25 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 25 maggio 2007 (1)


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Rassegna stampa del 25 maggio 2007


Il Papa: la Chiesa fattore unificante per l'Italia

Ieri l'incontro di Benedetto XVI con i vescovi «La famiglia ha bisogno di essere riconosciuta»

CITTÀ DEL VATICANO «Ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata». «Pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica» ma anche inderogabile necessità di guardare «al bene comune dell'Italia». In questa luce, «la recentissima manifestazione a favore della famiglia è stata una straordinaria festa di popolo» che deve rilanciare «il significato e il ruolo della famiglia». Grande attenzione e spirito di servizio «ai bisogni della gente, alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste». In Italia «la fede è viva e profondamente radicata», ma va difesa da «difficoltà e insidie», in particolare «da una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca di rivendicazioni non di rado ingiustificate».
Il discorso di Benedetto XVI ai vescovi italiani, riuniti nell'aula del Sinodo in Vaticano per l'incontro con il vescovo di Roma e Primate d'Italia, non è una «lectio magistralis» ma ha il tono piano e il linguaggio semplice di una conversazione tra amici e «tra cari fratelli vescovi italiani». Ma la sostanza resta alta, i contenuti solidi, i temi importanti per il presente e il futuro della fede in questo Paese, il ragionamento serrato e incalzante.
Il clima alla Conferenza episcopale, come si è capito dalla prolusione di lunedì 21 del neopresidente monsignor Angelo Bagnasco, è cambiato, e lo conferma il discorso papale di ieri, ma le problematiche sono serie e importanti per tutto il Paese, e vanno affrontate con cuore e intelligenza, con impegno e «sollecitudine pastorale», ma anche con quella tranquilla e coraggiosa determinazione che Ratzinger manifesta sempre più e con la quale vuole caratterizzare il suo pontificato. E non ci si illuda di infilare un «cuneo» tra il Papa e i vescovi italiani, perché l'appoggio reciproco è pieno, la condivisione è totale, la convergenza di pensiero e di azione è assoluta.
La prima parte del discorso traccia un bilancio delle «visite ad limina» che i vescovi italiani hanno compiuto dal 23 novembre 2006 al 28 aprile 2007. Il Papa ne ha «un bellissimo ricordo» perché «ho potuto entrare nell'intimo della vita della Chiesa, dove c'è ancora tanta ricchezza e tanta vitalità di fede, dove in questo difficile periodo non mancano i problemi, ma si vede anche che la forza della fede è profondamente operante nelle anime». Poi un forte invito ai lontani, ai miscredenti, ai non praticanti: «Anche laddove la fede appare spenta, una piccola fiamma rimane: noi possiamo ravvivarla». Al di là di tutto il politichese e di tutte le interpretazioni, sono questi i temi forti e veri che da sempre stanno a cuore ai pastori: l'annuncio del Vangelo, la fede della gente, i problemi spirituali e materiali delle persone.
Il vescovo di Roma ne trae questa «certezza»: «In Italia la fede è viva e profondamente radicata, la Chiesa è una realtà di popolo, vicina alle persone e alle famiglie». Le situazioni sono differenziate «in un Paese così ricco di storia e caratterizzato da molteplici eredità, da diverse condizioni di vita, di lavoro e di reddito», ma «la fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono il grande fattore unificante di questa amata nazione e un prezioso serbatoio di energie morali per il futuro».
Ci sono «difficoltà» e «insidie». Una le riassume tutte e «pesa nella vita e nei comportamenti delle persone»: «Una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze, ricca di rivendicazioni non di rado ingiustificate». Occorre contrapporvi «un irrobustimento della formazione cristiana mediante una catechesi più sostanziosa». L'altro rimedio è «mettere Dio al centro delle nostre comunità, dando il primato alla preghiera, all'amicizia con Gesù, alla santità». Quindi grande cura per le vocazioni, formazione permanente del clero, impegno per il laicato: «In alcune regioni il numero troppo esiguo di giovani sacerdoti rappresenta già adesso un serio problema per l'azione pastorale».
Torna sul IV convegno della Chiesa italiana a Verona (16-20 ottobre 2006), al quale diede un forte impulso nella visita di giovedì 19 ottobre: «Sono felice dei risultati maturati, ma bisogna rendere effettivo e concreto quel «grande sì» che Dio in Cristo ha detto all'uomo, alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e intelligenza». Il pacato Ratzinger si accalora quando afferma: «È di grandissima importanza far percepire che il Cristianesimo è un grande «sì» che viene da Dio», come ribadirà la «nota pastorale» sul convegno discussa e approvata in questa assemblea.
Collegato a Verona è il tema di questa assise che Bagnasco concluderà stamane, prima tra i vescovi e poi nella conferenza stampa. Spiega Benedetto XVI: «Si tratta di annunciare e testimoniare Gesù Cristo» tra i popoli che non lo conoscono, tra gli immigrati che vengono in Italia, «tra la nostra gente», specie quella che si è allontanata dalla fede e che «è sottoposta alla pressione delle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese e in tutta l'Europa». Riemerge qui il prefetto della Dottrina della fede: «Alla base dell'impegno missionario bisogna mettere la fondamentale verità che Gesù Cristo è l'unico salvatore del mondo», come egli affermò nel documento del 2000 «Dominus Iesus», dal quale scaturiscono «l'unicità e l'universalità salvifica della rivelazione e il compito irrinunciabile di annunciare a tutti, senza stancarsi o rassegnarsi, Gesù via, verità e vita». Poi con accenti accorati: dalla situazione del mondo si capisce che «il Dio che si è dato un volto umano, si è incarnato, ha nome Gesù Cristo, ha sofferto per noi, questo Dio è necessario per tutti ed è l'unica risposta».
Manifesta rispetto e stima per le altre religioni e culture, per i semi di verità e bontà che vi sono, ma ciò «non diminuisce l'originalità, la pienezza e l'unicità della rivelazione del vero Dio, e non diminuisce né indebolisce la vocazione missionaria della Chiesa». Per la terza volta cita «il clima culturale relativistico»: esso rende importante e urgente radicare e far maturare che «Cristo, il Dio dal volto umano, è il nostro vero e unico salvatore».
Infine le responsabilità della Chiesa verso la nazione. Ribadisce la distinzione «tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio» e la necessità che la Chiesa collabori al «bene comune dell'Italia». Elogia la «Nota» Cei sulla «famiglia fondata sul matrimonio». Osserva che la manifestazione a favore della famiglia è stata condivisa da molti non cattolici. Conferma: «La famiglia è radicata nel cuore e nella vita degli italiani ma ha bisogno di essere compresa e riconosciuta a fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli».
La medesima attenzione va rivolta alle nuove e antiche povertà. Conclude con una frase bellissima: «Tutti possano toccare con mano che non esiste separazione tra la Chiesa custode della legge morale e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani riconoscendo in ogni sofferente il proprio prossimo».
Pier Giuseppe Accornero

L'Eco di Bergamo, 25 maggio 2007


A SAN GIOVANNI UNA STRAORDINARIA FESTA DI POPOLO. MA C'E' PURE L'APPREZZAMENTO PER L'INIZIATIVA DI FIRENZE

Il Papa rivendica il Family day ed incoraggia Rosy

dall’inviato GIORGIO ACQUAVIVA

— CITTÀ DEL VATICANO—

«Ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata», dice papa Benedetto XVI nel discorso ai vescovi italiani riuniti in asemblea. E si rompe così il silenzio che la Cei finora aveva tenuto, almeno ufficialmente, sulla Conferenza di Firenze voluta da Rosy Bindi.
Ma naturalmente il Vescovo di Roma e Primate d’Italia non rinuncia a rivendicare il successo della «recentissima manifestazione a favore della famiglia, svoltasi per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici» e la definisce — come già aveva fatto il presidente Cei Bagnasco — «straordinaria festa di popolo», che ha confermato il radicamento della famiglia «nel cuore e nella vita degli italiani», rendendo «visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società» che va riconosciuto «di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui». Nessuna intromissione nella politica ma, «nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio, non possiamo non preoccuparci di ciò che è buono per l’uomo: in concreto, del bene comune d’Italia».

TORNA, quindi, la fotografia in bianco-nero della nostra società, che vede una «fede radicata» e addirittura la considera «fattore unificante» e «prezioso serbatoio di energie morali», ma anche luogo in cui pesa una «cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca di rivendicazioni non di rado ingiustificate». E’ in questo spazio che si situa l’azione della Chiesa, col suo messaggio di speranza. Il Convegno di Verona aveva lavorato proprio su questo versante e c’è attesa per la Nota pastorale che darà seguito alle richieste di mobilitazione del laicato. La «missione» consisterà proprio nell’annunciare e testimoniare Gesù Cristo, «unico Salvatore del mondo». Missione da indirizzare «a tutti e a ciascuno», a chi si apre alla fede e a chi viene nel nostro Paese per vivere e lavorare — con ‘erena determinazione’ aveva detto monsignor Bagnasco nel suo saluto al pontefice — ma anche «alla nostra gente, che a volte si è allontanata dalla fede ed è comunque sottoposta alla pressione delle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese»
Un ulteriore riferimento diretto alla famiglia è venuto con la dichiarazione di «piena consonanza» con la Nota del Consiglio Permanente Cei sulla «famiglia fondata sul matrimonio e le iniziative legislative in materia di unioni di fatto», che bocciava i Dico. Infine, riprendendo la accorata analisi dell’arcivescovo presidente nella Prolusione, ha rilanciato il tema del «servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste». E ha aggiunto che non c’è «separazione tra la Chiesa custode della legge morale e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani».

Quotidiano nazionale, 25 maggio 2007

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