29 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret": il Time racconta "il rabbino del Papa"


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Rabbino berlinese deportato a Theresienstadt, Leo Baeck cercò per una vita di “reinserire il Vangelo nell’ambiente originale della Palestina ebraica e assegnare ai fatti e agli atti di Gesù la loro
vera origine: la tradizione autentica dell’ebraismo”. Autore dell’opera “Il Vangelo. Un documento ebraico”, Baeck ricordava che l’asino con cui Gesù entra a Gerusalemme è presente nella tradizione
sapienziale, che i Proverbi e Qohelet furono un modello per gli adagi, che la Passione è presente nei Salmi sul Servo Sofferente, che Gesù era ebreo. Baeck era attratto dalla figura del Cristo ebreo, che morì come membro del suo popolo, fedele alle sue pratiche, figlio della speranza ebraica e “resuscitato dai morti il
terzo giorno”, come vogliono i Profeti. Il Vangelo è “un libro integralmente e perfettamente ebraico”, celebra la fede, l’oppressione, la sofferenza, lo spirito, la disperazione e l’attesa ebraica. “L’ebraismo non ha il diritto di passare davanti a esso senza fermarsi, di ignorare e di cercare di rinunciarvi. Anche qui deve cogliere e conoscere il proprio genio”.
Il rabbino Jacob Neusner, che i lettori del Foglio hanno conosciuto per una sua bella intervista del 16 maggio scorso, è il più alto erede di questa tradizione ebraica di lettura evangelica. “Come uno studioso ebreo è diventato la musa del cattolico numero uno”. E’ l’incipit del ritratto che Time magazine dedica a Neusner, “il rabbino preferito del Papa”.
Di lui Benedetto XVI parla nel quarto capitolo del “Gesù di Nazaret” (Rizzoli), dove analizza il Discorso della montagna, “la nuova Torah portata da Gesù” dopo quella consegnata a Israele. Il rabbino ortodosso Neusner è l’autore del libro “A Rabbi Talks with Jesus”, New York, 1993), un rabbino parla con Gesù, secondo Ratzinger “il saggio di gran lunga più importante per il dialogo ebraico-cristiano che sia stato pubblicato nell’ultimo decennio”. Neusner, scrive il Papa, “si è, per così dire, inserito tra gli ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un colloquio con Gesù… Questa disputa, condotta con rispetto e franchezza fra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo, più delle altre interpretazioni del Discorso della montagna a me note, mi ha aperto gli occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla quale ci pone il Vangelo.
Così desidero entrare anch’io, da cristiano, nella conversazione del rabbino con Gesù, per comprendere meglio, partendo da essa, ciò che è autenticamente ebraico e ciò che costituisce il mistero di Gesù”.
“Non sono offeso che i cristiani mangino il maiale”, scherza Neusner nel dialogo con Time. Il settimanale americano scrive che mai prima di oggi un Pontefice aveva fatto suo il punto di vista di un ebreo sui cattolici.
Era sempre avvenuto il contrario, neanche il Concilio Vaticano II aveva osato tanto. “Scegliendo Neusner come sua musa, Benedetto XVI ha selezionato un uomo formidabile e controverso in materia di studi ebraici come il Papa lo è nel cattolicesimo”. Autore di 950 pubblicazioni, Neusner è il più grande specialista della letteratura rabbinica antica.
“Come esperto della letteratura che va dal primo al sesto secolo, Neusner è un costruttore imperiale, una figura centrale nel cimentarsi con l’analisi del giudaismo nelle università americane”.
Raccontando la sua “sovrumana e brillante
produttività”, David van Biema scrive che “Neusner è famoso per indisporre molti dei suoi allievi. Può mantenere un’amicizia – John Updike scrisse nel 1986 la storia ‘John Neusner’ – ma come lui stesso ammette, resta una delle persone più conflittuali che conosca”. E il conflitto è l’anima del suo libro più noto: “Neusner basa il suo libro sulla comprensione che il Vangelo di Matteo fu scritto come un invito ai discepoli ebrei di Gesù, cercando di convincerli che egli era il Messia a lungo atteso da Israele. La sua affermazione secondo cui il Discorso della montagna ‘non abolisce la Torah e i discorsi dei Profeti, ma li completa’, è una delle sentenze cardini che connettono i monoteismi”.
Time scrive che Neusner e Ratzinger avviarono una corrispondenza negli anni successivi il Concilio Vaticano II.
“Una lettura attenta del capitolo del Papa suggerisce più che un matrimonio di convenienza. Benedetto XVI è preoccupato da ciò che vede sul messaggio della divinità di Gesù. Benedetto scrive che ‘Neusner ci ha mostrato che abbiamo a che fare non con un moralismo, quanto con un altissimo testo teologico’”.
L’ampia citazione del Papa ha colto felicemente di sorpresa il rabbino nella sua casa di Rhinebeck, nei pressi di New York.
Nel libro scriveva: “Immaginate di camminare un’estate per una strada polverosa in Galilea, di imbattervi in un piccolo gruppo di giovani, guidati da un giovane uomo. La personalità dell’uomo attrae la vostra attenzione; egli parla. gli altri ascoltano… Se voi foste stati là, che cosa avreste fatto?”.
Neusner oggi dice: “Se mi fossi trovato nella terra di Israele nel primo secolo, non avrei abbracciato il circolo dei discepoli di Gesù; se avessi ascoltato il Sermone della montagna non lo avrei seguito”. Joseph Sievers, direttore del centro di studi giudaici della Pontificia università gregoriana di Roma, ricorda che Neusner è stato ospite del suo istituto e che in quell’occasione ha dimostrato di “prendere molto seriamente le affermazioni di Gesù: egli non è solo un rabbino che insegna la regola d’oro”. Neusner e Ratzinger condividono un’“alta cristologia”.
“Il rabbino non cerca facili soluzioni o di costruire ponti” dice Sievers.
“Non puoi aspettarti che il Papa si circoncida” dice Neusner. “E’ cristiano, io sono ebreo”. Poi confida: “Vorrei scrivere un libro con lui su Paolo”.
(gm)

Il Foglio, 29 maggio 2007

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