25 marzo 2007

Rassegna stampa del 25 marzo 2007


In questo post vengono riportati gli articoli di stampa sul discorso del Papa Commissione degli Episcopati della Comunità Europea.
Sono solo alcuni editoriali. Piu' tardi verranno inseriti gli altri e, soprattutto, saranno trascritti gli articoli sull'incontro di ieri del Papa con il movimento di CL, la cui portata e' stata un po' sottovalutata da alcuni quotidiani.

Raffaella







«L’Europa senza Dio rischia l’estinzione»

di Redazione

L’Europa rischia di congedarsi «dalla storia» e vive «un’apostasia da se stessa». È il duro monito di Papa Benedetto XVI ai partecipati al congresso sui Trattati di Roma promosso dagli episcopati europei. Un discorso che rilancia il tema delle radici cristiane e che invita i cattolici a impegnarsi pubblicamente senza compromessi. «Sotto il profilo demografico – dice Ratzinger – si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia».

Il Giornale, 25 marzo 2007


«Ambisce a porsi come comunità di valori ma spesso sembra contestarli. Non si edifica un’autentica casa comune trascurando l’identità dei popoli» Il Papa: senza Dio l’Europa rischia di sparire

di Andrea Tornielli

L’Europa rischia di congedarsi «dalla storia» e vive «un’apostasia da se stessa», perché trascura «l’identità» costruita dai valori universali che «il cristianesimo ha contribuito a forgiare». Il compromesso «si trasforma in male comune» quando porta ad «accordi lesivi della natura dell’uomo» e dunque il Vecchio Continente si deve guardare «da quell’atteggiamento pragmatico» che giustifica il venire a patti «sui valori umani essenziali».

È un discorso dai toni duri e preoccupati quello che ha pronunciato ieri mattina Benedetto XVI ricevendo in Vaticano i partecipanti al congresso sui Trattati di Roma promosso dagli episcopati europei. Un discorso che rilancia il tema delle radici cristiane e che invita i cattolici a impegnarsi pubblicamente senza scendere a compromessi. Il Papa afferma che l’Europa, dopo la fine della separazione dovuta a «una cortina d’ingiustizia», cerca con fatica un equilibrio tra «dimensione economica e sociale». «Sotto il profilo demografico – dice Ratzinger – si deve purtroppo constatare che l’Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Il Vecchio Continente sembra scivolare in un «pericoloso individualismo» perdendo «fiducia nel proprio avvenire».

Benedetto XVI spiega quindi che non si può edificare «un’autentica casa comune europea trascurando l’identità propria dei popoli», un’identità che prima di essere geografica, economica o politica è «storica, culturale e morale», ed è «costituita da un insieme di valori universali che il cristianesimo ha contribuito a forgiare» acquisendo così un «ruolo fondativo». I governi europei che voglio «avvicinarsi ai loro cittadini» non possono escludere questa identità. Eppure, osserva il Papa, l’Europa «mentre ambisce di porsi come una comunità di valori» sembra «più spesso contestare che ci siano valori universali e assoluti». È una forma singolare di «apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio». Così facendo «si finisce per diffondere la convinzione che la “ponderazione dei beni” sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà – spiega Ratzinger – se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in un male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo».

Benedetto XVI ha quindi affermato che l’Europa si deve guardare da «quell’atteggiamento pragmatico, oggi largamente diffuso, che giustifica sistematicamente il compromesso sui valori umani essenziali, come se fosse l’inevitabile accettazione di un presunto male minore». Un riferimento chiarissimo alla politica e un richiamo ai cattolici in politica perché non accettino compromessi sui cosiddetti valori «non negoziabili». «Tale pragmatismo – continua il Papa – presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana». Se poi, aggiunge il Pontefice, in questo pragmatismo si «innestano tendenze e correnti laicistiche e relativistiche» ecco che si nega «ai cristiani il diritto stesso di intervenire come tali nel dibattito pubblico».

L’Unione Europea, ha detto Ratzinger, «per essere valida garante dello stato di diritto» e promuovere valori universali «non può non riconoscere con chiarezza l’esistenza di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». Qui il Papa ricorda che «va salvaguardato il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati». Dunque i medici hanno tutto il diritto di non compiere aborti, come in futuro potrebbero averlo quanti fossero chiamati ad autorizzare un eventuale atto di eutanasia. Benedetto XVI ha concluso invitando i cristiani a non scoraggiarsi e a costruire una nuova Europa, «realistica ma non cinica, ricca d’ideali e libera da ingenue illusioni», ispirata al Vangelo, senza cedere «alla logica del potere fine a se stesso».

Il Giornale, 25 marzo 2007


Prodi confessa la battaglia persa sulle radici cristiane dell’Europa

di Redazione

«Io avevo proposto degli emendamenti, ma mi sono sentito dire: mettiteli in tasca, non li possiamo discutere perché c’è una storia divisa». Insomma, il presidente del Consiglio, Romano Prodi, avrebbe voluto inserire nella Costituzione europea il richiamo alle comuni radici giudaico-cristiane. Ma la ragione politica ha prevalso. Si tratta di un «ricordo personale», che il premier ha confidato per la prima volta, in coincidenza con il richiamo del Papa, scegliendo una platea sensibile, il congresso delle Comunità episcopali europee. Ma anche la storia di un fallimento che, ha precisato, non può diventare la base per un altra battaglia sull’identità del Continente. «Credo - ha premesso - che non essere riusciti a inserire le radici cristiane nella Costituzione, e io silenziosamente e lungamente mi sono adoperato per questo, non vuol dire il misconoscimento di quelle radici». Poi ha sottolineato che «ora bisogna capire insieme quelli che sono i limiti del passato e le ragioni di una rottura che appartiene al passato e che ha spaccato i Paesi europei. Ci sono momenti in cui bisogna chiudere con il passato e andare avanti, guardando al futuro, sapendo che questo patrimonio comune diventa il nostro modo di vivere quotidiano».

Su una linea molto simile il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che scinde la questione delle radici cristiane dal richiamo nella Costituzione. «Ha ragione il Papa - ha commentato - nel senso che i valori cristiani fanno parte della nostra cultura e della tradizione. Esiste in Europa un problema di fattori di disgregazione del tessuto sociale, di fattori costitutivi di identità sbagliate e non di identità positive». Concretamente, la proposta di Amato è di tagliare il preambolo. «Cade così il problema della loro menzione».

E se per il segretario ds, Piero Fassino, il cristianesimo è «una radice fondamentale» dell’Unione il tutto non si può ridurre a un «problema letterario». Ma i laici della coalizione di centrosinistra non approvano tanta generosità. «I padri fondatori della Comunità europea - ha osservato il ministro per il Commercio internazionale Emma Bonino - erano tutti, o quasi, democristiani di ferro». Come De Gasperi, Schumann, Adenauer. Ma per loro «fu naturale semmai riferirsi ai frutti di libertà, democrazia, solidarietà, laicità che da quelle radici si sono sviluppati e che sono alla base del progetto di integrazione europea. Cosa erano, apostati?».

Il Giornale, 25 marzo 2007

Bah! Battersi silenziosamente (e quindi di nascosto, quasi per non dare fastidio) non e' cio' che ci chiede il Papa.
Svegliamoci e siamo orgogliosi sostenitori delle nostre radici!
Un po' troppo comodo e andare avanti per interessi politici, ignorando i problemi...



Il Papa: «L'Europa senza Cristo si congeda dalla propria storia»
Benedetto XVI: «Dimenticando le sue radici adesso l'Unione rischia di rinnegare se stessa»

Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — «Congedo dalla storia», «apostasia da se stessa», «male comune»: con parole forti e tono drammatico il Papa è tornato ieri a lanciare l'allarme sul futuro dell'Europa, l'argomento che forse gli sta più a cuore dopo la fede in Cristo. L'aveva già fatto altre volte, da cardinale e da Papa, eppure ieri ha trovato espressioni nuove per scuotere gli uditori. Benedetto XVI ha parlato ai vescovi europei riuniti in Vaticano in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni dei Trattati di Roma. Non ha trattato né di famiglia né di bioetica, ma è andato al fondo di ogni questione morale, sostenendo che l'Europa deve liberarsi dal «pragmatismo» privo di «valori universali» che la sta portando a «perdere fiducia nel proprio futuro».
Il Papa riconosce «il lungo cammino» compiuto in mezzo secolo, che «ha condotto alla riconciliazione dei due polmoni, l'Oriente e l'Occidente». Ma più ampia è la sua attenzione alle minacce che incombono. La prima è quella del crollo demografico: «L'Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». La seconda è quella dell'identità che si va perdendo e che il Cristianesimo aveva «contribuito a forgiare», acquisendo un ruolo «non soltanto storico ma fondativo nei confronti dell'Europa». Come si può pretendere oggi di «escludere un elemento essenziale dell'identità europea quale è il cristianesimo», nel quale «una vasta maggioranza di europei continua a identificarsi?» È a questo punto che il Papa teologo ha usato una delle parole più forti della tradizione cristiana, «apostasia» (defezione), per indicare la tendenza dell'Europa di oggi a «contestare» l'esistenza di valori universali: «Questa singolare forma di apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità?» Da quell'apostasia il Papa vede derivare grandi mali: abbandonati i «valori universali» si finisce col credere che «il bene comune sia sinonimo di compromesso», ma esso — pur utile nel «bilanciamento degli interessi» — «si trasforma in male comune ogni qualvolta comporti accordi lesivi della natura dell'uomo».
Ci sono poi «correnti laicistiche e relativistiche» che tendono a «negare ai cristiani il diritto stesso d'intervenire come tali nel dibattito pubblico» o ne «squalificano il contributo con l'accusa di voler tutelare ingiustificati privilegi ». Da qui il dovere per i cristiani di essere «presenti in modo attivo» in quel dibattito e di lottare perché sia «salvaguardato il diritto all'obiezione di coscienza» quando «i diritti umani fondamentali fossero violati».
Poco dopo il discorso al convegno europeo il Papa ha parlato in piazza San Pietro a ottantamila appartenenti alla Fraternità di Comunione e liberazione, ricevuti nel 25˚ del «riconoscimento pontificio».

Il Corriere della sera, 25 marzo 2007


Ma l'Ue non torna indietro «Evitiamo nuove divisioni»

Giuseppe Sarcina

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI

BERLINO — In Europa è una battaglia persa. E ormai da tempo. Nel gennaio scorso la Cancelliera Angela Merkel, aprendo il semestre di presidenza tedesco della Ue, si confidava più o meno con queste parole: vedete, io sarei favorevole a inserire un riferimento alla cultura cristiano- giudaica nella «Dichiarazione» cui stiamo lavorando; ma non c'è modo, non c'è quel minimo di consenso necessario per aprire un negoziato; meglio lasciar perdere, meglio evitare nuove divisioni.
L'appello del Papa riaccenderà la polemica? C'è qualcuno pronto a fare da sponda al Vaticano? Poco prima di partire per Berlino, i diplomatici ripassavano i cinque punti del breve testo che oggi sarà adottato (ma non firmato) dai 27 Capi di Stato e di governo. Come previsto non c'è alcuna traccia del cristianesimo e qualcuno ricorda come negli ultimi tre mesi solo due governi abbiano insistito sul punto. La Polonia dei gemelli Lech e Jaroslaw Kaczynski, innanzitutto, e a ruota l'Irlanda guidata da Bertie Ahern. Tutto qui: due su ventisette. Un altro mondo rispetto alla metà del 2004. Alla vigilia del summit decisivo sul Trattato costituzionale, sette Paesi inviarono una lettera al presidente di turno (Ahern, per l'appunto) chiedendo di rafforzare il passaggio del «Preambolo» della Costituzione, laddove si citavano «le eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa». «Ci batteremo fino in fondo per le radici cristiane», annunciò l'allora ministro degli Esteri, Franco Frattini, oggi vice presidente della Commissione di Josè Manuel Durao Barroso. Con l'Italia si schierarono Polonia, Lituania, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, con l'Irlanda comunque in appoggio. Il Ppe, guidato nell'Europarlamento dal tedesco Hans-Gert Pöttering (ora salito alla presidenza dell'istituzione) ha condotto per mesi una campagna costante a favore del richiamo papale e anche ieri, nel documento che ha chiuso l'incontro del partito a Berlino, naturalmente compare un passaggio sulle «radici». In quel contesto, si inseriva anche la pressione di Romano Prodi, all'epoca presidente della Commissione europea.
Ma la forza d'urto dello schieramento «pro-cristiano» fu contenuta piuttosto agevolmente dal «fronte laico», capitanato da un irridente Jacques Chirac. In ogni conferenza stampa il presidente francese ricordava come il suo Paese avesse «risolto definitivamente il problema più di cento anni fa», alludendo alla legge del 1905 che separava Stato e chiese di ogni confessione. Lo stesso presidente Chirac, quando finalmente arrivò il Consiglio europeo della verità, il 18 giugno del 2004, si produsse in un numero memorabile. L'allora premier Silvio Berlusconi aveva appena finito il suo intervento, in larga parte speso per perorare la causa delle radici «cristiano-giudaiche». A quel punto Chirac, gelido, commentò: «Merci, mon Pére», grazie Padre. E la discussione in pratica si esaurì.
Non c'è quel minimo consenso per riaprire un negoziato L'Ue non può costruire un futuro dimenticando la sua Storia

Il Corriere della sera, 25 marzo 2007

Solo l'Irlanda e la Polonia? Capisco...e l'Italia?


Prodi: ho difeso quei valori Ora serve una laicità nuova
Amato: Ratzinger ha ragione, ma il problema è superato

M.Antonietta Calabrò

ROMA — «Mi sono adoperato lungamente e silenziosamente per introdurre il riferimento delle radici cristiane nella Costituzione europea. Ma quando l'ho fatto presentando emendamenti — rivela Romano Prodi — mi sono sentito dire "rimettiteli in tasca. Non li possiamo discutere perché c'è una storia che ci divide"». Poi aggiunge: «Abbiamo rinunciato con tristezza a quel riferimento ma ormai tutto ciò fa parte del retaggio del passato. Ci sono dei momenti in cui bisogna chiudere con il passato che ha spaccato i Paesi europei e andare avanti guardando al futuro».
Quando il presidente del Consiglio arriva all'Ergife per parlare davanti al Congresso della Commissione dei vescovi della Comunità europea (Comece), i convegnisti sono appena rientrati dall'udienza in cui Benedetto XVI ha detto che senza Cristo l'Europa rischia il congedo dalla storia. Il premier non vuole commentare il discorso del Papa, ma a un certo punto interrompe la lettura del testo del discorso che ha in mano e si lascia andare a quel «ricordo personale mai reso pubblico fino ad oggi», relativo agli emendamenti rimessi in tasca, al tempo in cui ricopriva la carica di presidente della Commissione Ue durante la fase costituente del Trattato. Come a dire che riguardo all'inserimento delle radici cristiane nei documenti fondativi della Ue quanto si poteva tentare è già stato fatto, adesso non è più il momento: serve «una laicità nuova», senza «chiudersi in un fortino». «Ora — ha aggiunto Prodi — bisogna capire insieme quelli che sono i limiti del passato e le ragioni di una rottura che appartiene al passato e che ha spaccato l'anima dei Paesi europei». L'importante è guardare avanti, «sapendo che questo patrimonio comune di valori è diventato il nostro vivere quotidiano».
Prodi ha voluto sottolineare che i cristiani non debbono temere. «Nel difendere serenamente e tranquillamente i propri valori bisogna anche avere la serenità di non aver paura». «Ciò che mi preoccupa di più — ha detto — è il senso dell'assedio, dell'essere minoranza che vedo anche nel mondo cristiano». A proposito di aperture Prodi ha indicato «come compito che spetta ai cattolici il dialogo con l'islam e con l'ebraismo», insistendo in particolare sull'integrazione in Europa degli immigrati islamici.
Che effetto hanno fatto le parole Prodi sul Congresso? Il Presidente del Comece, Adrianus Van Luyn, vescovo di Rotterdam, ha dichiarato: «Non so bene a cosa si riferisse Prodi quando ha parlato di retaggio del passato, ma sicuramente, come dice Benedetto XVI i cristiani sono ancor oggi la maggioranza degli europei: questo è attuale, non passato». D'accordo con Van Luyn anche il vescovo ausiliario di Bruxelles, De Kesel. Per il ministro Giuliano Amato il Papa «ha ragione» nel lamentare il pericolo che l'Europa dimentichi le proprie radici, ma il problema della loro menzione presto non si porrà più, perché il nuovo Trattato non conterrà più un «preambolo» in cui si affermano le fondamenta dell'identità europea. Da Emma Bonino, ministro delle Politiche comunitarie, invece, viene un «no» a tutto tondo a che la politica europea debba essere «concordata con la Segreteria di Stato».

Il Corriere della sera, 25 marzo 2007

Eh, si', andiamo avanti...
Ma io mi chiedo: dove va una societa' che non guarda al suo passato? Mi pare che ciascun essere umano sia il prodotto della sua storia. Forse che ciascuno di noi non ripensa al suo passato quando deve confrontarsi con il suo futuro? Suvvia!



L'Europa e il ruolo della Chiesa

ROMA NON DIVIDA QUELLO CHE UNÌ

MARIO MONTI

La migliore prova di vitalità dell'Unione europea, a cinquant'anni dalla sua nascita, è data dall'acceso dibattito, che da Roma soprattutto promana, sui valori etici e sui fondamenti religiosi. Non ci si batterebbe affinché vengano riconosciuti determinati valori, capaci di orientarne lo sviluppo, se si considerasse quella costruzione decadente, priva di futuro. È un dibattito essenziale per dare più anima e più vigore all'Ue. Nobile nella preoccupazione spirituale che lo muove e lo illumina, ma che potrebbe risultare nefasto se fosse visto come occasione di protagonismo da personalità e partiti attenti alle proprie convenienze, forse ancor più che all'identità spirituale dell'Europa del futuro.
Un convegno promosso a Roma dalla Comece (Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea) conclusosi ieri con l'intervento del Papa, ha messo in luce posizioni diverse. E ha determinato in me qualche riflessione personale. Vedo un vuoto, pericoloso, tra un orgoglio legittimo, fondato su 2000 anni di storia, e una richiesta pure legittima per orientare l'avvenire. L'orgoglio per il ruolo avuto dalle radici religiose, in particolare cristiane, nella storia d'Europa, e la richiesta che queste radici vengano formalmente, costituzionalmente riconosciute. Il vuoto è ciò che sta in mezzo: i tratti distintivi non tanto dell'Europa quanto dei cinquant'anni di integrazione europea. È vero che i valori religiosi, e cristiani, permeano da due millenni l'Europa e ne hanno plasmato la grandezza civile, culturale. Ma in quei due millenni, malgrado quei valori — e purtroppo talora in nome di quei valori — l'Europa ha fatto infinite guerre. È invece in pace, eccezionalmente, da cinquant'anni. Questo per effetto dell'integrazione. Il Trattato di Roma non ha dichiarato valori etici, ma ha indotto a praticarli.
Di solito non si fa lo sforzo di guardare se la Ue, come si sta realizzando, si mostra o no coerente nei fatti con i principi etici. Per iniziativa della Comece, questo esercizio è stato fatto (con il documento «Un'Europa dei valori. La dimensione etica dell'Unione europea»). Si mostra come, in tante aree diverse, ciò che la Ue sta realizzando, senza avere proclamato valori, rispetta le esigenze etiche ben più di quanto sia avvenuto con le politiche praticate in vari Stati membri, ricchi di dichiarazioni etiche nelle loro costituzioni e nei loro programmi politici. Solo due esempi: la solidarietà intergenerazionale (attraverso la disciplina delle finanze pubbliche e la politica per l'ambiente), la parità di trattamento tra Stati grandi e piccoli, grazie al metodo comunitario.
Moltissimo resta da fare, per avere un'Europa più efficace, più capace di valorizzare la persona umana, meglio in grado di promuovere nel mondo i suoi valori. Il Papa ha ieri offerto indicazioni ampie e di grande rilievo. Sarebbe davvero riduttivo, a mio parere, concentrare soverchia attenzione sulla richiesta dell'esplicito riconoscimento delle radici cristiane. Se questo riconoscimento ci sarà, sia il benvenuto. Se non dovesse raccogliere la necessaria unanimità degli Stati membri, si cerchi di non sommare a questa delusione un danno di portata ben maggiore. Non usino, quegli Stati e quelle forze politiche che da qualche tempo si sono dati con forte visibilità questo obiettivo, non usino l'eventuale insoddisfazione per screditare la Ue agli occhi dei loro cittadini, magari presentandola come il «luogo del male». In una fase in cui molti considerano non altissima la credibilità del mondo politico, certo inferiore a quella della Chiesa, con un tale atteggiamento essi otterrebbero forse qualche soddisfazione elettorale. Ma renderebbero ancora più difficile la costruzione di quell'Unione europea migliore, che dicono di volere.

Il Corriere della sera, 25 marzo 2007

Mi pare che il Papa abbia tutto il diritto di esprimere la sua preoccupazione senza essere accusato di remare contro l'Europa. Essa non e' un semplice agglomerato politico ed economico, ma ha radici cristiane. I cittadini ne sono consapevoli...certi politici no!


Il monito di Benedetto XVI alla Ue. Prodi: volevo le radici cristiane, ma guardare avanti. Amato: il pontefice ha ragione. Al via le celebrazioni a Berlino
Il Papa: l´Europa senza Cristo nega se stessa

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - «Estinzione, apostasia, egoismo» minacciano l´Europa. Triplice grido di dolore di papa Ratzinger per le sorti future del vecchio continente. Benedetto XVI ne parla - in termini inusualmente duri, colmi di preoccupazione, quasi disperati - davanti ai vescovi delle Conferenze episcopali europee ricevuti ieri in Vaticano a conclusione del congresso sui 50 anni dei Trattati di Roma. Un´occasione che offre lo spunto al Pontefice di additare quelli che, a suo parere, sono i maggiori «pericoli» che gravano sulle popolazioni europee. Ma che, nello stesso tempo, permette a Ratzinger di invitare con forza i cattolici a «farsi sentire a tutti i livelli, specialmente sul piano socio-politico» e a contrastare «quelle correnti laiciste che tentano di mettere a tacere la cultura cristiana in Europa e nel mondo». Un richiamo che Ratzinger sintetizza in un ennesimo pressante appello ai «responsabili» di tutte le nazioni europee affinchè inseriscano nella nuova Carta Ue un chiaro riferimento alle radici giudaico-cristiane del nostro continente. Parole in linea con la petizione formulata anche dai vescovi delle conferenze episcopali Ue al termine del loro summit romano ed inserita in un Rapporto consegnato al premier italiano Romano Prodi per presentarlo al Parlamento Ue. Documento che, oltre al riferimento alle radici cristiane, contiene anche precisi riferimenti a politiche in difesa della famiglia formata da un padre a una madre, lotta alle povertà, difesa della vita dal primo concepimento fino alla conclusione naturale, condanna di aborto, eutanasia e manipolazioni genetiche e una più incisiva azione per i diritti umani in quelle aree dove sono più a rischio, a partire dalla libertà politica e religiosa.
Tra i primi mali additati dal Papa, il calo delle nascite. «Sotto il profilo demografico - è la sua analisi - si deve purtroppo constatare che l´Europa sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Un «tarlo» per la stessa consistenza strutturale del vecchio continente perché - ragiona Ratzinger - «oltre a mettere a rischio la crescita economica europea, può anche causare enormi difficoltà alla coesione sociale e soprattutto favorire un pericoloso individualismo, disattento alle conseguenze per il futuro». Secondo il Papa, sembra quasi che l´Europa «stia di fatto perdendo fiducia nel proprio avvenire» perché sembra aver smarrito «il contatto con le proprie radici cristiane» a causa di «una singolare forma di apostasia da sé stessa prima ancora che da Dio». «Non si può pensare di edificare un´autentica casa comune europea - avverte il Papa - trascurando l´identità propria dei popoli d´Europa. Si tratta infatti di un´identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica. Un´identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell´Europa». Da qui, l´imperativo invito del Papa ai cristiani ad «alzare la voce in difesa dei valori» e a praticare anche l´obiezione di coscienza «ogniqualvolta i diritti umani fondamentali fossero violati».

Repubblica, 25 marzo 2007

Caro La Rocca, la sfido a trovare nel discorso di ieri la richiesta esplicita e pressante ai politici europei di inserire il riferimento della radici cristiane nella costituzione europea.
Dov'e'? A me pare che il Papa chieda il riconoscimento dei valori fondanti della societa' europea. Attenzione alle parole!



Amato dà ragione a Ratzinger: la fede fattore di coesione

MARCO MAROZZI

DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO - «Radici ebraico cristiane». Era questa la formula che Romano Prodi voleva inserire nel Trattato Costituzionale europeo. Un riconoscimento delle fonti da cui discendevano la storia e i valori dell´Europa. Non se ne fece niente, soprattutto per l´opposizione del presidente francese Jacques Chirac. «Io avevo proposto degli emendamenti - racconta il presidente del Consiglio - Ma mi sono sentito dire: mettiteli in tasca, non li possiamo discutere perchè c´è una storia divisa».
Un annuncio non proprio a sorpresa. Ma molto significativo per come, quando, dove è stato fatto. «Mi lascio andare ad un ricordo personale e lo faccio per la prima volta in pubblico - ha cominciato il suo ricordo Prodi - . Mi sono battuto silenziosamente e lungamente». In realtà, è una storia vecchia che l´allora presidente della Commissione Ue avesse cercato di far «inserire nella Costituzione europea le radici cristiane».
Decisivo è però il momento in cui l´attuale premier ha fatto l´annuncio. Parlando al congresso della Commissione degli Episcopati della Ue. Mentre il Papa metteva in guardia l´Europa contro «l´apostasia» di non riconoscere le sue «radici». E pochi minuti prima di imbarcarsi - lui capo cattolico di un governo di centrosinistra dalle molte culture - verso Berlino. E dunque verso le strette di mani e le conversazioni con la cancelliera tedesca Angela Merkel, protestante e democristiana, che come presidente del turno della Ue sta cercando di trovare una qualche formula per far rientrare un qualche riferimento religioso nel Trattato bocciato da Francia ed Olanda. Quindi non ancora in vigore, emendabile. Simbolo di un´Europa che oggi festeggia un compleanno con 27 capi di governo e con gioia forzata. Per Prodi due volte, per le difficoltà in Italia e le disillusioni in Europa.
Il presidente del Consiglio si presenta con le esigenze di un doppio rilancio. Suo e dell´Europa. I vescovi del continente a Roma gli hanno affidato un documento da consegnare oggi a Berlino.
Lui ha detto che si farà portavoce di una scelta che, ha spiegato, condivide. «Non essere riusciti a inserirle nella Costituzione non vuol dire il misconoscimento di quelle radici». Ma Prodi non vuol dar l´immagine di fermarsi al rimpianto. «Con tristezza abbiamo rinunciato. Ma ora dobbiamo guardare al futuro e capire insieme i limiti di una realtà passata e di una rottura che ha spaccato i Paesi e che l´Europa è in grado ora di riconciliare. Ora bisogna guardare insieme al futuro. Ci sono momenti in cui bisogna chiudere con il passato e andare avanti. Sapendo che questo patrimonio comune diventa il nostro modo di vivere quotidiano. E che serve una nuova laicità. Difendere in modo tranquillo e sereno i nostri valori, ciò che mi preoccupa di più è la paura, l´assedio, la sensazione di essere in minoranza che vedo anche nel mondo cattolico».
E´ lo stesso sottile gioco di equilibri che Prodi ha cercato di esercitare in Europa. E che Giuliano Amato portò come vice presidente della Convenzione, guidata dal francese Valery Giscard d´Estaing, contrario ad ogni riferimento religioso. «Il Papa ha ragione - dice adesso il ministro dell´Interno - . Nel senso che i valori cristiani fanno parte della nostra tradizione, della nostra cultura e che esiste in Europa un problema di fattori di disgregazione dei tessuti sociali, costitutivi di identità sbagliate e non di identità positive. I valori cristiani, e in genere religiosi, possono concorrere a rinsaldare il tessuto etico delle società europee».

Repubblica, 25 marzo 2007

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