27 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 giugno (4)


Vedi anche:

Traduzione del motu proprio "de aliquibus mutationibus"

100 udienze generali e oltre 2 milioni di fedeli per il Papa

Domani sera su Raiuno il documentario (aggiornato) sul Papa

30 anni fa l'arcivescovo di Monaco, Joseph Ratzinger, diventava cardinale

Rassegna stampa del 27 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 giugno 2007 (1)

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 giugno 2007 (2)

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 giugno (3)

Ancora sulle regole dell'elezione a Pontefice

Le regole del Conclave, una riflessione (di Raffaella)

Il Motu proprio di Benedetto XVI pubblicato a "sorpresa"

IL PAPA RIFORMA IL CONCLAVE: IL PAPA ELETTO DAI DUE TERZI DEL SACRO COLLEGIO


LE REGOLE DEL CONCLAVE

Elegante ritrosia a diventare Papa

ALBERTO MELLONI

La disciplina della Chiesa latina è ancorata a concezioni e pratiche non usuali. Essa ancora teme che una norma, anche la più venerabile, possa essere abolita per desuetudine, solo perché nessuno la pratica più. E viceversa quando vuole che una norma regga, indiscutibile nel tempo, è usanza papale il ripubblicarla per intero, di modo che nessuno possa invocare varianti e forme desuete della tradizione per manomettere meccanismi particolarmente delicati. Per questo motivo, da Napoleone in poi, ogni Papa ha ripubblicato le regole per l'elezione del successore: per dar forza alla norma e se mai introdurre i ritocchi che il pontefice regnante, nella sua esperienza di elettore e di eletto, ritiene utili ad ottenere un risultato chiaro e indiscutibile. È sfuggito solo parzialmente a questa regola Benedetto XVI che, anziché imitare Giovanni Paolo II che attese 18 anni prima di dare alle stampe la sua costituzione sul conclave, ha corretto con un emendamento fatto in nome della tradizione dopo soli 26 mesi dal suo conclave, la legge che regolerà l'elezione del suo successore. Molte delle riforme più sostanziali introdotte dal Papa polacco sono rimaste: il conclave si svolge a Roma, anche se il Papa dovesse morire lontano dalla sua sede episcopale; la coabitazione dei cardinali non è più quella penitenziale che veniva allestita nella Capella Sistina, ma quella del comodo residence di Santa Marta; gli antichi sistemi d'elezione per ispirazione e accesso sono vietati; la figura del cardinal decano (alla morte di Wojtyla era Ratzinger, ora è il cardinal Sodano) rimane onnipresente nei giorni di preparazione del conclave.
Le correzioni ratzingeriane, invece, di cui si ordina una subitanea pubblicazione sull'Osservatore
Romano, intervengono su un punto che è stato oggetto di speculazioni nell'ultimo conclave. Infatti nel 1996 Giovanni Paolo II stabilì che dopo tredici giorni di votazioni i cardinali avrebbero potuto designare il nuovo pontefice con la metà +1 dei voti anziché coi canonici due terzi. Qualcuno ha ritenuto che in questa figura stesse la chiave del successo elettorale di Ratzinger: infatti secondo i diari del conclave apparsi sulla rivista Limes e sul quotidiano O Globo, gli oppositori di Ratzinger avrebbero raccolto la mattina del 19 aprile 2005 un pacchetto di voti di poco superiore a 1/3 del collegio. Una soglia che in altri tempi avrebbe fatto cadere una candidatura. Alcuni pensano che invece nel 2005 ciò non sia accaduto perché in qualunque caso, il 1˚ maggio un Ratzinger con la maggioranza semplice sarebbe salito al trono di Pietro.

La ricostruzione non è del tutto convincente: evoca uno scenario remoto e soprattutto non spiega a fondo chi, come e cosa abbia spostato un pacchetto di voti su Ratzinger tale da fargli superare la quota dei due terzi alla prima votazione pomeridiana, in un modo che (a giudicare dal maglione nero che spuntava sotto la cotta di Benedetto XVI alla prima benedizione) doveva averlo colto di sorpresa.

Tuttavia è evidente dalla odierna riforma che da questa ombra il Papa vuole liberare il successore e in certo modo anche se stesso: per cui stabilisce che se dopo 13 giorni i cardinali non hanno raggiunto la desiderata concordia si voti con un ballottaggio che rimane però vincolato all'esigenza di avere i due terzi dei voti. Altra spia indiretta dell'andamento del conclave del 2005 è l'inibizione dell'elettorato attivo per i due cardinali che dovessero andare a questo ballottaggio. Dietro questa regola sta un dubbio che percorre molti conclavi e tutti quelli dal 1939 in poi. Infatti per la caratteristica dell'elezione papale si ritiene che un segno dell'idoneità del candidato al papato siano la sue resistenze ad assumere l'ufficio di successore di Pietro: e che dunque sia «elegante » che il futuro Papa, pur avendo tutto il diritto di farlo, quando deve compilare la scheda nella quale indica colui che a suo avviso, davanti a Dio, è degno di essere eletto, non scriva il suo nome.
Una diceria accusava Pio XII di essere parte della maggioranza che lo aveva eletto: e per liberare il successore egli stabilì che la maggioranza necessaria era di 2/3 + 1 voto, in modo da rendere pleonastico l'eventuale autovoto. Giovanni XXIII che riteneva quella aggiunta uno scrupolo poco decoroso per il collegio tolse il +1, reintrodotto da Paolo VI e levato di nuovo da Giovanni Paolo II.
La decisione di Benedetto XVI di impedire ai due candidati sottoposti a ballottaggio di votare e di votarsi dice che questa figura dell'edificante ritrosia a diventar Papa e viceversa del sospetto che questo requisito etico-estetico possa essere venuto meno continua a percorrere il conclave del secolo XXI, o almeno il prossimo.

© Copyright Il Corriere della sera, 27 giugno 2007

Melloni...Melloni...Melloni...


Elezione del Papa: torna la maggioranza di due terzi

Benedetto XVI ha abrogato l’innovazione di Wojtyla che prevedeva la metà più uno

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTÀ DEL VATICANO – Al prossimo conclave per eleggere il successore di Benedetto XVI servirà la maggioranza dei due terzi dei voti. Con una mossa a sorpresa Papa Ratzinger ha approvato un Motu Proprio per abrogare la riforma elettorale voluta da Giovanni Paolo II nel 1996 e ripristinare la regola tradizionale dei due terzi. Regola che da ora in poi sarà applicata indipendentemente dal numero degli scrutini. All’epoca l’innovazione wojtyliana era stata accolta con una raffica di critiche all’interno del collegio cardinalizio, provenienti sia da “destra” che da “sinistra” e anche negli ultimi mesi di vita del Papa polacco si erano registrati accesi dibattiti tra i giuristi. Si dice anche che l’allora cardinale Ratzinger avesse arricciato il naso all’idea di un pontefice eletto con la maggioranza assoluta nel caso di uno stallo prolungato per oltre 33 scrutini. Vale a dire con solo 61 voti su 120 cardinali elettori (cioè quelli con meno di 80 anni) e non almeno 81 preferenze (cioè i due terzi). Le critiche evidenziavano che l’eletto sarebbe stato espressione di un corpo elettorale spaccato; una soluzione maturata in un quadro di divisioni capaci persino di gettare le basi per un eventuale scisma. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha spiegato che l’iniziativa di Benedetto XVI si è mossa proprio per «garantire il più ampio consenso possibile per il nuovo Papa». Col Motu Proprio di marca ratzingeriana, reso noto ieri, qualora si verificasse il tanto temuto stallo al 33esimo o 34esimo scrutinio, dopo 13 giorni di nulla di fatto, si passerebbe al ballottaggio tra i due candidati più votati. Ma anche in questo caso servirebbe la maggioranza dei due terzi e in più i due papabili non avrebbero diritto di voto.
Nel secolo scorso tutti i pontefici sono intervenuti per legiferare sulle norme del conclave, fatta eccezione per Papa Luciani, che regnò troppo poco, solo 33 giorni e per Benedetto XV, il pontefice della prima guerra mondiale che nei sette anni di pontificato non lo ritenne necessario. Gli interventi più significativi arrivarono nel 1975 con la Costituzione Romano Pontifici Eligendo di Paolo VI che stabilì che solo l’unanimità dei cardinali riuniti poteva decidere di passare alla votazione per maggioranza semplice. Decise, inoltre, un numero massimo di cardinali elettori e che al compimento dell’80esimo anno d’età perdessero il diritto di voto attivo. Giovanni Paolo II riprendendo in mano i documenti del predecessore e confermandoli nel loro impianto generale procedette ad introdurre qualche significativa variazione, rompendo però una tradizione secolare. La Universi Dominici Gregis che ha ribadito che gli elettori devono avere meno di 80 anni, che il corpo elettorale non può superare il tetto dei 120, che il Papa possa essere eletto da un sinodo o un concilio di vescovi ha cambiato sostanzialmente il sistema elettorale. Delle tre possibilità che esistevano prima del 1996 (per acclamazione, quando i cardinali senza votare proclamavano il nuovo Papa all’unanimità e a viva voce; per compromesso, quando in caso di particolare difficoltà a trovare accordi si decideva di affidare ad un gruppo (dai 9 ai 15 cardinali) il potere di eleggere a nome di tutti e per voto) Giovanni Paolo II decise di mantenere in vita solo la terza modalità ma nel caso di uno stallo inserì la maggioranza assoluta dei suffragi. Variazione piuttosto significativa. La regola dei due terzi, in vigore dalla notte dei tempi, informa il mensile 30 Giorni, venne introdotta a cavallo del XII secolo. Durante il Concilio Lateranense III celebrato a Roma sotto Papa Alessandro III fu tutto messo nero su bianco e per la prima volta fu spiegato che «poiché il nemico non cessa di seminare zizzania, se non vi è l’unanimità dei cardinali per la scelta del pontefice, e, pur concordando i due terzi, l’altro terzo non intende accordarsi o presume di eleggere un altro, sia considerato romano pontefice quello che è stato eletto e riconosciuto dai due terzi».

© Copyright Il Messaggero, 27 giugno 2007


Ratzinger torna all'antico conclave. Presto nuovi cardinali

Il prossimo autunno, con ogni probabilità, Benedetto XVI convocherà un concistoro (il secondo da quando è stato eletto papa) nel quale renderà pubblici i nomi dei nuovi cardinali che in caso di morte del pontefice parteciperanno al conclave.
Attualmente i porporati che possono parteciparvi (e cioè quelli che hanno meno di ottant’anni) sono 105, ma entro la fine dell’anno diverranno 103 per il compimento dell’ottantesimo anno di età di Edmund Casimir Szoka e Angelo Sodano.
E ieri con un Motu Proprio (un documento promosso per “propria iniziativa” da parte di chi ne ha la facoltà) datato 11 giugno, papa Ratzinger ha cambiato le regole previste dalla Chiesa per lo svolgimento del conclave. Più che un cambiamento è stato un ritorno all’antica: d’ora innanzi, per l’elezione del pontefice, occorrerà sempre la maggioranza dei due terzi dei votanti. Viene abolito, quindi, il ricorso alla maggioranza del 50 più uno - la maggioranza assoluta - alla quale si poteva ricorrere nel caso gli elettori non fossero riusciti a trovare un accordo ampio entro il tredicesimo giorno di votazioni infruttuose.
La modifica introdotta da Ratzinger ritocca dunque la costituzione apostolica “Universi dominici gregis”, promulgata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996. Secondo le nuove disposizioni, inoltre, diventa obbligatorio il ballottaggio dopo il tredicesimo giorno di votazioni senza esito (anche qui con una maggioranza dei due terzi). In questo caso i due cardinali rimasti in campo non potranno partecipare al voto ma rimarranno nella Capella Sistina.
L’uscita nel 1996 della “Universi Dominici Gregis” non fu accolta benissimo nei sacri palazzi perché si riteneva che abbassare il quorum alla metà più uno dei voti avrebbe potuto accrescere la possibilità che il nuovo papa venisse eletto con il conclave spaccato in due e quindi senza un ampio consenso.
Anche l’allora cardinale Ratzinger non mostrò (e lo si è visto bene con la decisione di ieri) particolare entusiasmo per le nuove disposizioni uscite grazie alla consulenza offerta a Giovanni Paolo II dal defunto cardinale esperto in diritto canonico Mario Francesco Pompedda.
Con le nuove norme torna dunque determinante per l’elezione del papa un ampio consenso dei cardinali.
Il futuro papa dovrà infatti avere un forte carisma capace di catalizzare attorno a sé le varie anime esistenti all’interno della Chiesa e in grado di aggregare più correnti possibili.
Quanto al prossimo concistoro, i presuli che dovrebbero ricevere la berretta cardinalizia sono: Sandri (che guida il “ministero” delle Chiese Orientali), Farina (appena nominato archivista e bibliotecario Vaticano), Romeo (arcivescovo di Palermo), Bagnasco (arcivescovo di Genova e presidente della Cei), João Bráz de Aviz (Brasilia), André Armand Vingt-Trois (Parigi), Vincent Concessao (New Delhi), Odilo Pedro Scherer (San Paolo), Csaba Ternyak (Eger in Ungheria).

© Copyright Il Riformista, 27 giugno 2007

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