20 marzo 2007

“Sobrietà dei segni” e “semplicità dei gesti”...ecco la "Sacramentum Caritatis"


Il dovere del sacerdote: riscoprire la ricchezza e l’“arte” delle celebrazioni liturgiche. Un commento alla "Sacramentum Caritatis"

“Sobrietà dei segni” e “semplicità dei gesti”. E’ principalmente in questo che sta la bellezza della liturgia eucaristica, secondo Benedetto XVI. Ad una rinnovata cura delle celebrazioni - e all’inopportunità di scelte che non ne rispettano la natura sacramentale - il Papa ha dedicato ampio spazio nel suo ultimo documento magisteriale, l’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum Caritatis. Vasta eco hanno suscitato gli auspici del Pontefice per un rilancio della lingua latina, in determinate circostanze della vita ecclesiale. Ma l’Esortazione apostolica si sofferma su tutti gli aspetti basilari di quella che da sempre viene chiamata “ars celebrandi”. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il preside del Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo di Roma, il padre benedettino Juan Javier Flores Arcas:

R. - La seconda parte dell’Esortazione del Santo Padre è intitolata proprio “Eucaristia, mistero da celebrare”. In essa si parla ampiamente dell’“ars celebrandi” e parlando dell’“ars celebrandi” il Santo Padre vuole innanzitutto favorire il senso del sacro nella liturgia, anche l’utilizzo di quelle forme esteriori che educano il popolo di Dio a tale senso del sacro. Il Santo Padre mette in rapporto l’“ars celebrandi” con le norme liturgiche, dicendo che questa arte di celebrare scaturisce dall’obbedienza fedele alle norme liturgiche nella loro completezza.

D. – Per riscoprire questa arte del celebrare, Benedetto XVI ha anche invitato a riscoprire l’uso della lingua latina nella liturgia, in particolare – ha detto il Papa – in alcune circostanze. Questo suo invito ha suscitato commenti di vario segno, anche negativi. Volevo chiederle: qual è la lettura corretta da dare a questa indicazione?

R. – L’Esortazione apostolica va letta per intero, altrimenti non si capisce. Il Papa afferma che in momenti straordinari e speciali – lui parla di incontri internazionali sempre più frequenti – è bene che si adoperi la lingua latina. Ma se leggiamo bene il numero 62, dice precisamente: “Per esprimere meglio l’unità e l’universalità della Chiesa, vorrei raccomandare quanto suggerito dal Sinodo dei vescovi”. Invece, ribadisce che le letture, l’omelia e la preghiera dei fedeli, le altre parti, quindi, la Liturgia della Parola si facciano nelle lingue internazionali o nella lingua nazionale dell’incontro. Quindi va letto, tutto questo, nel suo contesto.

D. – Quali tipi di problemi riscontrate, che oggi abbia la liturgia nel modo in cui viene celebrata?

R. – Senz’altro, il Papa – ripetendo quanto è stato detto al Sinodo dei vescovi – fa diversi accenni a diversi abusi, che normalmente non vengono elencati nell’Esortazione apostolica. Si rimedia agli abusi con una buona conoscenza e con un aspetto che il Papa ribadisce spesso, cioè con il “sensus fidei”, il senso ecclesiale: la liturgia è liturgia della Chiesa, non una cosa qualsiasi con la quale si possa fare quel che si vuole. E questo viene fortemente evidenziato nell’Esortazione apostolica.

D. – Quindi, è in questo senso che va letto l’annuncio di un Compendio eucaristico che il Papa fa alla fine dell’Esortazione?

R. – Infatti, è un suggerimento che era stato fatto anche al Sinodo: il Compendio è un invito, anche se pubblicato da diversi dicasteri, a riprendere tanti elementi dispersi qua e là, che possono contribuire senz’altro ad una migliore conoscenza. E il Papa termina chiedendo una buona comprensione, una migliore celebrazione e adorazione del Sacramento per una buona vita eucaristica e per l’evangelizzazione. Ecco, questa è la conclusione dell’Esortazione.

Radio Vaticana


Altro che conservatrice la «Sacramentum Caritatis»
Parla di pane e giustizia l'Esortazione fraintesa

Gianni Manghetti

Davvero l'esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis presenta della Chiesa una funzione conservatrice, anzi proibizionista, come troppo frettolosamente e incautamente hanno scritto il primo giorno della pubblicazione diversi laici non credenti e anche qualche cattolico? Francesco D'Agostino sulle colonne di questo giornale ha già argomentato, in riferimento al maggior tema di attualità - i DiCo - quanto distante sia tale conclusione dai reali contenuti dell'esortazione. Che va letta interamente per trarne un giudizio più meditato e meglio aderente al testo, soprattutto per coglierne appieno i due spessori che la caratterizzano: quello teologico-spirituale, ovviamente, ma anche quello sociale, strettamente uniti da un unico filo: il mistero eucaristico.
Si dirà: ma che gli importa dell'Eucarestia a un non credente? Ecco, questo è il punto, gli deve importare se vuole veramente capire che cosa è e che cosa propone oggi la Chiesa per la salvezza del mondo. Come non rimanere colpiti dalla forza dell'approccio teologico intorno al sacramento dell'Eucarestia, non già posto al centro di una mistica tutta privatistica, bensì proiettato, o meglio inchiodato, sul terreno sociale e dentro, dunque, i problemi della storia. Guardate - è stato scritto, cari amici non credenti - il sacrificio di Cristo non si esaurisce all'interno di una singola esperienza di vita bensì ci interpella e ci provoca per essere, tra l'altro, operatori di pace e di giustizia. Ma pace e giustizia, non sono forse oggi, e assai più di ieri, i problemi del mondo in cui tutti viviamo? Basterebbe solo tale considerazione, per rinviare al mittente l'addebito di conservatorismo, e mostrare di questa accusa la totale infondatezza.
Il documento però va ben oltre. Non si limita a valutare come prezioso il servizio della carità, bensì indica con chiarezza ove oggi si giocano le sorti dell'umanità e dove, quindi, è urgente agire con giustizia per creare un mondo diverso. É il processo di globalizzazione, i n talune sue componenti, ad essere posto sotto accusa con un linguaggio che evoca, in uno con le parole di San Giacomo, il grido antico e di perenne attualità di tanti profeti biblici e su tutti di Gesù Cristo: «dobbiamo denunziare chi dilapida le ricchezze della terra provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo» (n.90). «È il cibo della verità - si aggiunge - a spingerci a denunziare le situazioni indegne dell'uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell'ingiustizia e dello sfruttamento» e che ci obbliga - si prosegue - ad impegnarci per modificare le strutture che producono tale scandalosa situazione. Perciò è «necessario - come il Pontefice aveva sottolineato in un discorso precedente - convertire il modello di sviluppo sociale».
Tutti i credenti, insomma, vengono chiamati ad un forte impegno sociale, per il rinnovamento degli attuali rapporti economici e sociali, assumendo conseguentemente, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali e private, una propria diretta responsabilità di fronte ai mali del mondo.
Ma lo fate veramente? potrebbe, e dovrebbe, obiettare un non credente. Tale domanda ci riporta al cuore della «battaglia» che la Chiesa come tale non può prendere nelle sue mani e che va combattuta sempre di più dai cristiani incalzati dall'Eucarestia nonché dall'impegno per la giustizia da parte di chi credente non è. E allora, in luogo di assurde etichette appiccicate alla Chiesa per mera convenienza legata ad un obiettivo piccolo piccolo, non sarebbe meglio che ci si rimboccasse tutti le maniche di fronte ai ben più incalzanti problemi che il mondo pone agli uni e agli altri?

Avvenire, 18 marzo 2007


Padre Lombardi: Nuovo passo di Benedetto XVI verso la maturazione liturgica
Il Direttore della Sala Stampa vaticana commenta la “Sacramentum caritatis”

ROMA, domenica, 18 marzo 2007 (ZENIT.org).- La Esortazione apostolica postsinodale “Sacramentum Caritatis” di Benedetto XVI rappresenta un nuovo passo verso la maturazione della riforma liturgica, sostiene padre Federico Lombardi S.I.

E' quanto ha affermato Il Direttore della Sala Stampa vaticana nell'editoriale dell'ultimo numero di "Octava Dies", settimanale prodotto dal Centro Televisivo Vaticano – di cui è Direttore –, distribuito da canali televisivi cattolici del mondo.

Il gesuita ha dichiarato che "il nuovo documento di Benedetto XVI sull'Eucaristia – 'Sacramento della carità' – è un nuovo segno della continuità fra i due pontificati".

"Le ultime grandi iniziative di Giovanni Paolo II erano state dedicate appunto all'Eucaristia. La sua ultima enciclica – intitolata: 'Ecclesia de Eucharistia' cioè: 'La Chiesa vive dell'Eucaristia' –; la indizione di un intero anno pastorale dedicato all'Eucaristia - durante il quale egli è morto -; e la convocazione di un Sinodo dei vescovi sullo stesso tema".

"Evidentemente Giovanni Paolo II vedeva e viveva l'Eucaristia come centro e culmine, oltre che come sorgente della vita della comunità della Chiesa a lui affidata. E quasi simbolicamente l'arco del suo pontificato si è concluso davanti a questo grande dono e mistero", ha riconosciuto padre Lombardi.

"Benedetto XVI ha portato a compimento l'Anno dell'Eucaristia e il Sinodo, e ora ne comunica i frutti alla Chiesa con un documento che già dallo stesso titolo si dimostra strettamente legato alla sua prima enciclica - 'Dio è carità' –, quasi un suo naturale sviluppo", ha sottolineato.

"Il nuovo testo manifesta anche un'attenzione caratteristica di Benedetto XVI: quella per la liturgia, la sua ricchezza di significati, la dignità della sua celebrazione", ha poi spiegato.

"Sono veramente molti i punti su cui la Chiesa è invitata a riflettere per rendere sempre più evidente che la liturgia è un evento vivo di comunione della comunità con Dio – ha proseguito –. La riforma liturgica avviata dal Concilio continua così a maturare in un equilibrio sempre maggiore delle due dimensioni orizzontale e verticale".

"Teologia, spiritualità, liturgia e vita trovano in questo nuovo testo un equilibrio e un'integrazione mirabili. Un dono per la Chiesa da accogliere, meditare, attuare", ha quindi concluso.

Zenit

Vedi anche:

ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE SACRAMENTUM CARITATIS

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