28 maggio 2007

Rassegna stampa del 28 maggio 2007


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Buongiorno a tutti :-)
Ecco la prima serie di articoli odierni...

Raffaella


Nuovi cardinali, lo scoglio delle nomine

Tanti gli aspiranti, pochi i posti disponibili. E Benedetto XVI preferisce attendere

di Paolo Francia

DOMANI compie 80 anni il cardinale indiano Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore dei siro-malabaresi, e il numero degli elettori in un eventuale Conclave scende a 105.
Benedetto XVI avrebbe dunque a disposizione 15 nomine, non volendo andare oltre il numero di 120 previsto dalla vigente costituzione che regola l’elezione papale, a differenza di Giovanni Paolo II che per due volte aveva sfondato il tetto, arrivando a 136. Ma Wojtyla ‘sentiva’ evidentemente che non era ancora giunta la sua ora e in effetti i cardinali elettori si sono poi assottigliati a 115 per il Conclave di Ratzinger.

TUTTAVIA il Papa tedesco è intenzionato ad attendere l’autunno, se non oltre. L’anagrafe dei porporati infatti non l’aiuta. Da qui a fine anno ne usciranno di età soltanto due, lo statunitense Edmund Casimir Szoka e l’ex segretario di Stato Angelo Sodano; e in tutto il 2008 tre. Siccome, per loro buona sorte, i cardinali sembrano godere di eccellente salute (sotto il pontificato di Benedetto XVI ne sono scomparsi soltanto due sotto gli 80 anni), il Papa può ragionevolmente contare, a breve, si e no su una ventina di nomine.
E qui nasce il problema, perché gli aspiranti con valide credenziali sono già oggi di più, senza contare quelli che di qui a un anno saranno chiamati a guidare diocesi importanti. Si può pensare che Parigi o Barcellona non abbiano un cardinale elettore? E che gli arcivescovi di San Paolo o Toronto, Washington o Varsavia, Kinshasa o Monaco non siano nel Sacro Collegio? E l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale?

AL PAPA si attribuisce l’intendimento di non raddoppiare la presenza nelle diocesi di cardinali elettori, affiancando il nuovo arcivescovo all’emerito, ma ciò non sembra sufficiente.
Per quest’ultimo aspetto assume ora una particolare rilevanza la nomina, nel Concistoro di un anno fa, dell’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra in presenza di un altro porporato, Giacomo Biffi. Con la recente uscita dal novero degli elettori degli emeriti di Cracovia e Budapest, soltanto due diocesi al mondo hanno il privilegio di averne due, Boston e, appunto Bologna.

MA BOSTON lo deve al forzato dimissionamento del cardinale Bernard Law per il gravissimo problema dei preti pedofili. E Boston, diocesi-chiave per la Chiesa dal punto di vista politico ed economico, non poteva restare senza un porporato in cattedra, l’attuale arcivescovo Sean O’Malley.

Quotidiano nazionale, 28 maggio 2007

Trovo che questo articolo sfoci, in due o tre punti, nel cattivo gusto..


Bagnasco rilancia il dialogo «Le tensioni vanno superate»

Il presidente Cei: il Colle aiuta a creare un clima positivo

Luigi Accattoli

ROMA — «Ho citato le parole del presidente Napolitano perché sono parole di altissimo livello, che destano riconoscenza, da parte mia e di tutti noi, e grande ammirazione. Credo che le sue parole contribuiscano alla costruzione di un clima positivo e alla crescita di tutto il Paese». Un apprezzamento pieno e cordiale, il terzo in una settimana, che viene dal presidente dei vescovi Angelo Bagnasco intervistato dalla rubrica di Rai1 «A sua immagine».
L'arcivescovo esprime la propria «ammirazione» per quanto il presidente della Repubblica ha detto in segno di solidarietà con lo stesso Bagnasco minacciato dalle scritte murali e dal proiettile in busta, ma afferma anche la convinzione che le parole di Napolitano aiuteranno la "crescita" del Paese: questa non è solo «riconoscenza» ma è qualcosa come una mano tesa, un impegno a collaborare.
Bagnasco aveva già ringraziato Napolitano lunedì scorso, aprendo l'assemblea della Cei, con riferimento alle parole «significative e apprezzabili» dette a suo sostegno a fine aprile. Venerdì, durante la conferenza stampa conclusiva dell'assemblea, era tornato a lodare il Capo dello Stato affermando che «ci unisce» la ricerca di «elementi di convergenza e di collaborazione» per il bene del Paese. Allora il riferimento era a quanto il giorno prima il presidente della Repubblica aveva detto a Firenze aprendo la conferenza governativa sulla famiglia. La sua mano il presidente dei vescovi non la tende solo al Colle ma a tutte le autorità dello Stato: «Per quanto riguarda le istituzioni, io penso che ci sia da parte di tutti — e da parte nostra, nel modo più assoluto — il desiderio di chiarezza, di rispetto reciproco, di confronto leale e non pregiudiziale su questioni fondamentali con la volontà di costruire il meglio, ognuno secondo la propria responsabilità».
Una cordialità rara — in questi tempi — da parte di un ecclesiastico di primo piano. Ma non ingenua, si capisce: «Per quanto riguarda certi momenti di tensione, io credo che a volte ci possono essere interessi pregiudiziali di qualche tipo che vogliono creare confusione.
Di fronte a queste intenzionalità, la Chiesa si pone com'è semplicemente, sperando che poi le cose vengano superate».
Forse qui il riferimento è anche alle iniziative di chi l'ha accusato di essere portatore di posizioni omofobiche per aver detto — durante un incontro genovese — che se non si ha un criterio valoriale «oggettivo» non si saprebbe come «dire no» a un eventuale «partito dei pedofili». Sempre nell'intervista di ieri Bagnasco esclude «nel modo più assoluto» che la Chiesa sia «omofoba», tant'è che «accoglie chiunque si avvicina a lei con attenzione e desiderio di aiuto, senza escludere nessuno». Riafferma «decisamente» d'essere stato «frainteso» in quanto «erano finiti sui giornali alcuni titoli davvero fuorvianti, che mi attribuivano pensieri mai pensati». Egli tuttavia assicura di aver reagito alle minacce «con serenità e senza particolare paura». Né cerca accomodamenti, quest'uomo pacato e fermo: «Si va avanti serenamente, con rispetto ma anche con chiarezza. Spero solo che il clima si distenda il più possibile, per il bene di tutti». Bagnasco ribadisce che su eutanasia e aborto, «temi fondamentali, la Chiesa ha il dovere di dire una parola». Con la «nota» sui Dico, i vescovi «non hanno fatto politica», ma hanno «ricordato fermamente un valore fondamentale per la Chiesa e per la società». Il Family Day ha «rilanciato e riproclamato» la famiglia «come il nucleo fondante di ogni società, come dice anche il dettato costituzionale».

Corriere della sera, 28 maggio 2007


Pezzotta: il Partito democratico? Non c'è posto per noi cattolici

«Dubbi sulle misure per la famiglia, coprono solo l'emergenza» «Su Dico e testamento biologico Fassino ci ha capito, Amato no»

Gian Guido Vecchi

MILANO — L'inizio, come si dice, è tutto un programma, «di certo bisogna riconoscere a Rosy Bindi di averci provato». Savino Pezzotta è un bergamasco tenace e diretto, non usa l'ironia per eludere le domande. Si parla di famiglia e della conferenza governativa di Firenze, e da lì alle prospettive politiche dei cattolici il passo non è poi così lungo. Difatti il portavoce del «Family Day», tutto considerato, non le manda a dire: «Guardo con preoccupazione alla fine, nel Partito democratico, della cultura del cattolicesimo democratico di matrice sturziana e degasperiana. Non per tirare in ballo Gramsci, ma l'esigenza che in Italia ci sia una presenza organizzata dei cattolici in politica esiste eccome. Lo dico così, senza volermi contrapporre a nessuno. Come si esprimerà non lo so ancora. Ma di certo è una necessità che si avverte fra la gente. E mi pare proprio che il Partito democratico, per come si sta costituendo, non dia una risposta».
Perché dice che il ministro della Famiglia, a Firenze, «ci ha provato»?

«Abbia pazienza: Prodi ha detto una cosa, Padoa- Schioppa un'altra, Visco un'altra ancora, alcuni ministri manco c'erano. Problema: che farà il governo domani? Spero che Rosy riesca a metterli d'accordo...».

Prodi ha assicurato che i due terzi del «tesoretto» andranno alle famiglie...

«Bene, io stesso avevo chiesto si destinasse a loro. E sarebbe accettabile se i due terzi, in effetti, lo fossero».

E non è così?

«Ahimè, no. Si parla di politiche sociali che certo hanno influenze sulle famiglie, ma non sono interventi specifici sul tema. È un po' come quando, da sindacalista, distinguevo tra spesa assistenziale e previdenziale. Tra emergenza e prospettive. Il governo deve saper distinguere e avere il coraggio di scegliere».

In che senso?

«La famiglia è un'altra cosa. Certo i poveri vanno aiutati e subito, si figuri! Se Prodi dice che vuole farlo sono contentissimo, del resto ricordo bene l'allarme lanciato dall'arcivescovo Bagnasco sulla povertà. Ma sono due piani diversi: è un tema che terrei distinto dalle politiche familiari, le quali hanno bisogno di continuità nel tempo, anche oltre il "tesoretto".
E pure le famiglie vanno aiutate da subito, ne va del futuro del Paese».

Sì, ma come si fa?

«Con buona pace degli "altolà" di Padoa-Schioppa, il governo dovrebbe definire nel Dpef e in Finanziaria tre priorità: debito pubblico, famiglie e contrasto alla povertà. Punto. Parliamoci chiaro: l'Italia destina alle famiglie l'uno per cento del pil, la metà della media europea, un terzo di Francia e Germania, un quarto dei Paesi scandinavi. È troppo chiedere che si arrivi almeno al livello dell'Europa? Quanto agli altri, interessi e corporazioni varie, si mettano in fila».

La Cdl ha parlato di spot elettorale.

«Non so se fosse uno spot e non è un problema mio. Io aspetto il 7 gennaio 2008 per vedere se, nella Finanziaria, alle parole corrisponderanno i fatti».

Qualcosa che ha apprezzato di Firenze?

«La proposta del ministro Bindi di creare un tavolo bipartisan per garantire continuità alle politiche familiari. È un'idea di sostanza, un metodo che dovrebbe coinvolgere anche le associazioni familiari e andrebbe allargato alle questioni eticamente sensibili. La vita non può essere un compito del governo, il parlamentare deve poter riconquistare la sua libertà. Questo è stato l'errore sui Dico. E per questo ho trovato sorprendenti gli interventi di Pollastrini e Amato».

Sorprendenti?

«Sui Dico o il testamento biologico la loro intransigenza è inconcepibile. Un po' di prudenza, andiamo: perché affermare cose che turbano la nostra coscienza? Significa non aver capito niente di quanto è successo al Family Day. Non vedere che c'è un popolo che ha detto: fate altre cose. Piero Fassino e, ogni tanto, Rosy Bindi lo hanno compreso».

C'è chi dice: con i principi «non negoziabili» addio democrazia.

«E perché? Per un laico democratico la libertà o la giustizia sono forse principi negoziabili? Se uno mette in discussione i miei principi mi oppongo e poi si vede, no? No: non si vuole che parliamo! E poi faccio una battaglia laica, mica chiedo di sposarsi in Chiesa».

Già, ma a chi nel centrosinistra cerca un dialogo come risponde?

«C'è chi ha scelto di convivere? Per carità. Non li obbligo ad andare in Comune né in Chiesa. E so che hanno dei bisogni da risolvere sul piano della loro scelta individuale: attraverso il diritto comune, il codice civile. Tutto qui. Ma la questione di fondo è un'altra».

Quale?

«La visione antropologica. C'è chi ritiene non si debba destrutturare la società ma mantenere come punto costitutivo la famiglia e chi invece ha un'idea di società individualista e libertaria. Due visioni del mondo difficilmente conciliabili».

Eppure conciliare quelle visioni sarebbe l'ambizione del Partito democratico, no?

«Io non so se ce la fanno. Ho già detto che non entrerò nel Pd e sto a vedere che succede. Mi siedo sulla riva del fiume. Per carità, i miei amici popolari possono rischiare...».

E ai «teodem» che direbbe?

«Li invito ad assumere la virtù della prudenza. È meglio prendersi un po' di tempo in più e fare le cose per bene».

Ma non sta andando troppo per le lunghe?

«Mah, io avrei pensato al Pd come a un "partito area", un contenitore nel quale le diverse tradizioni politiche avessero potuto mantenere la loro identità e autonomia. Forme organizzate che si associano. Un luogo che garantisse alla mia cultura di vivere. Ma non è avvenuto».

Quindi?

«Mi batto per i miei valori, per una cultura che in Italia deve mantenere la capacità di esistere. Perché devo annullarmi, scomparire?».

Addio bipolarismo?

«Ma no, semmai sono per un bipolarismo mite. Non dico questo contro nessuno. Nel sindacato ho sempre vissuto un rapporto sereno con i comunisti. Si può vivere anche nella diversità. Certo, bisogna semplificare il quadro politico, ma il pluralismo non è in contasto con il bipolarismo».

In un convegno su don Mazzolari ha detto a Veltroni: non mettetelo nel Pantheon.

«Il Pantheon è l'inizio del declino dell'impero. Quando non si riusciva più a governare hanno messo là tutti gli dèi perché in realtà ce n'era uno solo: l'imperatore. Per questo detesto il sincretismo».

Parlava del «popolo» del Family Day...

«Sono sommerso da e-mail che ci incitano ad andare avanti».

E ora?

«Non è che ce ne torniamo a casa. Ci sono altre questioni eticamente sensibili: il testamento biologico, per dire. Questa è la svolta del Family Day: il mondo cattolico non è più solo un serbatoio di voti, ma una soggettività che può mettere in campo i propri valori».

Corriere della sera, 28 maggio 2007


Anche il Papa in aiuto di Maddie

di Redazione

La speranza si affievolisce, e a sorreggerli resta unicamente la fede religiosa, per i genitori di Madeleine McCann.

La mamma e il papà della bimba britannica misteriosamente scomparsa, probabilmente rapita mentre dormiva il 3 maggio in Portogallo, si sono ieri recati a pregare per il suo ritorno al santuario mariano di Fatima, il luogo più sacro della cristianità nel Paese. È la prima volta che la madre lascia il luogo del rapimento. Gerry e Kate McCann, secondo l’emittente «Sky», avrebbero anche chiesto di incontrare il Papa e Benedetto XVI avrebbe accettato. Entrambi cattolici, i coniugi McCann hanno indirizzato la richiesta attraverso gli esponenti della Chiesa londinese. L’udienza non potrà comunque avvenire prima di mercoledì. Il Pontefice, da parte sua, ha seguito il caso della piccola sin dall’inizio.

Il Giornale, 28 maggio 2007

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