22 marzo 2007

I media e il Papa che fa paura


Il fideismo di «Repubblica», la laicità del Papa

di Gianteo Bordero


Un tempo era vanto dei «laici» quello di un rigoroso uso del metodo razionale nell'affronto delle più importanti questioni culturali, sociali, politiche e religiose. Un tempo si professava «laico» colui che riconosceva il primato della ragione sull'ideologia. Un tempo la «laicità» non era soltanto avversione alla Chiesa sempre e comunque, ma innanzitutto ricerca autonoma di un fondamento del reale e della vita.

Un tempo... Perché oggi, almeno a leggere la gazzetta ufficiale dei sedicenti «laici» italiani, La Repubblica, sembra che l'uso del metodo razionale abbia lasciato posto alla polemica ideologica livorosa e qualunquista, alla ripetizione pappagallesca di slogan aprioristici contro i cosiddetti «nemici della laicità», al fideismo più bieco. Sembra che i lumi della ragione - o la ragione dei lumi, volendo essere precisi - abbiano smesso di ardere proprio in coloro che da sempre di tali lumi si sono fatti paladini, apologeti, propugnatori. Contro l'«oscurantismo clericale», il «dogmatismo cattolico», la «creduloneria beghina».

Il perché è presto detto. Si sentono assediati sul loro stesso terreno di caccia. Temono di non essere più identificati, tanto dall'opinione pubblica quanto dalle élites intellettuali, come i latori del Verbo laico, della modernità, del progresso. Avvertono che c'è il pericolo che gli sia portato via il copyright della razionalità e del retto pensare. Da chi? Anche qui, basta leggere La Repubblica per capire di chi si tratta: della Chiesa. O meglio, di un Papa che sembra aver fatto del tema della ragione il suo cavallo di battaglia, che invita tutti ad «aprirsi all'ampiezza del logos, a non rifiutarne la grandezza», che preferisce agli scontati fervorini la fatica del pensare che scava in profondità, in imis, per rintracciare i fondamenti ragionevoli della fede. E riscuote successo, nonostante non goda di buona stampa e non sia «mediatico» come il suo predecessore.

Così i «laici» di Repubblica, non sapendo a cosa appigliarsi, parlano con sempre più foga e sempre meno argomentazioni razionali di un «conflitto tra Stato e Chiesa» (così, ieri, Stefano Rodotà) che è, in realtà, soltanto un conflitto che riguarda il loro pregiudiziale senso di superiorità intellettuale rispetto a chi, invece, segue le parole e la proposta del Papa. Tanta veemenza è comprensibile soltanto se si tiene a mente il senso di frustrazione e di sconfitta che vivono oggi coloro che per decenni si sono proposti come rappresentanti unici della «laicità», della «modernità» e della «ragione», e ora si vedono insidiati su questo terreno da un vecchio pontefice che, nei loro schemi datati e, in fondo, nei loro auspici, dovrebbe essere «clericale», «anti-moderno» e «fideista».

Del resto, che il papato ratzingeriano avrebbe preso questa piega lo si poteva già intuire leggendo i suoi scritti, perfino quelli di fine anni '60, dove l'allora professore di teologia formulava un'analisi lucidissima sullo stato della razionalità nel nostro tempo, oggi più attuale che mai se confrontata con le parole di un Rodotà e di uno Scalfari. Nella sua Introduzione al Cristianesimo (1968), Ratzinger parlava della parabola del concetto di verità dall'antichità al secolo XX, passando per il medioevo e la modernità. Scriveva che dal concetto classico di «verum est ens» (la verità è l'essere), si è passati con Vico e con lo storicismo al concetto di «verum quia factum» (la verità è la fattualità), fino ad arrivare a Marx e allo scientismo tecnologico, per cui «verum quia faciendum» (la verità è la fattibilità). Tale percorso ha portato, progressivamente, ad un assottigliamento del campo di pertinenza della verità, e quindi della sfera d'azione della ragione: dalla ragione che indaga l'essere nella sua totalità alla ragione che indaga soltanto le cause (e non più i princìpi), fino a una ragione la cui unica incidenza riguarda esclusivamente ciò che l'uomo, privato di ogni respiro metafisico, può fare con le sue mani nell'opera di cambiamento del mondo. Il marxismo nella sfera politica e il «tecnologismo» nel campo delle scienze sono l'esito ultimo di questa riduzione del concetto di verità. E se è vero che il marxismo, rispetto agli anni in cui scriveva queste cose il teologo Ratzinger, ha conosciuto la sua sconfitta storica col fallimento dei regimi che ad esso si ispiravano, è anche vero che l'ideologia tecnologica rimane oggi sulla scena come l'ultimo epigono del paradigma veritativo del «verum quia faciendum».

Ed è proprio su questo terreno che si gioca la battaglia tra chi, come Papa Ratzinger, ripropone un concetto di ragione aperto alla totalità dell'essere (e quindi anche ai fondamenti della natura umana), e chi, come i soloni de La Repubblica, vorrebbe la ragione asservita sempre e soltanto al dominio della tecnica (e quindi indifferente, in ultima analisi, al problema della verità dell'uomo e sull'uomo) e alle sue possibilità di manipolazione. E' chiaro che, di fronte alla grande domanda di significato che anche le nuove scoperte scientifiche fanno risuonare nel cuore e nella mente degli uomini del nostro tempo, l'idea di ragione proposta da Benedetto XVI sembra molto più adeguata alla sfida della ricerca di un senso e di un fondamento al vivere individuale e sociale rispetto all'aridità dell'ideologia pan-tecnologica di un Rodotà. Per questo, come ha rilevato di recente il sociologo Giuseppe De Rita, la proposta del Papa trova molta più eco di quella dei «laici» de La Repubblica. Ed è per questo suo far appello al logos degli uomini che essa è percepita come più «moderna», più «ragionevole», più «laica».

Quoto e riquoto!!!


Boom di vendite per la Sacramentum caritatis, mentre cresce l’attesa per la pubblicazione di Gesù di Nazareth. Ce ne parla il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Claudio Rossini

Successo di vendite, ad una settimana dalla presentazione ufficiale, per l’esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis. La Libreria Editrice Vaticana rende noto che sono oltre 220.000 le copie vendute nel giro di pochi giorni. Su questo nuovo boom editoriale di un documento di Benedetto XVI, dopo la Deus caritas est, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Claudio Rossini:

R. – Da parte della stampa e dei mezzi di informazione si è vista un’eccessiva riduzione di tutto l’insieme degli argomenti presentati qui in 160 pagine su alcune tematiche specifiche legate all’attualità sociale, politica, dell’Italia. Per cui l’informazione è stata schiacciata troppo. Pensavamo noi, lavorando nella casa editrice, che questo diventasse un handicap per le vendite. In realtà, probabilmente, questo gioco creato dai mezzi di informazione di schiacciare l’informazione, da un lato ha invogliato molti a dire vediamo un po’ se è davvero così. E stiamo assistendo a questo interessante boom di vendite, che ci sta obbligando a far “cigolare i torchi”, come dicevano una volta.


D. – Si può dire che in un periodo nel quale spesso si assiste alla distorsione da parte dei media delle parole del Papa, c’è però anche molta voglia da parte dei fedeli di andare alle fonti…

R. – Questo credo che noi lo stiamo toccando con mano ogni giorno, almeno qui da questa postazione un po’ particolare che è la Libreria Editrice Vaticana, dove si percepisce questo estremo interesse, questa grande domanda di leggere che cosa il Papa ha scritto, che cosa il Papa dice, al di là delle varie riduzioni, aggiustamenti su particolari tematiche sociali, politiche, economiche o altro. Ci arrivano richieste dalle case editrici di tutto il mondo, di rendere disponibili in tante lingue i testi del magistero di Benedetto XVI fin dall’inizio, fin dai suoi primi passi, dai suoi primi discorsi. Tutti questi segnali dicono che al di là delle eventuali distorsioni, al di là dei silenzi che ci possono essere, c’è un passaparola, c’è una corrente sotterranea che fa sì che la parola del Papa sia richiesta, sia ricercata, sia approfondita.


D. – Tra poche settimane, dopo Pasqua, verrà pubblicato il libro “Gesù di Nazareth”. Si prevede già un boom editoriale per questa opera di Benedetto XVI?

R. – Di questo possiamo essere più che sicuri, perché l’Editrice Rizzoli, che sta curando la preparazione del testo italiano, ha già coperto abbondantemente tutte le lingue principali e ha ricevuto richieste dalla Serbia, dalla Grecia, dalla Corea, dal Giappone, dalla Russia. A fine febbraio eravamo già a quota 20-22 contratti già siglati per rendere disponibile questa parola, questa riflessione, questo ritratto che il teologo diventato Papa ci vuole presentare sulla figura di Cristo, dopo 50 anni e più di ricerche, di studi, di letture, di meditazioni personali. Quindi, ci stiamo preparando tutti a leggere, ad accogliere questo testo, come una chiave di volta per capire come oggi ci si collochi davanti alla figura di Gesù.

Radio Vaticana

Come mai stamattina nessun quotidiano riporta la notizia del boom di vendite dell'Esortazione Apostolica? Codone di paglia?
I giornali non si rendono conto che piu' attaccano il Papa e piu' i fedeli abbandonano tv e carta stampata per "abbeverarsi alla fonte"?



Mons. Sgreccia ai media italiani: più correttezza nell'informazione. La libertà di parola e di coscienza vale per tutti, anche per i cattolici

Correttezza dell’informazione, libertà di parola e di coscienza per tutti, anche per i cattolici: è quanto chiede la Pontificia Accademia per la Vita che ieri ha definito “palesemente parziali e fuorvianti” le interpretazioni, date da alcuni organi d'informazione italiani, dei contenuti della Dichiarazione finale della sua XIII Assemblea Generale. Il riferimento è in particolare all’invito all’obiezione di coscienza per quei cattolici impegnati sul fronte della difesa della vita. Sul diritto all’obiezione di coscienza Luca Collodi ha intervistato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia:

R. - Questo è un diritto di ogni cattolico, è un dovere di ogni cattolico ed è un contributo alla crescita della società. Ora, difendere la vita umana è un diritto-dovere, è un beneficio, un bene per la società e il laico cattolico, se condivide questo appello, come è ovvio che sia per un cattolico di retta coscienza, saprà poi assumere le proprie responsabilità e saprà anche quali sono le modalità in ogni nazione, per far valere la propria libertà di coscienza. Non c’è nessuna istigazione, non c’è nessuna forzatura, non c’è nessuna dettatura di ordini di carattere giuridico. Portiamo le nostre ragioni, abbiamo espresso le motivazioni e le argomentazioni come si fa in un’assise di studio, a meno che non sia proibito pensare e difendere i propri pensieri.


D. – In Italia, nei giorni scorsi, ci sono stati dei commenti molto duri a questo vostro intervento, addirittura è stato presentato come un attentato alla sovranità dello Stato, o addirittura un’istigazione a commettere reato. Qual è la sua riflessione?

R. – La mia riflessione è che è tutto il contrario: è una presa di coscienza a favore della libertà di coscienza. Anche i cattolici hanno diritto di esprimere quello che sentono, vivono e soffrono nella loro coscienza e ad esprimerlo a beneficio di tutte le nazioni dove si trovano a vivere, anche laddove queste prese di coscienza sono in contrasto o con la prassi o con le abitudini, o con la cultura del posto.


D. – Mons. Sgreccia, perché secondo lei alcuni organi d'informazione italiani hanno dato quelle che voi definite interpretazioni fuorvianti?

R. – Penso che ci sia una cattiva informazione, un’ottica un po’ falsata di vedere che tutto quello che fa la Chiesa, lo fa contro qualcuno, contro qualche movimento politico o contro qualche corrente politica. In realtà qui è stato detto ben chiaro che quell'invito era in favore della vita di tutti perché salvare la vita è un atto di pace nel mondo e che la coscienza dei credenti sia la prima a gridare e a levare la sua voce con tutto il rispetto degli altri, per difendere la vita degli innocenti. Credo che in questo dovremmo meritare un elogio per essere sostenitori della libertà di coscienza.


D. – Ci sono secondo lei gruppi culturali, gruppi economici che ostacolano la difesa della vita?

R. – Indubbiamente ci sono degli interessi economici o delle visioni culturali che esasperano semplicemente la libertà di agire, la libertà di comportamento, senza rendersi conto che ogni libertà umana ha una sua responsabilità e ha il suo limite nel rispetto della vita altrui. Ci sono quindi delle correnti culturali che hanno delle visioni non pienamente umane di quello che è il diritto alla vita.

Radio Vaticana

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