25 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret": le critiche del cardinale Martini


Cari amici, in questo post leggeremo l'articolo che "Il Foglio" ha dedicato alla presentazione di "Gesu' di Nazaret" da parte del cardinale Martini. A breve le critiche di Melloni (al Papa) e di Messori (a Martini).
Ammetto che ha dato molto fastidio anche a me che il cardinale abbia rimarcato che Papa Ratzinger e' un teologo e non un esegeta. In fondo Benedetto XVI potrebbe dire il contrario :-)
Ricordiamoci, pero', che e' stato lo stesso Papa ad invitare a criticare il suo libro, che non e' un atto del Magistero.
Il fatto che abbia affidato la presenzione del testo al cardinale Martini la dice lunga sull'apertura mentale del Pontefice
.
Raffaella

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"GESU' DI NAZARET" DI JOSEPH RATZINGER-BENEDETTO XVI

Il cardinale Martini commenta "Gesu' di Nazaret"

"Gesu' di Nazaret" secondo Carlo Maria Martini

Il Papa superstar in libreria


Martini corregge Ratzinger in francese

Il cardinale presenta a Parigi il libro del Papa, confida che avrebbe voluto scriverlo lui, dice che corrisponde alle sue attese, aspetta il secondo volume e gli fa qualche appunto esegetico da biblista esigente

Parigi. La sala XII era già gremita, ieri all’Unesco, quando è arrivato il cardinal Carlo Maria Martini e ha preso posto sul palco tra l’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, e l’ex arcivescovo emerito di Strasburgo, Joseph Doré, già allievo del professor Joseph Ratzinger a Münster.
L’incontro è stato organizzato dalla libreria La Procure per presentare l’edizione francese del “Gesù di Nazaret”. Il cardinale
Martini, che vive da cinque anni a Gerusalemme, ha cominciato a parlare commosso, con voce rotta dall’emozione, ha salutato il nunzio apostolico, ha ringraziato gli ospiti, si è detto “contento di essere qui, in questa città meravigliosa, forse per l’ultima volta”, e si è rivolto alla benevolenza del pubblico per il suo francese, citando le stesse parole del Papa, che nel suo libro invoca la benevolenza dei lettori.
Poi, con la freddezza dell’esperto in esegesi, il cardinale gesuita, già successore di Ambrogio ed ex rettore della Pontificia Università Gregoriana, è entrato in medias res, presentando una scaletta in cinque punti: chi è l’autore, di cosa parla, quali fonti usa, con quale metodo, e cosa bisogna pensare del libro.
“L’autore è Joseph Ratzinger, professore di teologia cattolica, e dunque grande conoscitore della ricerca storica su Gesù che si è andata sviluppando negli ultimi cinquant’anni. Ma è diventato anche il vescovo di Roma e Papa della chiesa cattolica.
E qui sta la prima ambiguità del libro – ha detto il cardinal Martini – E’ il libro di un professore tedesco, cristiano convinto, o è il libro di un Papa che scrive con il peso del suo magistero?”. La questione, ha osservato l’ex arcivescovo di Milano, si pone sin dal frontespizio, anche se l’edizione francese risolve il dilemma, rispetto a quella italiana, presentando il nome del Papa su una sola riga, e in un corpo minore.
“Mi domando se non era meglio omettere del tutto la menzione del Papa dal frontespizio – ha detto Martini – visto che è l’autore stesso, nell’introduzione, a dichiarare che il libro ‘non è in alcun modo un atto del magistero, ma solo l’espressione della mia ricerca personale del ‘volto del Signore’… sicché ognuno è libero di contraddirmi’”.
Martini, però, da cardine della chiesa di Roma, si è subito posto tra quei lettori ai quali Papa Ratzinger ha chiesto un “credito di benevolenza senza il quale non c’è comprensione possibile”. E senza rinunciare alla sua leggendaria spigolosità, ha così chiosato: “Sono pronto a far credito di benevolenza, ma credo che per un cattolico non sarà facile contraddire quanto è scritto in questo libro, anche se personalmente lo affronterò con grande libertà di spirito, tanto più che l’autore – ha insistito il biblista Martini – non è un esegeta, ma un teologo, e pur se cita molti libri di esegetica, non ha mai fatto studi di prima mano, non cita mai le varianti dei manoscritti, come ho fatto io in uno studio critico del Nuovo Testamento, al quale ho dedicato tutta la mia vita, e accetta le conclusioni della maggior parte degli esegeti”.

Questo il primo appunto di critica testuale al Gesù di Ratzinger.

Il secondo. “L’assenza di notazioni testuali non consente di comprendere cosa significano le parole della pagina 203, a proposito di Deuteronomio 32, 8: ‘Nella versione del Deuteronomio, che è quella più recente’? – Che vuol dire? Tutti i manoscritti ebraici del Deuteronomio hanno questa versione – ‘Egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli israeliti’. Lo ripeto – ha insistito Martini come un maestro severo – la critica testuale non ama questo modo di esprimersi”. Peggio ancora l’edizione Rizzoli dove si legge: “Una recente variante di Deuteronomio 32, 8, accolta poi generalmente dice…”. Nessuna delle due espressioni è esatte, ha chiosato Martini: “Forse ci si riferisce alla variante ‘angelo di Dio’ che si trova in alcuni frammenti di Qumran, nella Bibbia dei Settanta – e cioè la più antica versione greca del Vecchio Testamento. Ma il testo ebraico non è una versione”.
Nel libro, ha continuato il cardinal Martini, ci sono anche altri errori, talvolta corretti nell’edizione francese, come il primo Libro dei Re di pag. 195, che nell’edizione italiana resta “il secondo”. Ci sono spiegazioni dubbie. Pretendere, per esempio, che quando Marco, 3, 14, scrive “istituì dodici apostoli” riprenda “una terminologia con cui nell’Antico Testamento si indica l’investitura
dei preti” lascia Martini perplesso.
Infatti lo stesso Marco, altrove 12, 31, 13, 33, parla di preti non legittimi, e l’espressione nella Bibbia greca ha un altro senso e nelle concordanze non se ne trova traccia.
Malgrado le pecche sul piano esegetico, il libro di Ratzinger su Gesù di Nazaret avrebbe dovuto aggiungere come sottotitolo “ieri
e oggi”. Non è solo la storia di Gesù, ma una lunga meditazione, un po’ nel senso dell’opera di Romano Guardini, sull’importanza che Gesù ha avuto per la chiesa di Roma, e pieno di allusioni alle questioni contemporanee.
“Per esempio, a partire dalle tre tentazioni di Gesù nel deserto, il contenuto della terza, che è il dominio del mondo, diventa visibile quando la storia prende una nuova forma, com’è successo quando l’impero romano ha cercato di trasformare la fede in fattore politico, sostenendo la debolezza della fede col potere politico e militare”. Ed è questo, per Martini, a dare al libro una profondità particolare. Benedetto XVI oscilla tra una meditazione sulla storia posteriore a Gesù Cristo e sull’attualità presente, ma tratta anche della testimonianza dei Padri della chiesa. Nel capitolo sulla preghiera del Padre nostro, si sofferma sul “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Quotidiano, scrive Ratzinger traduce il greco “epiousios”, termine che secondo il teologo Origine, uno dei grandi maestri della lingua greca morto nel 254, in greco appunto non esiste, ma fu creato dagli evangelisti. “E’ vero” ha chiosato ieri Martini citando uno studio che ne attesta la ricorrenza in un papiro del III secolo dopo Cristo. E per dire la ricchezza del libro
ha pure sottolineato come, sempre a proposito del “non indurci in tentazione”, il Papa abbia citato i Padri della chiesa, e in particolare l’interpretazione di san Cipriano secondo il quale, “quando noi domandiamo al Signore di non indurci in tentazione esprimiamo la consapevolezza che il nemico nulla può contro di noi, se Dio non l’ha permesso. Così dobbiamo affidare alle mani di Dio i nostri timori, le nostre speranze, le nostre soluzioni, perché il demonio ci può tentare solo se Dio gliene dà il potere”.
Quanto alla storia di Gesù, il libro del Papa, ha ricordato Martini, è solo un primo volume, che va dal battesimo alla trasfigurazione.
Per dare “un giudizio completo” bisognerà aspettare il secondo sulla passione e sulla resurrezione. Certo, l’autore, ha detto il cardinale, ha scritto sulla vita di Gesù per interrogarsi sul significato che essa ha sulla nostra generazione e sulle generazioni a venire.
“La sua è una meditazione sulla figura storica di Cristo e sulle conseguenze della sua venuta nel tempo. E mostra che senza la realtà di Gesù fatta di carne e sangue, il cristianesimo
diventa una semplice dottrina, puro moralismo, gioco intellettuale”.
Il Papa, ha spiegato poi Martini, parlando di religione giudaica, ha insistito nel riportare la fede cristiana alle sue radici ebraiche.
Gesù, come dice Mosé nel Deuteronomio, è il profeta che Dio farà alzare con me e che voi ascolterete. Ratzinger applica a Gesù questa definizione del Vecchio Testamento.
Ma a differenza di Mosé che incontra Dio e al quale viene detto “tu non potrai vedere il mio volto” (Esodo 33), al nuovo profeta Gesù sarà dato non solo di vedere realmente e direttamente il volto di Dio, ma anche di poter parlare a partire da questa visione.
Ed è questo incastro di conoscenze storiche e di fede a caratterizzare, secondo Martini, l’approccio di Ratzinger. Nel suo libro, il Papa discute a lungo sul valore storico del vangelo di Giovanni, seguendo l’esegesi protestante di Martin Hengel che parla
non di una “trascrizione stenografica delle parole di Gesù, ma di una comprensione nata dal ricordo che ci accompagna nella profondità di eventi e parole, e che viene da
Dio e porta a Dio”. Su questo si può essere d’accordo o meno, ma una cosa è certa, ha detto Martini: “Ratzinger è contrario all’imperialismo del metodo storico-critico”. Ne riconosce l’importanza, ma leggendo i vari testi riferendoli alla totalità della Scrittura scopre che esiste una direzione, che Vecchio e Nuovo Testamento non vanno dissociati, ché l’atto di fede è portatore di una ragione storica. Gesù storico è una figura molto più logica e comprensibile delle ricostruzioni critiche. E il tema più profetico della predicazione di Gesù era il suo mistero, il mistero della presenza e della parola di Dio.
Quella di Ratzinger dunque è una grande e ardente testimonianza, che mostra il bisogno dell’amore salvifico di cui Dio ci fa dono per
amare il nostro prossimo. Un libro molto bello, ha concluso Martini in vena di confidenze: “Io stesso pensavo di scriverlo, come conclusione al mio lavoro sul manoscritto 1209, ma sono contento che l’abbia fatto Ratzinger perché corrisponde alle mie attese”.

Marina Valensise

Il Foglio, 24 maggio 2007

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