29 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret": elogi inattesi dalla Francia


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Rassegna stampa del 29 maggio 2007


Il Nouvel Observateur elogia Ratzinger

In occasione del discorso che Benedetto XVI pronunciò nell’aula magna dell’Università di Ratisbona, mentre sulla stampa americana in solitaria Charles Krauthammer e il Wall Street Journal sostenevano il cuore dell’intervento del Papa e il suo diritto a denunciare la sottomissione dei non musulmani nella umma islamica, in Francia Jacques Julliard ne prendeva le difese contro la solitudine forzosa a cui Ratzinger veniva sottoposto. Sul Nouvel Observateur, settimanale molto letto a sinistra, Julliard collocò il discorso di Ratisbona “nella linea di san Tommaso e di Giovanni Paolo II. In questa epoca di fideismo e di superstizione bisogna rimproverarlo?
Ratzinger chiede che in materia religiosa come altrove la libertà sia la regola, non la costrizione. I democratici dovrebbero avere motivi di risentimento?”.
E’ così “strano nel paese di Voltaire” che occorra “difendere il Papa e la chiesa cattolica contro il fanatismo”?
Ora, sempre sul Nouvel Obs Jacques Julliard tesse gli elogi dell’opera “sottile e chiara” di Joseph Ratzinger su “Gesù di Nazaret”, la cui edizione francese è stata appena presentata a Parigi dal cardinal Carlo Maria Martini. Al libro il settimanale dedica ben quattro interventi.

“Un intellettuale sul trono di Pietro” è il titolo dell’articolo di Julliard, in cui parla dell’“umiltà” del Pontefice bavarese così distante dall’immagine del “Papa trionfalista” che lo ha preceduto, per Julliard Ratzinger è più vicino a Paolo VI. Julliard poi straccia come insignificante lo stereotipo del pontefice “reazionario, dogmatico e intransigente”: “La stampa francese è di una superficialità eccezionale in materia di informazione religiosa”. Elogia quindi la sua prima enciclica, “Deus caritas est”, in quanto “riabilitazione sorprendente, da parte del magistero cattolico, dell’amore carnale”.
Ha parole sorprendenti per il tentativo del teologo Ratzinger di opporsi alla “riduzione del cristianesimo a filosofia, saggezza, gnosi, prodotto dello spirito senza base storica reale”, in cui Gesù, passato attraverso la “smaterializzazione completa del Cristo” e un “sincretismo emozionale”, “è diventato star, idolo, guaritore, grande fratello, guerrigliero”.

“Il ritorno alla giudaicità di Gesù”
Ben diversa l’analisi di Luc Ferry, il filosofo ex ministro dell’Istruzione di Pierre Raffarin che su Ratisbona elabora un giudizio opposto a quello di Julliard: “Le sue insinuazioni che toccano la violenza intrinseca di una religione musulmana che ignora la ragione greca erano discutibili, basta leggere la grande tradizione andalusa di Averroè”. Sul libro, Ferry nota che “quando cessa di essere Papa e militante della sola ‘religione vera’, quando ridiventa pensatore e teologo per consegnarci la sua versione della vita di Gesù, Joseph Ratzinger fa meraviglie. E’ con un’intelligenza notevole che esamina un problema chiave della teologia contemporanea: come accordare il messaggio dei Vangeli e quello delle scienze storiche, come conciliare l’immagine dell’Uomo-Dio alla quale conduce la fede e quella, inevitabilmente laica e disillusa, che elabora la critica storica moderna?”.
Più critico lo storico Daniel Marguerat, che dice: “Gesù appartiene a tutti, questa grande figura dell’umanità è un luogo di confluenza, di dialogo fra cristianesimo e cultura. La relazione fra la chiesa e la ricerca ha dato luogo a un braccio di ferro spettacolare”. Ricorda il caso di Ernst Renan, che “con la sua sublime ‘Vita di Gesù’ ha sollevato l’ira della chiesa dopo aver infiammato le folle. Da quando è nata, alla fine del XVIII secolo, con il tedesco Hermann Reimarus, la ricerca del Gesù della storia ha sempre destato il sospetto o l’ostilità della chiesa. Oggi Benedetto XVI ne ammette la legittimità. Grande erudito, conosce la ricerca accademica, dialoga con essa”. C’è un tuttavia: “Se il Papa si presta a tale operazione, è perché vi vede un pericolo per la fede. Il suo scopo è dare una ‘versione ufficiale’ di Gesù”. Il libro per Marguerat è segnato dal “grande ritorno alla giudaicità di Gesù. La presa di coscienza del dramma della Shoah non è ovviamente estranea”. Secondo Marguerat sono “pagine di una bellezza estrema, proseguono la linea del dialogo con l’ebraismo di Giovanni Paolo II e lo alimentano intellettualmente.
Da un punto di vista teologico, la lettura è perfettamente equilibrata, intelligente, a volte brillante, ma va contro ciò che la critica storica ha messo insieme in due secoli. Benedetto XVI legge la figura di Gesù come i Padri della chiesa, non critico questa interpretazione ‘canonica’, ma non può pretendere l’obiettività storica. Ratzinger spiega che dopo la sua morte i cristiani assegnarono a Gesù tre titoli che egli non aveva applicato a se stesso, ‘Cristo’, ‘Signore’ e ‘Figlio di Dio’. Molto bene. Ma è il risultato di un secolo di lavoro della ricerca storica. Perché non gli rende omaggio?
Ci si aspetterebbe un po’ più di generosità da un Papa”. Marguerat pone infine la stessa domanda del cardinal Martini: “Chi parla? Il professore, il polemista, il pastore?”.
Sorprese anche dall’intervento dello scrittore Philippe Sollers: “Il ‘Gesù di Nazareth’ si apre con tutte le prevenzioni possibili. Paradiso qui, inferno là, crociate, inquisizione, santi, sante”. Anche al più prevenuto degli intellettuali parigini si spalanca in bellezza il capitolo che il Papa dedica alle grandi immagini del Vangelo di san Giovanni: “E’ splendido, l’acqua, la vite, il vino, il pane, ecco l’inesauribile.
Giovanni Paolo II è stato una superstar inattesa;
Benedetto XVI, con la sua interiorità entusiasta ed erudita, inizia a preoccupare seriamente lo spettacolo della devastazione globale. Ha già una pessima reputazione. E’ perfetto”.
(gm)

Il Foglio, 29 maggio 2007

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