22 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 22 giugno 2007 (2)


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Rassegna stampa del 22 giugno 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 22 giugno 2007 (1)

Sondaggio: chi e' l'uomo piu' sincero in Italia?

Busso al cuore di coloro che hanno specifiche responsabilità perché aderiscano al grave dovere di garantire la pace a tutti


I cristiani di Palestina temono “l’era della giustizia islamica”

Gerusalemme. Il cardinale Camillo Ruini si è unito ieri alle preoccupazioni di Papa Benedetto XVI per la sorte delle minoranze cristiane in Iraq e in altre parti del medio oriente e ha invitato alla partecipazione alla manifestazione contro le persecuzioni cristiane di Magdi Allam.
A Mosul, nei giorni scorsi, un prete e il suo diacono sono stati uccisi da miliziani vicini ad al Qaida; otto cristiani sono stati rapiti. Ma i timori non si fermano all’Iraq, dove i gruppi estremisti musulmani non sono peraltro al potere, anche se comandano armi in pugno per le strade. Hamas, movimento islamista, ha conquistato Gaza meno di una settimana fa.
Il 14 giugno, mentre ancora infuriavano le ultime ore di scontri tra le fazioni palestinesi nella Striscia, il Convento delle Sorelle
del Rosario, sede anche di una scuola, è stato preso d’assalto. L’istituto è frequentato da cristiani ma anche da molti musulmani, alcuni figli dei leader di Hamas. Il movimento islamico si sarebbe incaricato della ricostruzione.
Dicono a Gaza che il convento sarebbe stato preso di mira perché vicino a un posto di comando di Fatah, quindi nel mezzo della battaglia, ma come fa notare il Sole 24 ore, se si fosse trattato di un semplice saccheggio le statuette del Cristo non sarebbero state decapitate e le immagini sacre non sarebbero state bruciate.
Abu Mazen accusa Hamas di essere dietro all’atto contro i cristiani. Padre Manuel Musallam, prete cattolico di Gaza, cerca di sminuire l’accaduto. La responsabilità, secondo lui, sarebbe di gang di fondamentalisti non meglio identificate. Nei mesi scorsi, un gruppo vicino ad al Qaida, l’esercito islamico di Salvezza, aveva assalito nella Striscia gli Internet café, una biblioteca di un centro cristiano, saloni di bellezza e ha intimato alle giornaliste di andare in video velate. Oggi però le donne cristiane di Gaza temono con Hamas di dover cambiare non soltanto il proprio codice d’abbigliamento, dopo che un portavoce delle milizie islamiste ha dato il benvenuto, a Gaza quasi conquistata, “all’era della giustizia e del governo islamici”. Padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News, racconta al Foglio che Musallam ha parlato della possibilità che tra gli assalitori ci fossero estremisti sudanesi, iraniani, sauditi, presenze attive nella Striscia dopo il ritiro israeliano. Dice che dal punto di vista nazionalista un tempo cristiani e musulmani palestinesi erano uniti. “Ma la crescita di Hamas ha prodotto un’incrinatura in quest’unità, creando un influsso sulla questione confessionale”; parla di un fondamentalismo islamico che cerca di innalzare il movimento sul resto dei palestinesi. “L’integralismo islamico attraversa l’intero medio oriente”.
Cervellera ricorda le parole del papa di ieri: il pontefice ha invocato una pace regionale senza distinzione confessionale.
L’allarme nella zona c’è da tempo. Un sondaggio mandato in onda dal Christian Broadcast Network racconta che la presenza cristiana in Israele, Siria, Libano, Egitto, Giordania e Territori è scesa dal 26,4 per cento nel 1914 al 10 per cento. In Libano, dopo l’entrata al governo di Hezbollah, il partito di Dio sciita, la richiesta di visti per l’estero da parte di cristiani è aumentata. A Gaza i cristiani sono ormai soltanto 3.000. In Cisgiordania la popolazione cristiana diminuisce di anno in anno, a causa di minacce e intimidazioni. Quando le vignette sul profeta Maometto furono pubblicate nel 2005 dal Jylland-Posten, danese, a Gaza i cristiani furono presi di mira. Dopo il discorso di Ratisbona di Papa Benedetto XVI, a settembre, una chiesa della Striscia fu assalita. La domenica dopo, a messa terminata, l’arcivescovo greco ortodosso Alexios aveva raccontato al Foglio che la maggior parte dei suoi fedeli non si era presentata alla funzione per paura. A Beit Jalla, frazione di Betlemme, il macellaio armeno, l’unico a vendere carne di maiale in zona, ha subito negli ultimi anni numerosi attacchi anonimi. Molti suoi animali, alla fattoria, sono stati uccisi.
Sono pochi quelli che si arrischiano a parlare della situazione. Chi lo ha fatto, come Samir Qumsieyeh, proprietario di un’emittente
cristiana a Betlemme, si è trovato la casa presa d’assalto. Ma la comunità punta ancora a tenere bassa la questione. Ibrahim Faltas,
parroco di Gerusalemme, francescano che ha vissuto in prima persona l’occupazione della basilica di Betlemme da parte di uomini armati palestinesi, racconta al Foglio che tutti hanno condannato l’ultimo attacco a Gaza. “Non c’è una persecuzione islamica – dice – i cristiani se ne vanno a causa della situazione politica ed economica.
Sono state danneggiate pietre, qui, non i cristiani fisicamente”.

© Copyright Il Foglio, 22 giugno 2007


«In Iraq i cristiani dimenticati Anche dagli Usa»

di FRANCA GIANSOLDATI

CITTA’ DEL VATICANO - Che ci fosse emergenza per i cristiani iracheni era cosa, purtroppo, ben nota in Vaticano. Che il quadro fosse così spaventoso, un po’ meno. I «cristiani stanno morendo». Nei Sacri Palazzi, nei giorni scorsi, si è tenuta una drammatica riunione a porte chiuse. Il dossier Iraq è stato al centro di due dettagliati resoconti da parte del Patriarca Caldeo, Delly e del nunzio a Baghdad, Francis Chullikatt. Entrambi hanno denunciato persecuzioni, minacce, violenze da parte dei gruppi di estremisti. Per chi è battezzato, nella tribolata era post Saddam, sembra che non ci siano molte scelte: o ci si converte all’Islam oppure non resta che fuggire. Gli attacchi su base confessionale avvengono ormai dappertutto e i cristiani paiono «capri espiatori» da eliminare. Il 36 per cento dei profughi rifugiati nei paesi limitrofi sono cristiani, a Bassora non restano che 300 famiglie, a Bagdad si vive sotto la soglia della povertà. La comunità cristiana passata da 500 mila anime a meno di 100 mila non riceve adeguati sostegni. I cristiani sono «soli». Come se non bastasse la situazione «peggiora di giorno in giorno» nel silenzio delle stesse conferenze episcopali mondiali. L’unica voce che si sente, vox clamantis in deserto, è quella di Papa Ratzinger che, anche ieri, ha implorato pace per il Medio Oriente parlando di «autentico martirio per il nome di Cristo». Alla riunione della Roaco (l’acronimo sta per Riunione delle Opere per l’Aiuto alla Chiese Orientali) sono risuonate amare le parole del patriarca. Gli americani, avrebbe detto in sintesi, non stanno facendo granchè per limitare i danni ai cristiani, intenti a curare i propri interessi più che a soccorrere i caldei perseguitati. Le forze Usa hanno persino occupato, con un atto di imperio e contro la volontà del patriarca, il collegio di teologia di Bagdad. Il sopruso ha finito per ritorcersi contro i cattolici dato che i musulmani hanno interpretato l’ingresso degli americani nell’edificio come un implicito assenso dei cristiani al ruolo degli Usa. Delly ha reclamato invano la restituzione dello stabile ma finora l’esito delle richieste è caduto nel vuoto. Parole pesanti come macigni che non possono non evocare le responsabilità dell’amministrazione Bush per la devastante guerra preventiva, il cui risultato, oggi sotto gli occhi di tutti, è l’aver fatto saltare l’equilibrio tra le forze sociali irachene. Il rischio del collasso ora è altissimo. Quadro decisamente «sconfortante» che ricorda tanto i primi secoli del cristianesimo quando i fedeli subivano persecuzioni in silenzio, forti solo della propria fede. Ciò che da Bagdad i religiosi, i laici impegnati, i vescovi chiedono all’Occidente cristiano è una maggiore solidarietà, per fugare l’attuale senso di solitudine. Non è un caso se Delly ha richiamato alla memoria gli eventi storici legati alla caduta di Costantinopoli, quando la chiesa dell’epoca chiedeva, implorava, scongiurava di non essere lasciata in balìa della Mezzaluna. Ma allora nessuno volle ascoltare. Chissà stavolta...

© Copyright Il Messaggero, 22 giugno 2007


Londra/ Tony Blair è pronto a convertirsi al cattolicesimo. Ne discuterà sabato durante l'incontro con Papa Benedetto XVI

(Apcom) Il premier britannico Tony Blair si convertirà al cattolicesimo dopo aver lasciato Downing Street, la prossima settimana. Stando a quanto affermato dagli amici del premier alla stampa britannica, "è chiaro a molti che sta per avvenire". Blair è atteso sabato in Vaticano per la sua terza visita in quattro anni ed è probabile che discuta la sua conversione con Papa Benedetto XVI. Stretti collaboratori del premier hanno riferito all'Independent che il premier discuterà con il Pontefice anche del suo progetto di creare una Fondazione interreligiosa.

Più volte, in passato, si è parlato di una possibile conversione di Blair alla Chiesa cattolica, sempre smentita da Downing Street. Ora, gli amici sostengono che il premier è pronto a formalizzare la sua adesione al cattolicesimo, sottolineando che in tale decisione è stata determinante la sua "guida spirituale", la moglie Cherie. La coppia Blair ha quattro figli, tutti allevati nella fede cattolica della madre, e da anni segue abitualmente le funzioni di rito cattolico.

Stando all'Independent, Blair ha discusso la sua conversione con il canonico Timoty Russ, il parroco di Chequers, la residenza del premier nel Buckinghamshire, ma il processo formale verrà gestito da Padre John Walsh, spesso ricevuto proprio a Chequers.

Il Regno Unito non ha mai avuto un premier cattolico e si ritiene che Blair abbia deciso di rimanere anglicano durante il suo mandato a Downing Street per evitare problemi di carattere legale e politico. Sebbene non ci siano ostacoli costituzionali all'insediamento di un capo di governo cattolico, alcuni esperti di diritto ritengono che l'Emancipation Act del 1829, che riconosce i diritti civili ai cattolici, possa ostacolare la nomina di un cattolico, perchè prevede che nessun consigliere cattolico della monarchia possa assumere incarici militari o civili. Alcuni costituzionalisti ritengono inoltre che una conversione potrebbe alterare i rapporti tra stato e chiesa. Come premier, Blair ha infatti presentato proprie raccomandazioni alla Regina per le nomine nella Chiesa d'Inghilterra. Ruolo che il prossimo premier, Gordon Brown, ha già annunciato di voler affidare alla chiesa nell'ambito della riforma costituzionale che intende avviare.

© Copyright Apcom

Che esempio di democrazia la cara Gran Bretagna! In Italia abbiamo un ministro valdese e nessuno si e' mai lamentato...
Raffaella


Gb, Blair presto cattolico

Indiscrezioni del Guardian, Independent e Daily Telegraph

(ANSA) - LONDRA, 22 GIU - Sempre piu' insistente il tam-tam a Londra: l'anglicano Blair si convertira' presto alla fede cattolica della moglie Cherie. Tre autorevoli quotidiani - Guardian, Independent e Daily Telegraph - danno la cosa per certa. Blair 'andra' domani in Vaticano per incontrare il Papa in preparazione della sua conversione al cattolicesimo romano', scrive il Guardian citando 'fonti a Londra e a Roma' precisando che Blair e' stato preparato da padre Walsh, cappellano cattolico della Raf.

© Copyright Ansa

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