29 giugno 2007

Mons. Bagnasco: "Vogliamo evangelizzare l´Italia ma la Chiesa non cerca egemonie"


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(nella foto il Papa con Mons. Bagnasco)

Pubblichiamo la bella intervista che Monsignor Bagnasco, Presidente della CEI e arcivescovo di Genova, ha rilasciato a "Repubblica". Dopo l'articolo potete leggere il mio commento.
Raffaella

Il presidente della Cei: il movimento di Pezzotta? Vedremo cosa sarà, giudichiamo solo cose concrete

"Vogliamo evangelizzare l´Italia ma la Chiesa non cerca egemonie"

Monsignor Bagnasco: alla politica chiediamo slancio ideale

l´agenda della cei Al primo posto c´è l´evangelizzazione, e la necessita di educare i giovani formando personalità più solide

MARCO POLITI

ROMA - «La Chiesa non ha nessuna volontà egemonica. Sua missione è annunciare la salvezza, categoria eminentemente religiosa: annunciare Cristo che salva l´uomo e lo rivela a se stesso». Il nuovo presidente della Cei monsignor Bagnasco, che stamani riceverà il pallio da Benedetto XVI, vorrebbe chiusa la stagione delle tensioni esplose in passato nei rapporti tra Stato e Chiesa. Proclamando il Vangelo - dice - la Chiesa annuncia «autentici valori umani, che risplendono nel volto di Cristo, ma sono anche attinti dalla ragione». Sui rimescolamenti all´interno del mondo cattolico con la "cosa bianca" di Pezzotta non si esprime: «La Chiesa riflette su cose concrete». All´arcivescovo di Genova sta a cuore la situazione complessiva del Paese e la missione pastorale della Chiesa.

Monsignor Angelo Bagnasco, che impressione le fa la situazione italiana?

«Sento nella gente una fatica verso la partecipazione alla cosa pubblica e non è un dato piacevole per nessuno, tanto meno per la Chiesa. Perché questa disaffezione non è mai segno positivo e la Chiesa insiste da sempre sull´importanza dell´interesse per gli altri sia nell´ambito della famiglia che della comunità cristiana e civile».

Cresce l´anti-politica.

«Io spero che un´impennata unitaria, corale dal punto di vista educativo, possa recuperare il senso di appartenenza alla comunità civile, culturale e sociale».

Si aspetta qualcosa dai politici?

«Il mondo politico nel suo insieme ha la responsabilità di dare una scossa sul piano dell´esempio, dell´idealità, della coerenza, delle responsabilità».

Quali sono, invece, le difficoltà della Chiesa italiana?

«Benedetto XVI al convegno di Verona ha detto che sono le stesse, che si avvertono su scala più ampia a livello europeo. Principalmente un certo relativismo dei valori. E´ l´aria che tutti respiriamo e si riflette sulle scelte personali di cattolici e non cattolici, di credenti e non credenti».

Con il caso Welby si è avvertito una forte divaricazione tra l´opinione pubblica, anche cattolica, e l´istituzione ecclesiastica. A molti fedeli è parso che la Chiesa non abbia trovato modo di esprimere un gesto fraterno o di misericordia. Che farebbe se si riproponesse un caso del genere?

«Nel caso specifico non era possibile fare diversamente. Dinanzi al dolore, comunque si presenti, noi come uomini, cristiani e sacerdoti non siamo mai indifferenti. Ne siamo profondamente toccati. Ci possono essere, sul piano visibile e pratico, diverse espressioni di partecipazione: dal silenzio alla parola. La Chiesa non è mai fuori da nessuna situazione di sofferenza: sia affermando i valori fondamentali, come la vita, sia con tutta la vicinanza possibile».

Da neo presidente della Cei, qual è per lei il primo punto in agenda?

«Il più urgente è l´evangelizzazione in termini sempre più di testimonianza e di annuncio. Serve una catechesi più incisiva, presentando le ragioni e le verità della fede. Inoltre bisogna credere al valore della ragione».

E al secondo punto?

«In termini più vasti, anche antropologici, si pone la questione educativa. Non esiste educazione senza antropologia e non esiste società senza antropologia. Se noi aiutiamo le giovani generazioni, annunciando Cristo e agendo sul piano educativo per formare personalità più complete e solide, allora anche gli altri problemi di carattere sociale e culturale troveranno una buona base di soluzione».

La Chiesa cattolica accetta la nuova realtà multireligiosa del continente europeo?

«Non dobbiamo rassegnarci a ciò che viene chiamato multiculturalità. Ma entrare sempre meglio in ciò che il Papa chiama inter-culturalità. Perché la prima è la registrazione dell´esistente, mentre il secondo modulo significa mettersi in contatto con le diverse realtà. Conoscere la propria identità e quella altrui, e dare un giudizio su situazioni e costumi».

Nel caso dell´Italia?

«Chi ha responsabilità deve porsi con un´apertura rispettosa verso i diversi soggetti, che costituiscono il tessuto sociale. Nel caso italiano ed europeo implica conoscere da un lato che la nostra storia ha radici cristiane, alveo in cui certamente vi sono stati anche altri contributi, e dall´altro conoscere le altre presenze nella loro identità».

Lo Stato che compiti ha?

«Il concilio Vaticano II dice che va tenuto presente il "retto ordine" della società: il che vuol dire sicurezza, armonia del convivere, rispetto dei diritti fondamentali. Su questi principi chi ha autorità dev´essere estremamente attento affinché nessuno dei diversi soggetti turbi questo ordine. Lo scopo è creare una società armonica, rispettosa al meglio di tutti».

Con questo atteggiamento guardate all´Islam in Italia?

«Ribadisco, l´importante è la conoscenza e il rispetto».

E se chiedessero l´insegnamento coranico a scuola?

«Potrà anche essere possibile, non so. Ma vorrei ricordare un dato fondamentale del Concordato del 1984. Al punto 9 si riconosce la religione come dimensione fondamentale per la formazione della persona e si aggiunge che per l´Italia la dimensione religiosa è soprattutto nella forma del cristianesimo. Quindi l´insegnamento della religione cattolica nella scuola non è un fatto confessionale, una sorta di concessione dello Stato alla Chiesa, ma un dato culturale essenziale per la crescita della persona. Se non si conosce la religione cattolica, non si possono conoscere le nostre strade, l´arte, la cultura, la storia. Il resto ne consegue».

Eccellenza, vi sono state forti tensioni con gli interventi ecclesiastici in tema di leggi: dalla fecondazione assistita ai Dico. Perché, appena si criticano le posizioni ecclesiastiche, arriva subito la reazione che si vuole soffocare la voce Chiesa?

«Potrei rovesciare la questione: non vogliamo essere considerati nemici dell´uomo o aggressori della laicità, ogni volta che la Chiesa parla».

Eppure quando in Parlamento si cominciano ad elaborare certe leggi, è come se da una cattedra extraparlamentare parlasse un´autorità, che decide se una legge serve o non serve.

«La voglia di essere un´autorità extraparlamentare non esiste. La Chiesa non ha nessuna volontà egemonica. Esiste semplicemente la responsabilità di dire la propria, come soggetto significativo della società civile, a proposito dei valori sociali fondanti. Dare il proprio contributo su un piano anche razionale senza attentare a nessuno».

Una personalità attentissima al mondo cattolico come Giuliano Amato sostiene che una Chiesa, che fa appello alla legge invece che alle coscienze, dubita del suo messaggio. E´ d´accordo?

«Penso che il complesso legislativo di una società miri al bene della società e basta. Quindi lo scopo della Chiesa non è di appoggiarsi sulla legislazione civile per far passare la propria morale confessionale. Semmai il contrario. In forza dei principi, che in parte sono rivelati e in parte puramente naturali, la Chiesa intende contribuire al bene della persona e della collettività».

Veniamo all´attualità parlamentare. Cosa pensate del testamento biologico?

«Non vediamo la necessità di una legislazione specifica, anche perché la preoccupazione fondamentale è di salvaguardare il mistero della vita dal suo sorgere al suo concludersi».

Sul tavolo c´è anche la questione dei diritti degli omosessuali. Ieri a Firenze e in altre città si è tenuta una veglia di gruppi gay cristiani, che cercano il dialogo con la Chiesa. Lo ritiene possibile?

«Alla Chiesa sta a cuore il valore fondamentale dell´amore, che è l´impasto di ogni persona, anche nelle sue espressioni di sessualità: amore nella sua stabilità e nella sua fecondità. Questo è il messaggio della Chiesa. Poi nella sua prassi quotidiana ognuno è libero di fare le sue scelte individuali. Nelle relazioni interpersonali, nel dialogo, nell´aiuto reciproco non c´è mai stata omofobia da parte della Chiesa».

E se si rivolgessero a lei da presidente della Cei?

«Come vescovo ricevo tutti».

Guardando al futuro, come giudica il progetto di Pezzotta di dare vita dopo il Family Day ad un movimento para-politico per fare emergere meglio l´identità cattolica sulla scena sociale?

«Non ho materia di giudizio. A livello generale qualunque movimento culturale, che possa veicolare categorie antropologicamente valide, è una cosa positiva per il Paese».

Pezzotta ha in mente qualcosa di più. Parla di un soggetto para-politico.

«Bisogna chiarire il termine. La Chiesa riflette e considera cose concrete».

Monsignor Bagnasco, è più sollevato dopo l´arresto del suo persecutore?

«Non sono mai stato assillato da particolari turbamenti. Pensavo sempre al gesto di uno sconsiderato, senza strategie. Sono molto grato alle istituzioni».

© Copyright Repubblica, 29 giugno 2007

I miei piu' sinceri complimenti a Monsignor Bagnasco che ha risposto con mitezza ma con assoluta chiarezza alle domande dell'amico Politi che ha tentato in tutti i modi di fare cadere in trappola il Presidente della CEI.
Ho apprezzato moltissimo tutta l'intervista ma in particolare questo passaggio:


Eccellenza, vi sono state forti tensioni con gli interventi ecclesiastici in tema di leggi: dalla fecondazione assistita ai Dico. Perché, appena si criticano le posizioni ecclesiastiche, arriva subito la reazione che si vuole soffocare la voce Chiesa?

«Potrei rovesciare la questione: non vogliamo essere considerati nemici dell´uomo o aggressori della laicità, ogni volta che la Chiesa parla».

Complimenti, Eccellenza :-)
Raffaella

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