19 marzo 2007

Rassegna stampa del 19 marzo 2007


Questa mattina i giornali si occupano, come e' logico, della visita del Papa al carcere minorile. Purtroppo, pero', c'e' qualche appunto da fare ad alcuni quotidiani: "La Stampa" ignora completamente l'evento, almeno nell'edizione nazionale, mentre "Il Corriere" e "Il Giornale", dando molto spazio all'intervento del Ministro Mastella, buttano tutto in politica, rovinando e riducendo di fatto l'importanza dell'incontro di Benedetto XVI con i giovani detenuti.
Non ritengo di dover segnalare questi articoli perche' certa stampa e' pronta a gridare all'ingerenza ma solo quando a parlare (e ieri non ha nemmeno parlato) e' il Pontefice.
Verra' riportato, al contrario, un durissimo editoriale di Mons. Maggiolini nei confronti del comportamento di Martini. Sicuramente qualcuno lo considerera' eccessivo ma, purtroppo, nessuno ha sentito o letto dichiarazioni provenienti da Gerusalemme in cui si ribadisce la fedelta' al Magistero. A questo punto e' lecito pensare che Martini avesse intenzione di farsi strumentalizzare
Da segnalare anche il fatto che nessuno parla dell'Angelus di ieri in cui il Papa ha tirato le orecchie a chi, in malafede, ha interpretato a suo modo l'Esortazione Apostolica "Sacramentum Caritatis"

Raffaella


Visita a Casal del Marmo del Pontefice, ricevuto dal Guardasigilli Clemente Mastella
Benedetto XVI dà speranza e conforto ai giovani detenuti nel carcere minorile

Claudia Marin

ROMA
«Dio vi dà l'opportunità di abbandonare il binario sbagliato su cui siete finiti e di ricominciare, di ripartire». Speranza e perdono, fiducia e conforto nelle parole che Benedetto XVI, alla sua prima visita penitenziaria, rivolge ai giovanissimi detenuti del carcere minorile di Casal del Marmo. Una piccola folla – 36 ragazzi e 13 ragazze – di adolescenti in jeans e felpa che ascoltano attenti, lo sguardo fisso verso la mitria rosa del Pontefice.
Si rispecchiano, forse, nella lettura dell'evangelista Luca sul figliol prodigo. E il Papa, sorridente, spiega: «Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non intaccano l'amore di un padre misericordioso». Ma ammonisce all'impegno della fede: «Una vita senza Dio non funziona – chiarisce Ratzinger –. Manca l'essenziale, manca la luce». Luce che qualcuno deve avere intravisto nell'incontro con il Papa in questa domenica di fine inverno.
Per lui, giunto con il cardinale vicario Camillo Ruini e alla testa di una piccola processione, un'accoglienza speciale. Tra le basse palazzine dell'istituto, sparpagliate nel verde della periferia Nord della città, niente cori da stadio, ma nell'aria un'emozione palpabile. E, per un attimo, questo carcere così diverso dagli altri (per cominciare, è tutt'altro che sovraffollato) appare come un campus. Un attimo. Poi, uno sguardo alle finestre sbarrate, alle silenziose guardie carcerarie, agli occhi di alcuni dei ragazzi, basta per tornare alla realtà.
Ad accogliere il Papa all'interno della cinta muraria, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Il quale ha ribadito l'intenzione di lasciare a 14 anni il limite d'età per l'applicabilità della pena, definendo «crudele» l'idea di «abbassare fino alla fanciullezza la soglia di punibilità».
Non solo. Il Guardasigilli, che ha enfatizzato i valori comuni che legano la Chiesa e lo Stato, tra cui spicca la «centralità di ogni singolo individuo e la sua autonomia morale rispetto a qualsiasi autorità civile», con la famiglia tra i valori condivisi tra Stato e Vaticano, «pietra angolare» della società, niente affatto superata da una «malintesa modernità». Mastella ha anche difeso l'indulto, «un atto di lungimiranza e di coraggio», e ha auspicato un «grande patto educativo; un'alleanza tra scuola, famiglia e Chiesa», per «contrastare il fenomeno della devianza giovanile».
E il suo intervento sarebbe stato apprezzato dal Pontefice. «Un discorso molto, molto, molto interessante», avrebbe commentato il Papa, secondo quanto riferito da alcuni dei presenti al momento dei saluti di congedo.
Tra il Papa e i ragazzi, tante parole e un piccolo scambio di doni. Il Pontefice porta loro dolci e cioccolatini e riceve oggetti di artigianato. Nessuno di loro, a prescindere dal culto di appartenenza, ha voluto perdere la visita del Papa né la messa. Non tutti hanno fatto la Comunione; la maggioranza di loro è composta da rumeni ortodossi e slavi di religione islamica. C'è anche una quindicenne bosniaca musulmana, in carcere da meno di un mese. In ognuno di loro traspare lo stupore e l'emozione per quanto sta accadendo. La voglia di raccontarsi e di trovare accoglienza.
«Siamo rimasti di stucco quando ci hanno detto che saresti venuto a trovarci – ha detto al Papa, con semplicità, un ragazzo –. Non immaginavamo che una persona come te venisse qui. Abbiamo commesso tanti sbagli». Non solo. «Sappiamo di dover pagare – aggiunge, con la voce che un po' trema –, ma il prezzo è elevato. Siamo costretti a stare chiusi qui dentro e soffriamo molto. Speriamo che tu capisci».
La risposta è semplice e breve: «Sappiate che il Papa vi vuole bene e vi segue con affetto» A due ore dall'inizio della visita, tocca a Benedetto XVI, confessare che il tempo sta per scadere. E lo fa con evidente rammarico. «Mi piacerebbe restare di più con voi», ammette, spiegando che deve ripartire per recitare l'Angelus in Vaticano. Ma fa capire che il dialogo appena avviato si svilupperà senz'altro in futuro. «Ci sarà un'altra occasione», promette.
Stamani a Roma, intanto, salvo sorprese, la data del «Family day sarà fissata nella riunione a porte chiuse – nella sede del Forum delle associazioni famigliari – di tutti i responsabili dei movimenti di matrice cattolica che fanno parte dell'organismo. Scopo primario della convocazione è l'approvazione della bozza del «Manifesto» stilata da un gruppo ristretto di giuristi capitanati da Giuseppe D'Agostino. Una volta trovato l'accordo sul testo si procederà a definire tempi e modi per la grande manifestazione di piazza contro di Dico. Due le date più accreditate: o il 12 maggio o il 19 maggio.

La Gazzetta del sud, 19 marzo 2007


Roma, la visita di Ratzinger a Casal del Marmo. La commozione dei ragazzi, quasi tutti stranieri: Santità, grazie del tuo sorriso

"Non vi abbandono, abbiate speranza"

Il Papa tra le celle dei giovani detenuti: ma non dimenticate le regole

ORAZIO LA ROCCA

ROMA - La prima volta di papa Ratzinger tra i ragazzi di un carcere minorile. Una prima volta - ieri mattina a Roma nell´istituto di pena di Casal del Marmo - , carica di significati religiosi, sociali, biblici e politici. Con Benedetto XVI che si rivolge ai 53 piccoli ospiti (in gran parte giovani immigrati, in prevalenza rom) invitandoli «a non perdere mai la speranza» prendendo a modello la parabola evangelica del Figliol Prodigo e spiegando che «la vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, perché manca il senso di cosa significa essere uomo». E loro, i giovani carcerati di Casal del Marmo, che ascoltano, attenti, a tratti commossi, e lo accolgono con un confidenziale «caro Papa, grazie per essere venuto e per averci regalato un sorriso». E´ il saluto scritto di getto, sintetico, che uno dei ragazzi, di etnia kossovara, legge rivolgendosi al pontefice con un amichevole ed immediato «tu». «Caro Papa grazie perché sei qui con noi. Se siamo qui è perché abbiamo sbagliato e ci dispiace, ma siamo qui anche perché ci hanno fatto sbagliare. Almeno tu non ci abbandonare, torna a trovarci...», quasi implora con un italiano incerto il portavoce dei 53 giovani ospiti di Casal del Marmo. Che poi confessa: «Siamo rimasti di stucco quando ci hanno detto che saresti venuto a trovarci. Non immaginavamo che una persona come te sarebbe venuta qui. Ci siamo preparati per questo incontro e nell´attesa siamo stati felici. Non abbandonarci». Il Papa ascolta con premura, risponde con ripetuti cenni di testa, sorride, annuisce, ed assicura che «verrò a trovarvi, appena possibile, ma vi terrò sempre presenti nelle mie preghiere. Mi piacerebbe restare di più con voi. Ma ci sarà senz´altro un´altra occasione».
L´incontro tra il Papa e i ragazzi si svolge nella grande palestra del carcere. In precedenza, Benedetto XVI aveva celebrato la Messa nella chiesetta intitolata al Padre Misericordioso, insieme al cardinal vicario Camillo Ruini, al vescovo ausiliare Benedetto Tuzzia e al cappellano, don Gaetano Greco. In prima fila il ministro della Giustizia Clemente Mastella con la moglie Sandra Lonardo. Un po´ più defilato anche il loro figlio Pellegrino. Tra le autorità, i sottosegretari del ministero della Giustizia Luigi Scotti, Daniela Melchiorre, Luigi Li Gotti e Luigi Manconi, e Melita Cavallo, capo del Dipartimento della giustizia minorile.
L´omelia del pontefice è tutta incentrata sulla «potenza» del perdono divino ed è piena di speranza «per tutti, anche per chi sbaglia». Ratzinger parla a braccio. Come è suo solito, fa il teologo, ma con un linguaggio semplice, caldo e profondo, quasi da «vecchio» parroco, e riesce a toccare le corde più sensibili dei sentimenti dei ragazzi. Indossa sacri paramenti rosa, il colore della gioia, tipico della quarta domenica di quaresima. Ricorda, in apertura, la visita a Casal del Marmo del 1980 «del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II» e «l´instancabile opera pastorale fatta qui per oltre 30 anni dal compianto cardinale Agostino Casaroli, il quale tante volte mi ha parlato di voi». Ma parla anche di «regole, di sacrifici e di impegno». Ed avverte: «I comandamenti non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma indicatori per trovare una vita piena. La disciplina allarga la vita e la fatica dà profondità alla vita e contribuisce a creare un mondo migliore».
«Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non intaccano» l´amore che Dio prova per gli uomini, ricorda ancora Benedetto XVI, indicando «nel sacramento della confessione» la strada da cui «possiamo ripartire» dopo la caduta perché «il Padre ci accoglie, ci restituisce dignità di figli suoi e ci permette di riscoprire così il sacramento del perdono» dandoci la «gioia di un cuore rinato alla vita vera». «E´ solo donando la propria vita al prossimo che si riesce a costruire un mondo migliore. E Dio - sottolinea il Papa - ci lascia liberi di farlo da soli». Ma, «occorre fare attenzione perché - avverte il pontefice - la libertà è un trampolino di lancio utile per tuffarsi nel mare infinito della bontà divina, ma potrebbe diventare anche un piano inclinato per scivolare nel male». Tutto dipende dal «proprio cammino di liberazione interiore», proprio come il Figliol Prodigo che - ricorda Ratzinger - finito su un binario sbagliato, dopo un periodo di dissolutezza, ha avuto la forza di «ripartire» e «ricominciare» per tornare alla casa del Padre. L´incontro termina con lo scambio dei doni. I ragazzi regalano al Papa oggetti di artigianato fatti con le loro mani. Benedetto XVI, a sua volta, ricambia con cesti di dolci, cioccolatini e regali, ma con una promessa: «Tornerò!».

Repubblica, 19 marzo 2007


Se Martini tifa per i Dico e «scomunica» Ratzinger

di Alessandro Maggiolini

Nei giorni scorsi il Cardinal Carlo Maria Martini, in pellegrinaggio a Gerusalemme con mille e trecento fedeli di Milano, ha giudicato «inopportune» le parole del Papa sui conviventi che, senza il Sacramento del matrimonio, si considerano sposati. A essere sbrigativi, si potrebbe affermare che Benedetto XVI ha tolto di mezzo uno dei sette Sacramenti: il matrimonio appunto. Il Papa continua ad attestargli la sua stima citandolo nei discorsi e ricevendolo mediamente due volte l’anno. Non solo: Martini si rivolge ai credenti milanesi - gli altri possono considerarsi esonerati - «perché io parli chiaro sino alla fine». Una frase, questa, che può essere ridetta tale e quale da Papa Ratzinger con la propria autorità suprema sulla Chiesa. A nome di Gesù Cristo.

Non è qui toccato il problema della scomunica, come è, per esempio nel caso dell’aborto. Non si può, tuttavia, negare che la struttura sociale ed ecclesiale dei Dico intende attribuire diritti pubblici senza riconoscere i doveri corrispondenti. Il ricevere l’Eucarestia in dissonanza con la gerarchia ecclesiale in questioni gravi, se non determinanti, espone al chiaro pericolo di profanazione del corpo e del sangue di Cristo resi presenti sull’altare durante la messa. È ciò che in un passato nemmeno troppo lontano si chiamava sacrilegio ed era catalogato tra i peccati più gravi.

Un Cardinale - un altro più piccolo sembra valere meno - viene rivestito della porpora e della berretta rossa a significare la disponibilità all’obbedienza al Papa fino alla prontezza a dare la vita. Rosso sangue. A questo punto sembra passamaneria il discutere della diversità tra peccato grave e peccato lieve. Quando si tocca l’autorevolezza del Santo Padre, si lede il cuore della Chiesa di cui il Romano Pontefice è responsabile sommo in dipendenza dal Signore Gesù. La gente semplice, i fedeli che recitano le orazioni del mattino e della sera, partecipano alla messa di precetto, ricevono la Comunione almeno a Pasqua e lavorano otto ore al giorno senza compulsare libri di teologia alti così, sanno che quanto è superiore l’autorità ecclesiale a cui si disobbedisce, tanto più grave è la colpa che si commette. E d’istinto sanno che i cardinali sono da considerare uniti al Papa nel comando e nell’obbligo dell’obbedienza.

E allora, perché mai un cardinale tra i più alti della Chiesa si sente in diritto di passar sopra le indicazioni almeno disciplinari del Papa? I fedeli che dovrebbero seguire questo credente vestito di rosso possono impunemente staccarsi dalle indicazioni del loro vescovo, sia pure ex? Con quale coerenza si può leggere Paolo che invita all’unità della fede e dei sacramenti e non soltanto nella disciplina canonica? Che significato può avere il ripetere le frasi quasi ossessive di San Giovanni che esortano all’unità della Chiesa?

C’è qualcuno che non ricorda la stazione della Via Crucis nella quale il cardinal Ratzinger esortava a ripulire la Chiesa quasi fosse diventata una stalla lercia? Aveva torto?

Il Giornale, 19 marzo 2007

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Abbiamo ripreso il Discorso di Martini sulla famiglia. E vi abbiamo riflettuto

2 commenti:

Luisa ha detto...

Apparentemente, se il cardinal Martini brilla sempre con il suo silenzio, sempre più voci si alzano per esprimere chiaramente il dissenso con le parole del cardinale . Questa volta non ci sono più dubbi sul fatto che il porporato si trovi a suo agio nell`abito che i media gli hanno cucito su misura .
Penso che Martini abbia fatto l`intervento di troppo.....ma finirò per ringraziarlo....perchè grazie alla sua sordità ai diversi richiami alla prudenza, egli ha permesso ai tanti che subivano di dire STOP ! Non siamo stupidi, abbiamo ancora un cervello, e sopratutto un cuore che batte fedelmente per la Chiesa di Roma e il suo Pastore .
Cardinal Martini , quello che lei sta facendo è grave, per favore metta tutte le sue energie e il suo grande talento VERAMENTE al servizio della Chiesa e dunque del Papa , non dimentichi il suo dovere di obbedienza, accetti di essere uscito dal davanti della scena, sia coerente con la sua scelta di ririrarsi a Gerusalemme,e, come avrebbe detto la mia nonna, giri la sua lingua 7 volte nella sua bocca prima di parlare...se ad ascoltarlo sono persone che lei sa useranno le sue parole contro Benedetto XVI.
A meno che sia ciò che lei desidera !

Anonimo ha detto...

Cara Luisa, credo che il "gioco" di Martini sia ormai alla luce del sole. Questo e' un bene perche' non possiamo sempre nasconderci dietro un dito.
E' giusto che ci sia una pluralita' di voci nella Chiesa, ma e' altrettanto giusto denunciare ogni tentativo di delegittimare il Magistero di Benedetto XVI. Cio' che piu' mi fa male non sono le parole di Martini ma il suo ostinato silenzio dopo ogni, puntuale, strumentalizzazione delle sue parole da parte dei mass media.
Se e' vero il detto, "chi tace acconsente", credo sia giusto che i cattolici levino alta la loro voce.
Ciao
Raffaella