23 marzo 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 23 marzo 2007


Vedi anche Il Papa qui per la laurea ad Alessio II? e il post "Attivita' del Papa del 23 marzo 2007"

Vendute già oltre 220 mila copie dell'esortazione postsinodale

Il nuovo libro di Ratzinger, «Gesù di Nazareth», uscirà subito dopo Pasqua. Ad annunciarlo, ieri, è stato il direttore della Libreria editrice vaticana (Lev), don Claudio Rossini, secondo il quale sono stati già siglati oltre venti contratti per edizioni anche in russo, greco, coreano, giapponese e serbo, oltre che in inglese e nelle altre lingue di maggiore diffusione internazionale. In Italia il libro, sarà curato dalla casa editrice Rizzoli. Intanto la Lev ha fatto sapere che a poco più di una settimana dalla presentazione ufficiale, l'esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI «Sacramentum caritatis» ha già venduto più di 220 mila copie.

Avvenire, 23 marzo 2007


UE: BAGNASCO, RADICI CRISTIANE NON CONTRASTANO CON LAICITA'

(ASCA) - Roma, 23 mar - Riconoscere le radici cristiane quali
parte integrante del patrimonio europeo non contraddice in
alcun modo la laicita' delle istituzioni e contrasta la
tentazione dell'intolleranza che vorrebbe relegare la
dimensione religiosa a fatto puramente privato.
E' la linea portante del breve intervento di mons.Angelo
Bagnasco, arcivescovo di Genova e neo presidente della Cei al
Congresso europeo della Comece in occasione dei 50 anni dei
Trattati di Roma.
Il processo di unificazione avviato - ha detto Bagnasco -
''sollecita oggi una nuova assunzione di responsabilita' e un
rinnovato impegno comune'' a superare in Europa
''l'originaria vocazione economica per aprirsi a una piu'
ampia dimensione anche politica e istituzionale. In questa
prospettiva, se assumono sicuramente rilievo i problemi
relativi al governo istituzionale dell'allargamento e alla
conservazione dello stato sociale, appare egualmente
necessaria la ricerca di valori condivisi, sul piano di una
unita' culturale e spirituale alimentata dal dialogo e del
rispetto delle identita'''


(ASCA) - Roma, 23 mar - Perche' il processo di integrazione
avviato sia veramente fecondo occorre , sostiene Bagnasco,
che l'Europa ''riconosca le proprie radici cristiane, dando
spazio ai principi etici che costituiscono parte integrante e
fondamentale del suo patrimonio spirituale, dal quale la
modernita' europea stessa attinge i propri valori.
Consapevolezza delle proprie radici cristiane non significa
in alcun modo negare le esigenze di una giusta e sana
laicita' - da non confondere con il laicismo ideologico -
delle istituzioni europee, ma significa affermare prima di
tutto un fatto storico che nessuno puo' seriamente
contestare, perche' il cristianesimo appartiene in modo
radicale e determinante ai fondamenti dell'identita'
europea''.
Nel processo di sviluppo dell'Unione europea, inoltre,
''appare necessario da un lato applicare con sempre maggiore
coerenza il principio di sussidiarieta' e dall'altro
riconoscere il contributo peculiare delle Chiese e comunita'
religiose allo sviluppo della casa comune europea.
In particolare le Chiese, nel condividere l'impegno comune
per valori essenziali quali la giustizia, la pace, la
liberta', la solidarieta', la tutela dell'ambiente,
riaffermano che questi valori non possono realizzarsi in modo
autentico prescindendo dalla dimensione trascendente della
persona e dal rispetto di norme che sono iscritte nella
natura umana''.
Interesse principale e fine esclusivo di ogni intervento
della Chiesa cattolica, nonche' suo spazio naturale di
dialogo e di contributo, - ha detto Bagnasco citando il Papa
- ''e' la promozione e la tutela della dignita' della persona
e della sua centralita' etica, la quale si esplicita in
principi che non sono negoziabili perche' espressione e
contenuto stesso di tale dignita'''.
Da questa concezione e da tali principi derivano in special
modo quattro punti: ''la tutela della vita umana in tutte le
sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, resistendo a
forme di aggressione e di minaccia talvolta mascherate sotto
l'apparenza di un malinteso progresso scientifico e sociale:
si pensi alla clonazione umana, alla manipolazione genetica,
all'aborto, all'eutanasia; il riconoscimento e la promozione
della famiglia, come relazione fondamentale e naturale tra un
uomo e una donna che si apre ai figli, e la sua difesa dai
frequenti tentativi di relativizzarla, rendendola
giuridicamente uguale o equivalente ad altre forme di unione;
la tutela del diritto dei genitori ad educare i propri figli;
il fondamentale diritto alla liberta' religiosa, nella sua
dimensione non solo individuale ma anche propriamente
istituzionale.
Si tratta - ha concluso Bagnasco - di principi comuni a tutta
l'umanita'''.
Res/cdc

Dico: Mons. Bagnasco, "Politici cattolici ascoltino Papa"

CITTA' DEL VATICANO - I politici cattolici diano retta al Papa sui Dico. L'esortazione e' arrivata dal presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco. La coscienza dei politici cattolici, ha sottolineato l'alto prelato, ''deve essere sempre retta e informata per poter essere illuminante; e la coscienza e' retta e informata quando prende in seria considerazione il Vangelo e il magistero della Chiesa''. (Agr)


ACCANTO A CHI SOFFRE

Il Papa: «L’amore di Cristo per risanare anima e corpo»

Ieri nel discorso rivolto al Pontificio Consiglio per la salute, il richiamo all'impegno perché sia garantita la cura ad ogni persona in ogni istante della sua esistenza

«Gli operatori sanitari cristiani conoscono il legame strettissimo e indissolubile tra il loro servizio professionale e la virtù della carità cui Gesù li chiama»

(M.Mu.)

La dignità della persona umana, per quanto menomata, non può mai essere lasciata senza tutela. E i medici devono essere «difensori d’ufficio» della vita dell’uomo. Lo ha ricordato ieri il Papa ricevendo in udienza i membri della plenaria del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, guidati dal cardinale presidente del dicastero vaticano, Javier Lozano Barragán. Nel suo discorso , Benedetto XVI sottolinea che nella cura dei malati, portiamo la testimonianza dell’amore di Dio. E perciò incoraggia quanti operano nell’ambito della medicina a prendere esempio dal Buon Samaritano. «La salute dell’uomo, di tutto l’uomo, è stato il segno che Cristo ha prescelto per manifestare la prossimità di Dio, il suo amore misericordioso che risana lo spirito, l’anima e il corpo. Questo – ha aggiunto il Pontefice rivolgendosi direttamente ai membri della plenaria – sia sempre il riferimento fondamentale di ogni vostra iniziativa: la sequela di Cristo, che i Vangeli ci presentano quale "medico" divino». Da questa prospettiva biblica, ha proseguito Papa Ratzinger, riceve forza «il principio etico naturale del dovere della cura del malato in base alla quale ogni esistenza umana va difesa». Benedetto XVI ha sottolineato così che «soccorrere l’essere umano è un dovere sia in risposta a un diritto fondamentale della persona», sia perché dalla cura degli individui traiamo un beneficio per tutta la collettività. La scienza medica, è stata la sua riflessione, «progredisce in quanto accetta di rimettere sempre in discussione la diagnosi e il metodo di cura». D’altro canto, la fiducia nei confronti del personale sanitario è proporzionata alla «certezza che tali difensori di ufficio della vita non disprezzeranno mai un’esistenza umana, per quanto menomata, e sapranno sempre incoraggiare tentativi di cura». «L’impegno della cura – ha sottolineato dunque il Pontefice – va quindi esteso ad ogni essere umano, nell’intento d i coprire l’intera sua esistenza». Rivolgendosi infine agli operatori sanitari cristiani il Papa ha messo in rilievo il «legame strettissimo e indissolubile tra la qualità del loro servizio professionale e la carità alla quale Cristo li chiama».

Avvenire, 23 marzo 2007


Difendere la vita nel trafficato mercato della salute
Perché i medici sono infelici? Provino a leggere il Papa di ieri

Carlo Bellieni

Cos'è stato insegnato dalla cultura moderna? Che il medico è solo il "fornitore di un servizio" a una "utenza", e che ogni sua scelta è subordinata alle novità della scienza, cui non può opporsi. La cultura postmoderna ha aggiunto a questo che neppure l'evidenza scientifica è il parametro ultimo per le decisioni etiche quanto piuttosto i capricci imposti dalla "dittatura del desiderio", cui ci si dovrebbe assoggettare. È evidente per tutti che da queste posizioni non nasce un mondo nuovo ma si torna a quello vecchio di migliaia d'anni, nel quale i genitori erano i proprietari dei figli, ed esistevano vite di serie A accanto ad altre collocate un gradino più giù. È evidente che questo non genera soddisfazione nei medici, tanto che il British Medical Journal recentemente titolava: «Perché i medici sono infelici?», spiegando che il motivo sta nel divario tra ciò che desideravano diventare quando erano studenti e ciò che invece il "mercato della salute" chiede loro. È in questo quadro che va letto il discorso tenuto ieri dal Papa al pontificio Consiglio per la pastorale della salute, che colpisce per una modernità degli argomenti tale da renderlo di estrema utilità per noi medici e operatori. Benedetto XVI infatti ha ben chiaro lo scenario, ma va oltre. In primo luogo si fa paladino della ricerca e difende la scienza da chi pensa che ci si debba arrendere di fronte alla malattia: basti pensare ai progressi nella rianimazione dei neonati, o nella cura del dolore. «La scienza medica - dice - progredisce in quanto accetta di rimettere sempre in discussione la diagnosi e il metodo di cura nel presupposto che i precedenti dati acquisiti e i presunti limiti possano esser superati». Ma poi Benedetto penetra al fondo per curare questa crisi della modernità e mette in guardia dalle forme regressive che somministrano ritrovati senza sapere dove portino: è quel che accade con i rischi della fecondazione artificiale, le conseguenze psichiatriche del ricorso a cannabis e affini, o l'«esasperata ricerca a tutti i costi del figlio perfetto». Non solo: il Papa apre anche una porta sulla solitudine di chi cura, sulla sua necessità di consolazione, cioè di compagnia e di certezza, che non si limiti all'ascolto di una coscienza fatta a propria immagine. Lo fa chiamando gli operatori «difensori d'ufficio della vita che non disprezzeranno mai un'esistenza umana per quanto menomata» e che troveranno «un'indissolubile legame tra il loro servizio e la virtù della carità». Quanto è consolante ascoltare tutto questo in un'epoca che propone come ideale la fuga dalla responsabilità e il rifugiarsi nei mansionari. Quanto aiuta, anche, in un momento in cui si confonde l'errore con la malasanità, e si parla sempre più di "zone grigie" della vita umana che diventano in realtà "zone franche" rispetto al diritto alla cura e all'amore. I medici e gli infermieri vogliono curare, ma per questo vogliono sentirsi dire che si ha «stima e fiducia» nei loro confronti e del lavoro che svolgono, un lavoro che non è solo di "riparatori di corpi" ma di coautori della «promozione umana, dalla cura del malato alla cura preventiva, con la ricerca del maggior sviluppo umano». La cura, spiega infatti il Papa, non finisce dove non si può guarire, non fallisce se arriva la morte, non è limitata ai farmaci, ma si spinge sino a favorire «un adeguato ambiente familiare e sociale». Ed è proprio ciò che molti medici sentono di dover fare. Nel mondo che dimentica la ragione, sacrificata all'arbitrio, il Papa non si stanca - da uomo ultramoderno qual è - di ricordare a chi cura come l'amore sia la base di una moderna medicina. Che non si ferma alle macchine, ma punta sull'uomo.

Avvenire, 23 marzo 2007


Il papa sunnita cancella la visita in Vaticano

GIACOMO GALEAZZI

Salta l’attesa udienza papale con l’Imam dell’università di Al Azhar, massima autorità dell’Islam sunnita. Non è definitivamente ricucito lo strappo di Ratisbona: non c’è stato ieri, né ci sarà in tempi brevi, l’incontro tra il Pontefice e lo sheikh Mohammed Sayyed Tantawi, che avrebbe dovuto sostenere gli sforzi di riavvicinamento tra cattolici e musulmani. E ricomincia ad aleggiare in Vaticano lo spettro del disappunto islamico per la citazione papale di una frase anti-Maometto dell’imperatore bizantino Manuele Paleologo.
Ieri l’ufficio relazioni esterne di Al Azhar, il «Vaticano sunnita», ha inviato un fax all’ambasciata della Santa Sede al Cairo per comunicare all’ultimo momento la decisione di Tantawi. Nel documento non si accenna alle motivazioni del rinvio, ma fonti vicine allo sceicco riferiscono di forti pressioni interne all’entourage sunnita affinché la visita non avesse luogo. Il «faccia a faccia» non è stato annullato, bensì posticipato a maggio «per impegni dell’Imam al Cairo», precisano in Curia.
Intanto cresce nel mondo islamico (Ulema e Fratelli musulmani) il fronte contrario all’udienza. «Le osservazioni offensive fatte da Benedetto XVI contro l’Islam alcuni mesi fa - avverte Ahmad Mahmoud, professore di Sharia all’università Al-Azhar - rendono questa visita non positiva». Secondo Mahmoud, il Papa non avrebbe fatto una chiara ammenda per i suoi «oltraggiosi insulti» della conferenza tenuta a Ratisbona. Che l’udienza di Tantawi in Vaticano non fosse ben vista in ambiente sunnita si era capito già dal travagliato iter del progetto: l’Imam era stato personalmente invitato, a nome del Papa, dal cardinale Paul Poupard durante la sua missione al Cairo del 20 febbraio. Tantawi aveva accettato «con soddisfazione», salvo poi, due giorni dopo, essere costretto a dire che non sarebbe andato in Vaticano perché mancava un invito ufficiale. Il due marzo, però, il nunzio pontificio al Cairo, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, poteva annunciare che l’Imam aveva accettato l’invito e sarebbe giunto in Vaticano il 22 marzo.
Ieri, invece, l’udienza a Tantawi non risultava nella «tabella» degli impegni pontifici, e dal Vaticano si è avuta conferma dello slittamento dell’incontro. «Rinviato, non annullato», ribadisce il portavoce papale Federico Lombardi.
La visita di Tantawi è considerata molto importante dalla Santa Sede per il ruolo di riferimento che l’imam egiziano ricopre nel mondo sunnita, sempre sulla linea della ricomposizione dei contrasti nati dopo la conferenza di Ratisbona. Il rinvio in extremis della visita al Palazzo Apostolico indica che per una parte dell’Islam la crisi non è ancora superata, nonostante i molti gesti di amicizia compiuti dal Papa, inclusi il viaggio in Turchia con la preghiera in moschea e l’udienza agli ambasciatori di 22 paesi musulmani a Castel Gandolfo.
A toni e argomenti pre-Turchia si richiamano, infatti, i settori più rigidi dell’Islam e intellettuali influenti, come Mahmoud, per criticare la possibile udienza tra il Papa e l’Imam. A loro avviso «questo tipo di incontri tra Al-Azhar e il Vaticano si sono dimostrati inutili». A Joseph Ratzinger rimproverano pure di aver abolito il dicastero per dialogo interreligioso, una settimana dopo essere stato eletto. Benedetto XVI, in realtà, ha accorpato in un unico ministero il Consiglio per la cultura e quello per il Dialogo interreligioso perché vuole dare un taglio più culturale al dialogo tra le fedi.
A riequilibrare la situazione arriva, in giornata, la presa di posizione favorevole al Papa del Centro di ricerche islamiche, collegato ad Al-Azhar, secondo cui, dopo Ratisbona, Benedetto XVI si è sufficientemente scusato con il mondo islamico. Il Pontefice pellegrino in Turchia e scalzo in preghiera davanti al mirhab della moschea Blu aveva conquistato molti consensi nel mondo musulmano. Lo disse anche Tantawi, ma evidentemente non la pensano tutti come lui. «Sono molto dispiaciuto e credo che noi, come comunità islamica, abbiamo l’assoluto bisogno di questo tipo di incontri per chiarire i punti di eventuale dissenso», commenta Abdellah Redouane, direttore del Centro Culturale Islamico d’Italia (Grande Moschea di Roma).

La Stampa, 23 marzo 2007

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