegnato corre il rischio della frammentazione, proprio in un momento storico in cui più si avverte l’esigenza di gruppi e associazioni che s’impegnino dal basso a testimoniare i grandi valori e a costruire positive condizioni di convivenza.

© Copyright La Stampa, 30 giugno 2007

Attenzione a non cadere nel grave errore di pensare che la Chiesa taccia perche' minacciata da alcuni settori della societa'. Le persone e i toni possono cambiare. Cio' che non deve e non puo' cambiare sono i valori non negoziabili, difesi da Ruini prima e da Bagnasco oggi.
Per quanto riguarda i movimenti, che si dichiarano cattolici, non vedo la ragione di una contrapposizione con i forum ed altre strutture
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Raffaella


L'allarme lanciato dai vescovi, molto preoccupati per «il dilagare dell'illegalità, i divari interni al Paese, il diffuso analfabetismo affettivo»

In Italia il tessuto sociale è lacerato

Bisogna affrontare la questione demografica, i problemi dell'immigrazione, le sfide legate ai giovani

Salvatore Izzo

Roma
In Italia «il tessuto della convivenza civile mostra segni di lacerazione». A lanciare l'allarme sono i vescovi, preoccupati per «il dilagare dell'illegalità, i divari interni al Paese, il diffuso analfabetismo affettivo». Occorre affrontare, affermano, «con sapienza e coraggio la questione demografica, i problemi e le risorse dell'immigrazione, le sfide della questione giovanile».
E recuperare «il senso di responsabilità nei confronti del lavoro, il ruolo sociale della famiglia e un ethos condiviso, sia con la doverosa enunciazione dei principi, sia esprimendo nei fatti un approccio alla realtà sociale ispirato alla speranza cristiana». Nella Nota pastorale che raccoglie gli orientamenti emersi al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, esortano dunque i credenti a «fronteggiare con determinazione e chiarezza di intenti il rischio di scelte politiche e legislative» contrarie ai principi etici, ma soprattutto a elaborare «una seria proposta culturale» che si concretizzi in «una rivisitazione costante dei veri diritti della persona e delle formazioni sociali nella ricerca del bene comune». E se alla Chiesa «appartiene a pieno titolo» chiedere «il rispetto della dignità della persona umana in ogni momento della vita e il sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio», dovranno essere i cattolici impegnati in politica ad agire in questa direzione «animati da competenza e onestà, protagonisti di uno stile politico virtuoso, guidati da una coscienza retta e informata, illuminata dalla fede e dal Magistero della Chiesa». Un impegno che può essere condiviso anche da chi non crede: «Le ragioni della speranza – si legge nel testo – comprendono infatti alcune istanze etiche che, fondate sulla natura stessa dell'uomo, possono costituire un terreno di incontro e di dialogo anche con coloro che appartengono a tradizioni ideali o spirituali diverse».
Nelle sue 21 pagine, il documento prende in considerazione le diverse situazioni critiche, nelle quali l'impegno dei cristiano deve contribuire a riportare la persona al centro dell'economia e delle politiche sociali. Così descrive l'immigrazione come un'opportunità per la Chiesa: «Lo spirito di accoglienza e la testimonianza della carità delle nostre comunità cristiane hanno in sé – rilevano i vescovi – una forte valenza evangelizzatrice, che può produrre anche in questo campo frutti di grazia inaspettati». In proposito, il documento definisce una «eloquente conferma» di questa opportunità pastorale «il fatto che molti di quelli che si accostano da adulti al fonte battesimale sono di origine straniera». Un capitolo intero riguarda la difesa della sacralità della domenica, non come «un interesse cattolico» ma a tutela dei diritti della persona. Nella stessa ottica è riaffermata la difesa delle radici cristiane dell'Europa, che «con la sua storia recente di conflitti oggi superati e di cammini di riconciliazione», può essere un esempio di «quella unione nella diversità e favorire una globalizzazione rispettosa delle persone. Perché il processo di integrazione avviato sia veramente fecondo, occorre tuttavia – sottolineano – che l'Europa non rinneghi le proprie radici cristiane, dando spazio a quei principi etici che costituiscono parte integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale».
Con queste sue impegnative proposte la Chiesa Italiana si richiama al Concilio Vaticano II, del quale si scopre debitrice, e alle indicazioni di Benedetto XVI, in particolare nel discorso dello scorso ottobre a Verona: «Il Convegno Ecclesiale ha costituito una nuova tappa nel cammino di attuazione del Vaticano II, nella perenne continuità della vita della Chiesa. È in quest'ottica – scrivono i vescovi – che ci interroghiamo sulle modalità e sugli ambiti della nostra testimonianza, senza nasconderci le inadempienze e i ritardi, consapevoli di quanto il nostro tempo sia un'ora propizia per la diffusione dell'annuncio di salvezza nel mondo».

© Copyright La Gazzetta del sud, 30 giugno 2007


Dalle mani del Papa al vescovo di Messina-Lipari

Il "sacro pallio" a mons. Calogero La Piana

Roma Anche monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ieri, tra i 46 arcivescovi metropoliti (tre gli italiani), nominati durante l'anno, che nella basilica vaticana hanno ricevuto dalle mani di Benedetto XVI il sacro pallio durante la messa per la solennità dei santi Pietro e Paolo. Ad altri cinque arcivescovi il pallio verrà consegnato nelle loro sedi metropolitane.
Tra i presuli (provenienti dai cinque continenti), oltre a mons. Bagnasco, anche mons. Calogero La Piana, di Messina-Lipari, mons. Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, mons. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, mons. Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile.
Ogni anno il 29 giugno, nella solenne messa dei santi Pietro e Paolo, il Papa impone il sacro pallio ai nuovi arcivescovi metropoliti. Antichissima insegna episcopale, il pallio è una stola di lana bianca, ornata di sei croci di seta nera, le cui due estremità ricadono sul petto e sulle spalle. Indossato sopra la casula dal Papa e dagli arcivescovi metropoliti, è simbolo della potestà papale ed espressione della particolare comunione con il romano Pontefice. Il pallio per il Papa, nella sua forma nuova, è intessuto della lana di agnelli e pecore e reca impresse in rosso cinque croci, richiamando il buon Pastore che pione sulle proprie spalle la pecorella smarrita.
Il pallio degli arcivescovi è confezionato con la lana degli agnelli che il Papa benedice il 21 gennaio, memoria liturgica di Sant'Agnese.
I pallii confezionati vengono portati in Vaticano il 24 giugno e quindi custoditi in una cassa collocata sotto l'Altare della Confessione, da dove vengono ripresi per la cerimonia dell'imposizione ai nuovi arcivescovi metropoliti.

© Copyright La Gazzetta del sud, 30 giugno 2007


Bagnasco riceve il Pallio

di Redazione

Ieri, nella solenne messa dei santi Pietro e Paolo, il Papa ha imposto il sacro pallio a monsignor Angelo Bagnasco insieme ad altri 45 nuovi arcivescovi metropoliti. Antichissima insegna episcopale, il pallio è una stola di lana bianca, ornata di sei croci di seta nera, le cui due estremità ricadono sul petto e sulle spalle. Indossato sopra la casula dal Papa e dagli arcivescovi metropoliti, è simbolo della potestà papale ed espressione della particolare comunione con il romano Pontefice.

© Copyright Il Giornale, 30 giugno 2007


«La convivenza civile dà segni di lacerazione»

La Nota dei vescovi dopo il convegno di Verona. «Famiglia, occorre reagire all'analfabetismo affettivo» Messa in guardia contro la crescita indiscriminata del lavoro festivo. «Bisogna accelerare l'ora dei laici»

Alberto Bobbio

ROMA Ci sono l'Europa, la famiglia, il ruolo pubblico della Chiesa, il carattere popolare del cattolicesimo italiano. C'è il rilancio della parrocchia, insieme alle associazioni e ai movimenti. E si dice che è arrivato il momento di «accelerare l'ora dei laici» nella Chiesa e nella società. Si intitola «Rigenerati per una testimonianza viva. Testimoni del grande "sì" di Dio all'uomo», la Nota pastorale che raccoglie gli spunti del IV Convegno ecclesiale nazionale dell'ottobre scorso a Verona, pubblicata ieri dalla Cei e accompagnata da una lettera di monsignor Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, il quale spiega che contiene gli aspetti sui quali «dovrà concentrarsi l'attenzione delle Chiese particolari». È una sorta di manifesto operativo e formativo, segnato, nelle citazioni, soprattutto dal discorso di Benedetto XVI a Verona, che resta la fonte al quale i vescovi si ispirano. Ecco una sintesi dei temi più importanti delle Nota.

Parola di Dio - Bisogna riservare alla Parola «il giusto spazio». La cifra della speranza cristiana è «la persona di Gesù» e sperare vuol dire «scorgere l'opera misteriosa di Dio nel tempo». Non si tratta, dunque, di «un ottimismo illusorio o di un'indefinita fiducia in un domani migliore».

Missione - «L'evangelizzazione è una questione d'amore», scrivono i vescovi, riprendendo il cuore dell'insegnamento di Benedetto XVI. Per cui occorre «sostenere percorsi che riavvicinino le persone alla fede», promuovere luoghi di incontro per chi è «alla ricerca delle verità» e anche per chi, pur essendo battezzato, ha deciso di approfondire di più il

Vangelo. I vescovi spiegano che l'immigrazione è nuovo luogo di evangelizzazione, perché molti degli adulti che chiedono il battesimo «sono di origine straniera».

Famiglia - È il «soggetto centrale della della vita ecclesiale» ed è definita «grembo vitale di educazione alla fede», ma anche «cellula fondante e ineguagliabile» della vita sociale. È nella famiglia che si vive «l'esperienza affettiva» privilegiata e fondamentale. Perciò bisogna reagire al «diffuso analfabetismo affettivo», impostando «percorsi formativi adeguati» e una «vita familiare ed ecclesiale fondata su relazioni profonde e curate».

Lavoro - Attenti a «forme di idolatria». La Nota mette in guardia dalla crescita «indiscriminata del lavoro festivo» e chiede una «maggiore conciliazione tra tempi del lavoro e quelli dedicati alla relazioni umane e familiari». In un'epoca che «coltiva il mito dell'efficienza fisica e di una libertà svincolata da ogni limite» ciò che conta è «la buona qualità dei rapporti interpersonali», che trovano nel riposo festivo occasione di rafforzarsi. I vescovi rilevano che, anche se cambiano le modalità in cui si esprime il lavoro, con la diffusione del precariato soprattutto giovanile, con le difficoltà di reinserimento lavorativo in età adulta, con lo «sfruttamento della manodopera dei minori, delle donne e degli immigrati» non può venir meno «il rispetto dei diritti inalienabili del lavoratore».

Educazione - La Nota rileva un «diffuso clima di sfiducia nei confronti dell'educazione». Per questo è necessario rilanciare l'opera formativa della comunità cristiana con le scuole cattoliche, i centri universitari e gli istituti teologici. Ma occorre un «miglior coordinamento dei soggetti educativi ecclesiali». I vescovi propongono la costituzione di un Forum nazionale delle realtà educative.

Convivenza civile - Mostra «segni di lacerazione» e dunque si chiede ai laici in particolare di contribuire alla formazione di «un ethos condiviso» con la «doverosa enunciazione dei principi» e con un «approccio alla realtà sociale ispirato alla speranza cristiana». Serve, a questo proposito, l'elaborazione di una «seria proposta culturale» nella ricerca del bene comune, che sia «maggiormente incisiva e capace di entrare in dialogo, senza complessi di inferiorità, con le dinamiche culturali del nostro tempo». Ciò per contrastare anche i «tentativi di ridurre l'uomo a semplice prodotto della natura, mortificandone la dignità e la costitutiva vocazione alla trascendenza». Si tratta, secondo la Nota, di contestare «il riduzionismo nel campo della cultura, delle scienze e della tecnologia, dell'etica e del diritto».

Mass Media - L'obiettivo «non trascurabile» resta quello di «immettere nel circuito della comunicazione la voce della Chiesa». I vescovi prendono atto del «progresso compiuto» in questo campo con la crescita di tutte le testate cattoliche e della capacità della «comunità cristiana di essere presente in internet». Poi notano che è «fondamentale» il ruolo delle case editrici e della rete delle librerie cattoliche.

Politica - La Chiesa lavora per «il bene delle comunità civile nazionale e internazionale». E lo fa non «per preservare un interesse cattolico», scrivono i vescovi riprendendo una riflessione del Papa, ma per offrire il «suo peculiare contributo» al futuro della comunità sociale, in cui «vive e alla quale è legata da vincoli profondi». Ecco perché parla e agisce «senza rischiare sconfinamenti di campo». I cristiani impegnati in politica «operano come cittadini sotto la propria responsabilità», devono essere animati da «competenza e onestà», da «uno stile politico virtuoso», guidati da una «coscienza retta», «illuminata dalla fede e dal Magistero della Chiesa». Inoltre, non devono mai dimenticare che il Vangelo chiede a loro di «mettersi dalla parte degli ultimi».

Europa e Italia - L'Europa non deve rinnegare «le proprie radici» cristiane, anzi deve dare spazio a quei principi etici che sono parte «integrante e fondamentale del suo patrimonio spirituale». L'Italia deve affrontare con «sapienza e coraggio» la «questione demografica», contrastare il «dilagare dell'illegalità» e superare «i divari interni al Paese».
Chiesa - Il cattolicesimo italiano ha un «carattere popolare» e non è un «cristianesimo minimo» o una sorta di «religione civile». Oggi occorre, secondo i vescovi, una «pastorale più vicina alla vita delle gente, meno affannata e complessa, meno dispersa e più incisivamente unitaria». I vescovi la chiamano «integrazione pastorale», che non è un'opera di «pura ingegneria ecclesiastica», ma la valorizzazione del lavoro comune di parrocchie, movimenti e associazioni. Nella Nota si rileva una certa stanchezza degli organismi di partecipazione ecclesiale, in particolare dei Consigli pastorali, che «non stanno vivendo dappertutto una stagione felice» e che devono essere «ravvivati».

Laici - Bisogna «creare nelle comunità cristiane luoghi in cui i laici possano prendere la parola» e comunicare «i loro pensieri sull'essere cristiani nel mondo». I vescovi ritengono che sia essenziale «accelerare l'ora dei laici», senza i quali il Vangelo non può giungere «negli ambiti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione». E annunciano una «nuova stagione formativa per i laici», che migliori la loro crescita «spirituale, intellettuale, pastorale e sociale».

© Copyright L'Eco di Bergamo, 30 giugno 2007

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