31 marzo 2007

Il Papa confessore...


QUEI GIOVANI IN SAN PIETRO PER CONFESSARSI

Dentro un destino nuovo E potendo ricominciare
Dalle facce, quando se ne vanno, sembrano contenti. Come certi di una speranza ritrovata, più grande di quelle loro oggi promesse

Marina Corradi

Che quindicimila ragazzi si ritrovino in san Pietro in un giorno di Quaresima per confessarsi col Papa e con duecento sacerdoti probabilmente non è una notizia per i giornali che in questi giorni assediano con falangi di cronisti la Procura di Potenza per raccontare sempre nuovi malinconici scandali di gente famosa - e raccontarci, in fondo, con cronache pignole e abbondanti, che l'Italia è solo quella lì. Che, come ha detto il Papa, «la basilica di San Pietro non sia grande abbastanza» per accogliere tutti quelli che sono venuti, è cosa che passerà forse inosservata nelle redazioni. Eppure la scelta di Benedetto XVI di confessare i ragazzi di Roma alla vigilia di Pasqua, e la risposta di migliaia di adolescenti a gremire San Pietro, è un segno forte, una parola controcorrente cui varrebbe la pena di far caso. Perché, da quando "peccato" è diventata parola impronunciabile, ridicolo retaggio di oscurantismo bigotto, anche la confessione è, almeno nel monopensiero culturalmente corretto, una vecchia penosa cosa senza senso. Sono decenni che si lavora a smantellare l'idea di peccato, trasformandolo in un soggettivo "senso di colpa" da cui è imperativo morale liberarsi in fretta. Sono decenni che ci hanno insegnato a imputare gli errori dei singoli alla società - cioè a tutti, o piuttosto a nessuno. Così che davanti ai delitti più intollerabili ci diciamo che l'assassino è certamente un pazzo - giacché ci siamo dimenticati di quanto l'uomo può essere cattivo. E, attorno all'epicentro di violente esplosioni di un male originario ormai ignorato, a Erba o a Cogne, la gente resta attonita: come è stato possibile, fra noi che siamo brava gente, lavoratori, persone a posto? Il peccato del nostro tempo, disse profeticamente Pio XII, è «avere perso il senso del peccato». Rimossa come un'anticaglia la coscienza di un male originario, che ci abbia tutti intaccati, e educati a pensare a un Dio che "se c'è, non c'entra", o che se ne deve stare in alto nelle sue celesti sfere, estr aneo ai giorni degli uomini, il peccato ha perso la sua essenza, cioè la lontananza da Dio: per ridursi al massimo a una inosservanza delle leggi degli uomini, in un culto della "legalità" per cui abortire un figlio, poiché è legalmente permesso, è percepito come cosa meno grave che evadere il fisco. Dentro una collettiva smemoratezza di quel male originario da cui nessuno è salvo, sempre nuovi "onesti" si alzano ad annunciare l'urgenza di ripulire la società dal male. Ma sorprendentemente tanta specchiata onestà, tanto ardore moralizzatore non riesce a contagiare dei suoi "valori" i figli. È una sterile, farisaica onestà quella che lampeggia fra i nostri scandali quotidiani. Perché non siamo capaci di salvarci da soli, e nemmeno, in fondo, di perdonarci da soli del male che facciamo e poi neghiamo, ma che molestamente, chissà perché, continua a tornarci in mente. Poi un giovedì di Quaresima il Papa invita i ragazzi di Roma a confessarsi, e quelli vengono a colmare San Pietro. Dalle facce, quando se ne vanno, sembrano contenti. Come certi di una speranza ritrovata, più grande di tutte quelle che si sentono promettere, e a cui in molti non credono più. Perché la speranza vera che manca a molti, è che si viva non per un caso, ma dentro un destino buono. E che si possa, ogni volta, ricominciare.

Avvenire, 30 marzo 2007


VERSO LA PASQUA
il fatto
Migliaia di giovani in San Pietro e nell’Aula Paolo VI per l’«incontro con la misericordia di Dio» che Benedetto XVI ha voluto come preparazione alla Giornata mondiale che si celebrerà nelle diocesi la Domenica delle Palme

In confessionale il Papa della Gmg

Sette tra ragazzi e ragazze si sono accostati al sacramento direttamente con Ratzinger
Per tutti gli altri duecento i sacerdoti


Da Roma Salvatore Mazza

Entra anche lui, la stola viola sulle spalle, nel confessionale. Per confessare. Per aiutare tutti quei giovani a sperimentare «la misericordia di Dio». A scoprire che, attraverso la riconciliazione, si acquista continuamente la capacità di esprimere quel «vero amore» di cui il mondo ha bisogno, perché «l'orizzonte dell'amore è davvero sconfinato: è il mondo intero!».
Attorno a Benedetto XVI, ieri sera, migliaia di giovani romani hanno riempito la basilica di San Pietro e l'Aula Paolo VI per la lunga, suggestiva liturgia penitenziale in vista della celebrazione, domenica prossima, della XXII Giornata Mondiale della Gioventù, che ha per tema Come io vi ho amato così amatevi anche voi gli uni gli altri. Un appuntamento, ha detto Papa Ratzinger rivolgendosi ai ragazzi e alle ragazze presenti nell'omelia che ha chiuso la liturgia della Parola, che «assume un profondo e alto significato: è infatti un incontro intorno alla croce, una celebrazione della misericordia di Dio» che nella confessione «ognuno di voi potrà sperimentare personalmente».
«Nel cuore di ogni uomo» infatti, ha spiegato il Pontefice, c'è «sete di amore», e «ancor più il cristiano non può vivere senza amore. Anzi - ha osservato - se non incontra l'amore vero non può dirsi nemmeno pienamente cristiano». L'amore di Dio per noi si è fatto «visibile nel mistero della Croce», ha aggiunto; un «amore crocifisso» che «culmina nella gioia della Risurrezione e Ascensione» e «nel dono dello Spirito Santo» per mezzo del quale, «anche questa sera, saranno rimessi i peccati e concessi il perdono e la pace».
Col Battesimo, ha detto ancora Benedetto XVI, «voi siete già nati a vita nuova in virtù della grazia di Dio», ma «poiché questa vita nuova non ha soppresso la debolezza della natura umana» vi è data «l'opportunità di accostarvi al sacramento della Confessione». E «ogni volta che lo fate con fede e devozione, l'amore e la misericordia di Dio muovono il vostro cuore» verso «il ministro di Crist o». A lui infatti «esprimete il dolore per i peccati commessi, con il fermo proposito di non peccare più» e «con la disponibilità ad accogliere con gioia gli atti di penitenza che egli vi indica per riparare il danno causato dal peccato. Sperimentate così il perdono dei peccati; la riconciliazione con la Chiesa; il ricupero, se perduto, dello stato di grazia». Cristo infatti «ci attira a sé per unirsi a ciascuno di noi, affinché, a nostra volta, impariamo ad amare i fratelli con lo stesso suo amore».
E mai come oggi, ha osservato ancora Papa Ratzinger, «c'è tanto bisogno di una rinnovata capacità di amare i fratelli». Per questo «uscendo da questa celebrazione - ha esortato - siate preparati a osare l'amore nelle vostre famiglie, nei rapporti con i vostri amici e anche con chi vi ha offeso. Siate preparati a incidere con una testimonianza autenticamente cristiana negli ambienti di studio e di lavoro, a impegnarvi nelle comunità parrocchiali», nelle associazioni e «in ogni ambito della società». Ancora, ha aggiunto concludendo rivolgendosi ai fidanzati, «vivete il fidanzamento nell'amore vero, che comporta sempre il reciproco rispetto, casto e responsabile». E se invece «il Signore chiama alcuni di voi» a «una vita di particolare consacrazione, siate pronti a rispondere con un sì generoso e senza compromessi».
Il rito della riconciliazione è poi iniziato con una richiesta comune di perdono, simboleggiata da sette giovani che hanno chiesto perdono ognuno per un vizio capitale: si sono così sentiti risuonare le richieste del sostegno divino per «non avere rapporti sessuali prima o fuori del matrimonio, a evitare deviazioni e stravaganze», contro i «peccati di lussuria, che ci fanno schiavi del sesso» e contro «il disordine morale che mette a rischio persone, famiglie e società»; e contro «la noia», «il vittimismo e la lagnanza», l'avarizia, la disonestà, la superbia, l'invidia spacciata per «sana competitività». Nello stesso tempo, come segno della domanda di miseri cordia, altri sette giovani hanno acceso altrettante lampade vicino al crocifisso della Cappella Visitina, portato per l'occasione al centro della basilica.
Al momento della confessione individuale, Benedetto XVI è entrato in uno dei confessionali di San Pietro, dove ha confessato sette tra ragazzi e ragazze. Il cardinale vicario Camillo Ruini, presente con tutti i vescovi ausiliari di Roma, ha invece confessato all'esterno, con i penitenti che gli si sedevano accanto. Duecento in tutto i confessori impegnati tra la Basilica e l'Aula Paolo VI, dove al termine Benedetto XVI s'è voluto recare per salutare i presenti: «Siete davvero tanti, la basilica di San Pietro non è capace di contenervi tutti», ha detto loro, lodandoli per il «sacrificio» fatto stando lontano dagli «amici» in basilica.

Avvenire, 30 marzo 2007


Il saluto di Costanza
«Grazie per le sue risposte alla nostra sete di amore»

Grazie per questo incontro con lei. Ma grazie soprattutto per l'incontro più importante: quello con l'amore di Dio nel sacramento della Confessione. Costanza d'Ardia, 26 anni, assistente sociale, ha salutato così ieri sera il Papa a nome di tutti i giovani presenti in San Pietro, facendo eco alle parole scritte da Benedetto XVI nel messaggio per questa Giornata mondiale della gioventù. «Noi giovani - ha detto Costanza - se non sappiamo sempre amare, è perché spesso non abbiamo ricevuto amore vero. È infatti amore per noi quello di chi ci impone di andar vestiti in un determinato modo, di divertirci senza rispettare la dignità del nostro io, di vivere la sessualità non come manifestazione dell'amore all'interno del matrimonio ma come semplice uso del nostro corpo? È amore per noi - ha continuato la giovane romana - quello di chi non rischia col proporci mete alte o ci lascia in condizioni precarie di lavoro o ci sfrutta o ci mette in competizione con gli altri per ottenere il massimo del profitto per sé stesso? È amore per noi quello di chi ci propone lo "sballo" e offre sostanze che tolgono il controllo di noi stessi? È amore per noi quello di un superaffetto che ci viene offerto per impedirci di uscire dal caldo nido familiare per compiere scelte di vita importanti e definitive?».
Ci sono tante sofferenze nascoste, anche questa sera, da ricordare. «Tra noi - prosegue Costanza -, quanti sono gli assetati di amore perché in famiglia il rapporto tra i genitori si è incrinato e ha provocato depressione e dolore nel cuore dei figli. E tra noi, anche chi ha una vita più serena, spesso è in ricerca di qualcosa di più che sappia appagare il suo desiderio infinito di bene, di giusto, di vero. Il suo desiderio di amore». È il motivo più profondo per cui questi giovani, poco dopo, si accosteranno al Confessionale: «Come Pietro vogliamo pronunciare l'unica risposta necessaria per la vita: "Tu solo hai parole di vita eterna"».

Avvenire, 30 marzo 2007


«Noi penitenti, qui abbracciamo la gioia»

Per tutti gli altri duecento i sacerdoti
Da Roma Giovanni Ruggiero

Fanno appena in tempo a entrare in San Pietro perché poi una pioggerella sottile costringe gli ultimi ad aprire gli ombrelli. Giovani, giovanissimi e anche meno giovani di tutta la diocesi di Roma (con molte felici intrusioni) aspettano che s'aprano i varchi per partecipare alla liturgia penitenziale con Benedetto XVI. I più seguono il loro parroco o un seminarista poco più grande di loro, altri invece sono accompagnati da un insegnate della scuola.
Sono giovani anche i religiosi. Un gruppetto di carmelitani scalzi fa spicco tra i ragazzi per la tonaca. Sono tutti stranieri, seminaristi del Teresianum. Fanno attenzione che il cronista non sbagli i nomi: Andrzej e Pawlet che sono polacchi, Victor che è bulgaro, e Cleber brasiliano. Andrzej si nomina, sul campo, portavoce: «Siamo qui per l'autorità del Papa che è importante. Le sue parole rappresentano un forte fondamento. Se si costruisce su queste basi non si può sbagliare».
Giovani anche le suore, come le Piccole Sorelle dei Poveri. Suor Chiara è italiana, ma le consorelle che l'accompagnano sono indiane: «Con incontri come questi, i giovani si sentono parte integrante della Chiesa».
Le prime "intruse" extradiocesane sono ragazzine delle medie di una scuola di Revere, la cittadina del Mantovano posta sulle rive del Po. Sono a Roma in gita scolastica: l'occasione non se la vogliono perdere. Di Giornate della gioventù hanno solo sentito parlare in parrocchia. Troppo piccole per andarci. Questo incontro accende la loro curiosità.
Le ragazze della scuola alberghiera Safi di Roma, invece, conoscono questi incontri. Una di loro, Marta, ha all'attivo Colonia e parla della "gioventù di oggi" manco avesse sessant'anni: «Questa gioventù - dice infatti - non è più capace di cogliere certi valori. Tutto contribuisce a distrarre». Insieme elencano le cause della "distrazione". Jennifer: «I mass media»; Claudia: «La volgarità imperante»; Imma: «Troppo apparire e poco essere. Sono tutti modelli sbagliati».
Giocano in casa i ragazzi che seguono Claudio Canesa, un seminarista dei Figli di Maria Immacolata. Vengono da Fiumicino con due pullman. Fabrizio avrà 18 anni tra qualche giorno. Parla a nome di tutti: «Un incontro come la Giornata della gioventù vuol dire mettersi a confronto, ma è anche un gesto offerto al mondo per mostrare la nostra comunione. Dice che i giovani non sono persi, e che la speranza è qua».
Sulle teste di tutti spiccano i cappelli blu a larga tesa di Colonia 2006. Maria e Daniele appartengono alla parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe di Roma. Lei: «Un appuntamento come questo rappresenta l'incontro tra i giovani e la Chiesa, e serve per capire come alla luce del Vangelo possiamo interpretare gli anni che viviamo». Lui è di poche parole, anche perché, dice, «ha detto già tutto lei. Aggiungo solo che questa è un'occasione di crescita».
Altri "intrusi" vengono da Cassino. «Diocesi o non diocesi - taglia corto don Nello Crescenzi - la Giornata mondiale della gioventù è una tradizione per Cassino». Infatti, si è portato appresso mezza parrocchia e mezzo liceo "Carducci". Maria Rita, quest'anno ha la maturità, parla per tutti: «Veniamo sempre per dimostrare la gioia della fede in cui crediamo».
Un gruppo di scout sta in retroguardia, sono quelli che si prenderanno un po' di pioggia (ma dovrebbero esserci abituati). Vengono tutti da Casal Dei Pazzi: è il gruppo Roma 84. Parla Carlo, il capo clan: «Io la vedo come una preparazione penitenziale importante in vista della Pasqua». La capo fuoco, Elisabetta, che ha anche le "mostrine" di Colonia aggiunge: «Testimonianze come queste servono per dimostrare che nessuno è solo». Pensa a Colonia: «Quello che ricordo è la fede che ho visto negli occhi della gente».

Avvenire, 30 marzo 2007


Esortazioni del Papa ai giovani durante la messa penitenziale
Fidanzati siate casti confessatevi spesso

VATICANO Fidanzati siate casti e ragazzi e ragazze confessatevi spesso. Sono alcune delle esortazioni del Papa ai giovani, durante la messa penitenziale di preparazione alla Pasqua, organizzata dalla diocesi di Roma, con la partecipazione di moltissimi studenti: non sono entrati tutti nella basilica di San Pietro e una parte di loro ha seguito la cerimonia nell'aula Paolo VI in Vaticano, dove comunque Benedetto XVI è passato per un breve saluto: «siete davvero tanti – ha detto loro – la basilica di San Pietro non è capace di contenervi tutti» e li ha lodati per il «sacrificio» fatto stando lontano dagli amici in basilica.
In San Pietro, dove c'erano alcune migliaia di persone, il Papa ha anche confessato personalmente alcune ragazze e ragazzi.
«Giovani fidanzati, vivete il fidanzamento dell'amore vero, che comporta sempre il reciproco rispetto, casto e responsabile» ha detto Benedetto XVI nella omelia rivolta ai ragazzi, raccomandando anche di confessarsi spesso, per «sperimentare la misericordia di Dio» godere della «pace e serenità della coscienza e della consolazione dello spirito». Ha anche riproposto la riflessione della Chiesa sulla umanità che «sedotta dalle menzogne del Maligno, si è chiusa all'amore di Dio, nell'illusione di una impossibile autosufficienza», mentre «nel sacrificio della croce Dio continua a riproporre il suo amore». E ai ragazzi ha riassunto l'idea cristiana del peccato, della redenzione, della lotta contro il male. Ha anche ricordato il «bisogno di una rinnovata capacità di amare» nel mondo e invitato a una «testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della societa». In sintonia con la preoccupazione del Papa per la castità dei fidanzati cristiani sono suonate anche alcune preghiere recitate dai ragazzi, tra le quali una che chiedeva il sostegno divino per «non avere rapporti sessuali prima o fuori del matrimonio, a evitare deviazioni e stravaganze» e una contro i «peccati di lussuria, che ci fanno schiavi del sesso» e contro «il disordine morale che mette a rischio persone, famiglie e società».

Gazzetta del sud, 30 marzo 2007

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